Il congresso del PATT visto da lontano
Di certo l’autonomia va conquistata e conservata attentamente.
In un paese del genere parlare di autonomia e’ diventato sempre più difficile. Immaginarne nuove forme ha quasi dell’inverosimile e chi invece ce l’ha è costretto a lottare per difenderla.
A prima vista sembrerebbe un paradosso, ma per la prima volta dal dopoguerra il più grande partito già padano formalmente autonomista va al governo del Trentino, proprio mentre il più grande movimento autonomista locale passa all’opposizione.
E a suggellare questa apparente contraddizione ci ha pensato nei giorni scorsi il PATT che ha celebrato il proprio congresso da forza di opposizione nella regione più autonoma d’Italia.
Tanto da spingere l’ex presidente della Provincia Autonoma Ugo Rossi a chiedere all’assemblea di “Andare oltre”.
Ma oltre cosa?
In un congresso dall’atmosfera surreale hanno solennemente annunciato di voler provare a ripartire.
Difficile immaginare come per un partito territoriale che in questi decenni ha scelto di stare ostinatamente al centro, spostandosi sempre poco e imponendo spesso equilibri e maggioranze a partiti politici di italica osservanza , fortemente condizionate dal tema della difesa dell’autonomia.
Basti pensare che addirittura in un paio di circostanze la presenza del PATT è arrivata ad occupare gli spazi di potere più ambiti in terra trentina.
Prima con la presidenza di Carlo Andreotti in epoca post tangentopoli e poi proprio con Ugo Rossi più recentemente. E adesso cosa dovrebbe succedere per andare realmente “oltre”.?
Oltre lo stallo e l’imbarazzo di non essere al governo proprio nel momento in cui, a prescindere dalla coalizione che lo ha aiutato ad essere eletto, a presiedere la Provincia Autonoma e’ arrivato un galantuomo, sinceramente autonomista, del calibro di Maurizio Fugatti.
Roba da crisi di identità.
E nello psicodramma collettivo di chi si trova a combattere da autonomista contro una amministrazione retta da un autonomista, affiorano spettri che toglierebbero il sonno a chi in politica non tollera l’idea di non avere una prospettiva.
Si, perché se da un lato qualcuno semplicisticamente potrebbe ribadire stancamente il concerto che la Lega a livello nazionale non è più convintamente schierata a favore delle autonomie, dalle parti di piazza Dante questo ragionamento non vale.
Lì la classe dirigente locale resta saldamente ancorata allo spirito delle origini e quindi al di sopra di ogni sospetto.
Quando Rossi parla d’altro non esclude quasi nulla. Anzi esclude solo una ipotesi: trovare intese con la Lega di Fugatti.
Forse risentito per averci provato prima del voto senza particolare successo.
In ogni caso a prevalere anche stavolta saranno le questioni personali e non politiche.
Peccato, anche se credo che così non potrà durare.
Lontano dal potere gli autonomisti trentini rischiano di trovare conforto in chi li ha sostituiti nelle stesse posizioni.
E questo e’ un lusso che nessuno potrà permettersi.
Sarebbe auspicabile un periodo di riposo per tutti i contendenti. E subito dopo un aperto confronto programmatico.
Perché l’alternativa è davvero quella di perdere incisività nella lotta per il mantenimento dell’autonomia, sempre a rischio nei confronti di un famelico stato centralista.
Nel nome dell’interesse delle popolazioni trentine e tirolesi e’ necessario un ripensamento e un cambio di strategia da parte di chi non può correre il rischio che qualcuno approfitti delle divisioni di quello che dovrebbe essere un fronte compatto nella difesa di conquiste decennali e mai a rischio come in questa fase.
Anche questa volta voglio essere originale.
Mentre in tanti si appassionano al risultato delle elezioni in Basilicata, io riesco ancora ad appassionarmi al dibattito sulla sorte politica del Partito Autonomista Trentino e Tirolese.
Si respira comunque aria buona da quelle parti.