FEDERALISMO & INDIPENDENZA | Approfondimento Politico

Ma l’autonomia non è una vittoria (soprattutto per la Lega)

Dopo 23 anni che è in costituzione finalmente l’Italia ha una legge che regola l’autonomia differenziata: non si parte subito, dato che per le materie più succose bisogna attendere la definizione dei LEP, ma è un inizio.

Per la Lega è una grande vittoria, mentre un gruppo eterogeneo di socialisti si trincera dietro al tricolore denunciando come la Patria stia venendo toccata nel suo intimo, calpesta e derisa, divisa, e marcia su Roma lamentando il tutto (sì, siamo ancora nel 2024 e non nel 1922).

Ma probabilmente a dirla giusta è la premier Meloni:

Un passo avanti per costruire un’Italia più forte e più giusta, superare le differenze che esistono oggi tra i diversi territori della nazione e garantire gli stessi livelli qualitativi e quantitativi delle prestazioni sull’intero territorio

Per la Meloni, e potremmo dire per la costituzione italiana, l’autonomia è questo: dare più potere a chi lo usa bene al fine di ridurre le differenze tra regioni, dando allo stato il ruolo di garante finale, in sostanza concentrandolo dove serve e non ovunque.

Ma una cosa possiamo dire della Meloni: non è una conservatrice costituzionale, anzi, sta facendo una riforma decisamente ambiziosa, quella del premierato. Una riforma contestabile, che io non apprezzo particolarmente, per qualcuno è anche una riforma autoritaria e fascista, ma sappiamo che per qualcuno tutto è fascismo, meno quel che pensano loro (e che spesso è tratto direttamente dai manuali della Repubblica Sociale).

Ma l’autonomia non è una riforma costituzionale, è l’applicazione di ciò che già c’è in costituzione. Ciò mostra come, per l’esecutivo, il premierato sia una cosa più importante dell’autonomia. Valutando che anche oggi la Lega si vende come federalista, il non aver inserito il tema nelle riforme costituzionali, accontentandosi di un’autonomia pseudospagnola molto confusa e che in teoria è anche revocabile (ne parleremo meglio in un futuro articolo) non sa certamente di vittoria.

Vero è che, considerando l’opinione di vari giuristi, l’autonomia non è sottoponibile a referendum abrogativo, mentre passarne uno costituzionale, specie insieme al controverso premierato, è molto difficile: ma non pare che l’intenzione del governo sia approvare l’autonomia “metti che non passa il referendum” e poi proporre una riforma costituzionale che la contenga.

Tra l’altro, generalmente le riforme autonomiste piacciono agli elettori (ai tempi della riforma del 2016 la riduzione dei poteri alle regioni era uno dei temi più sentiti secondo i sondaggi), se ciò da un lato renderebbe relativamente facile passare una riforma del titolo V che rende più chiare ed efficienti le autonomie (per quanto sarebbe polarizzante, in un paese dove chi si oppone all’autonomia non lo fa con le parole ma con le bandiere), dall’altro renderebbe molto appetibile fare un mega-referendum per tentare di migliorare le sorti del premierato inserendoci dentro anche il titolo V.

Ma il punto è che se magari questa autonomia differenziata sarà benefica per regioni come la Lombardia, l’Italia potrebbe diventare, con il governo Meloni, un paese premierale. Ma non certamente federale.

Politicamente, con l’autonomia differenziata si chiude il ciclo politico molto vago del “più potere al territorio”, e viene da chiedersi anche cosa farà Salvini ora, con uno dei pochissimi temi che lo differenziano da Fratelli d’Italia abbracciato da essi e andato (in informatica lo chiamiamo Embrace, extend, and extinguish) e una Lega che alle europee ha puntato tantissimo su Vannacci e ha beneficiato di accordi benefici specialmente nel Meridione.

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Informatico di giorno, spietato liberista che brama la secessione del Nord di notte. Con la libera circolazione, dato che amo la pizza.

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