Stiamo sopportando da tempo un bombardamento mediatico col quale ci viene spiegata l’importanza di una nuova politica internazionale che vede la Cina al centro della strategia italiana e non solo.
Confesso di guardare con un certo fastidio a quanto accaduto in queste settimane nelle quali si è brindato allo sciagurato accordo pomposamente denominato “Via della Seta”, col quale addirittura pare ai siano spalancate le porte del grande mercato orientale nientepopodimeno che alla “vendita delle arance rosse di Sicilia per via aerea”.
Ottenendo di fatto almeno un paio di risultati: ridicolizzare per l’ennesima volta la politica estera di questo sgangherato paese e, cosa per nulla trascurabile, fare quantomeno arricciare il naso agli storici alleati a stelle e a strisce. Ma con quale recondito obiettivo reale , verrebbe da chiedersi?
Di certo un risultato ridicolo rispetto a quanto ottenuto dagli odiati cugini francesi senza forme di contemporanea prostrazione. Perché, purtroppo per noi, quasi in contemporanea la solida alleanza europea Franco tedesca ha incassato a poche ore di distanza un accordo per commesse miliardarie e accordi commerciali senza far nemmeno finta di sottostare all’umiliazione del cosiddetto dossier sulla “Nuova via della Seta”. E di certo non avevano mai avvertito la necessità che qualche governante improvvisato si scomodasse azzardando paragoni ridicoli con Marco Polo, quasi fosse l’ultimo ad aver intrattenuto rapporti con il governo comunista cinese. Così mentre a queste latitudini si festeggiava un Accordo farsesco da 2,5 miliardi di euro (decine di volte meno dell’attuale disavanzo commerciale col colosso cinese ), a Parigi se ne siglava uno da oltre 30, ribadendo il principio per il quale (se fosse ancora necessario ripeterlo) il paese di Pulcinella conta sullo scenario internazionale quanto la Nocerina in UEFA.
E mente Francia e Germania diventano partner di Pechino senza diventarne subalterni da noi si festeggia per le arance. Certo il valore simbolico probabilmente non è lo stesso, ma ai pragmatici europei bastano e avanzano i numeri. Che danno loro ragione da vendere. Così mentre noi venderemo arance ad un paese fra i principali produttori mondiali di agrumi, i francesi venderanno coi tedeschi aerei ad uno stato che non possiede un’industria ne aerea, ne aerospaziale, degna di questo nome. Così come installeranno in quel territori impianti eolici colossali, impianti nucleari e forniranno navi container. Così, tanto per rimarcare le differenze fra chi fa politica e chi fa cabaret. Il tutto mentre ad aggravare la situazione in Italia si consumava una delle pagine più tristi delle relazioni internazionali degli ultimi decenni.
E’ capitato infatti che a Roma Durante la visita di stato del presidente Xi, la giornalista del Foglio Giulia Pompili, delegata del quotidiano alle politiche orientali, abbia riportato di essere stata minacciata più volte da Yang Han, un funzionario che da circa sei mesi è il portavoce ambasciatore cinese in Italia. La stessa ha raccontato che l’ineffabile Yang le abbia ripetuto due volte di “smettere di parlare male della Cina”, ma non solo. Le avrebbe poi rivolto altre frasi dal chiaro tono minaccioso come “so benissimo chi sei”. E nonostante la stessa abbia tentato timidamente di replicare che in occidente i “giornalisti raccontano quello che succede”, il prepotente funzionario abbia continuato ad avere un atteggiamento decisamente ostile nei suoi confronti. Con la spocchia di chi ritiene che in uno pseudo stato come il nostro alla fine le regole che valgono siano le loro. Un attimo di silenzio.! In sostanza un funzionario straniero (ospite di un paese con governo sovranista), in un corridoio che porta alla Sala degli Specchi del Palazzo del Quirinale.si permette il lusso di mettere in discussione, senza colpo ferire, uno dei capisaldi della democrazia occidentale: la libertà di stampa! Senza che nessuno al governo abbia nulla da eccepire. Anzi peggio.
Contestualmente ad un florilegio di festanti prese di posizione a colpi di comunicati e post sui social network che celebrano il più grande successo commerciale del millennio: dopo i freezer agli eschimesi, venderemo anche le arance rosse su cinesi! Un capolavoro!
Siamo veramente certi ne valga la pena? Possiamo rinunciare davvero alle grandi conquiste sociali occidentali in nome della nuova politica economica dell’agrume?
La libertà di stampa in Cina non è una delle priorità del governo ed è considerata un serio problema da Reporters sans frontières, organizzazione no-profit che promuove e difende la libertà di informazione e la libertà di stampa: nel 2018 è aumentato nel mondo il numero di giornalisti detenuti, sono 348 (nel 2017 erano 326). Oltre la metà dei reporter in prigione si trova in cinque Paesi: Iran, Arabia Saudita, Egitto, Turchia e Cina.
Il rapporto dell’anno precedente della medesima organizzazione rilevava che la Cina “resta la più grande prigione di giornalisti al mondo e perfeziona anche il suo arsenale di misure per reprimere giornalisti e blogger”. Bingo!
A questo punto il quadro è chiaro. Cominciamo a consumare gli agrumi nel vecchio continente. Teniamoceli noi e teniamoci anche le nostre buone abitudini. Giornalisti compresi. Amici e non. Purché prevalga l’istinto di non fare passi indietro.
Certi valori come la libertà non hanno prezzo. E di certo non si comprano in youan.