Oriana Fallaci scrisse : “Vi sono momenti nella vita in cui tacere diventa una colpa, e parlare diventa un obbligo. Un dovere morale, un imperativo categorico al quale non ci si può sottrarre.”
A volte penso che questo sia uno di quei momenti.
E lo penso col timore di aver buttato trent’anni della mia vita inseguendo un sogno con coerenza e passione. Tanta coerenza e passione da averne subito le conseguenze, restando fedele ad un’idea. Si badi bene ad una idea e non ad un ideologia.
Ho sposato da sempre il pensiero liberale dei grandi federalisti di questo paese soprattutto nella propria accezione più pura, quella che punta al diritto di autodeterminazione dei popoli.
Ci ho creduto e mi sono impegnato per tutta una vita o quasi. Ed oggi, anche se lontano dai Palcoscenico della politica istituzionale, sento il dovere,da cittadino, di rispettare il monito della grande giornalista e scrittrice fiorentina e di non stare zitto.
Certo non è facile.
E’ bastata una mia intervista, non cercata peraltro, ad un quotidiano nazionale per subire sberleffi, angherie e velate minacce da parte di alcuni soggetti che con me avevano combattuto la stessa battaglia negli anni, evidentemente fingendo.
Attaccato per aver detto cose semplici e banali per chi ha una storia simile alla mia: che c’è bisogno di un grande partito del Nord anche oggi, come lo è stata per oltre trent’anni la Lega Nord che ho conosciuto.
La gente comune è parsa distante in passato da temi quali l’autonomia delle regioni del Nord e perché no, l’indipendentismo mai morto delle stesse. Ma nella realtà era un distacco dovuto al fatto che spesso avevano una certezza. Sapevano che anche se non l’avessero votata c’era una forza politica che si batteva per rappresentarli. Che ambiva a farlo in modo laico, liberale e postideologico. Che non faceva distinzioni di razza o religione, né tanto meno avrebbe mai discriminato per orientamento sessuale chicchessia.
Era una forza che non stava ne a destra né a sinistra, ma sopra.
Era una forza che anticipava i tempi e nel proprio modo schietto e a volte grezzo di proporsi all’opinione pubblica aveva un grande contenuto di modernità. Quella modernità che oggi sarebbe attuale più che mai, ma che al contrario fatica a trovare una rappresentanza politica adeguata.
Non credo servano altri partiti perché in realtà la Lega Nord per l’indipendenza della Padania esiste ancora. Ciò che a mio modesto avviso manca è il riconoscimento al proprio interno di una sensibilità che in passato è stata maggioritaria e che oggi non può più esserlo per scelte strategiche. Scelte che hanno indubbiamente pagato dal punto di vista elettorale nel breve, ma che nel medio e lungo periodo potrebbero perdere contatto con quella parte di elettori che credono serva ancora parlare di Nord e affrontare proprio adesso in modo maturo e consapevole la irrisolta questione settentrionale.
Dobbiamo risposte a tutti coloro (e sono tanti) che non vogliono morire di asfissia fra le grinfie di uno stato inefficiente e a tratti illiberale.
Prima che questi cerchino soluzioni diverse che non rendono giustizia alla nostra storia (che per altro continuo a giudicare gloriosa). Senza nostalgie e senza passi indietro.
Guardando avanti per una nuova gestione della cosa pubblica e mi auguro della struttura istituzionale di questo paese.
Per questo spero che la Lega attuale possa portarci in fretta ad ottenere l’autonomia delle regioni virtuose, invertendo una tendenza accentratrice che in questi anni ha prodotto danni ai cittadini e alle imprese del Nord.
Senza giochetti e in modo lineare ci si batta da subito per ottenere più risorse per chi le produce e per evitare di andare a fondo tutti insieme da Nord a sud.
I dirigenti della Lega si battano per darci quell’autonomia che per molti come me è ancora troppo poco, ma che rappresenterebbe comunque una buona base di cambiamento.
Dopo trent’anni lo dobbiamo ai tanti che ci hanno sempre dato fiducia. Adesso è il momento di parlare. Facciamolo a voce alta!