Quando Carlo Goldoni nel 1745 scrisse “Il servitore di due padroni” più conosciuto come “Arlecchino servitore di due padroni” il mondo era più piccolo. Ma risulta evidente a tutti il fatto che il mondo in realtà sia cambiato poco. O meglio, molte delle questioni affrontate in quella celebre commedia sono di straordinaria attualità.
Non a caso per decenni (a partire dal lontano 1947), in tutte le stagioni del teatro Grassi a Milano, la celebre commedia veneta di Carlo Goldoni, ha riproposto il copione reinventato da Giorgio Strehler, mantenendolo attuale. O meglio direi contemporaneo.
Tanto contemporaneo da far sì che la storia dello scaltro servitore che escogita ogni possibile stratagemma per accontentare due padroni, e quindi mangiare due volte, disegna inquietanti analogie con una storia molto recente. Arlecchino è uomo intelligente, furbo e dotato di grande dialettica. Con equilibrismi di grande abilità riesce per lungo tempo a tenere il piede in due scarpe e a convincere entrambi i presunti padroni di servirli in modo esclusivo e leale.
A questa storia ho pensato qualche settimana fa leggendo le dichiarazioni di Vladimir Putin rilasciate a Lionel Barber del Financial Times in un’intervista decisamente inquietante.
Lo Zar infatti discettando sui destini del mondo e parlando della inaccettabile vicenda del cosiddetto “traditore” Skripal, oggetto di una spy story da guerra fredda, si è lasciato andare a considerazioni a dir poco preoccupanti, fino ad ipotizzare la fine delle società liberali occidentali, arrivando a definirle “obsolete” e “incapaci di rispondere alle esigenze del nostro tempo”.
Peraltro solo pochi giorni dopo ho avuto un sussulto. Matteo Salvini abbraccia clamorosamente l’ambasciatore Usa Eisenberg e mettendosi in fila per l’hamburger offerto ai commensali, si abbandona a rassicuranti dichiarazioni filo atlantiste, durante la cerimonia per le celebrazione della festa di indipendenza americana a Roma. E dopo peraltro la trionfale visita dello stesso vice premier negli Stati Uniti di qualche giorno prima alla quale avevano fatto seguito decine di comunicati di vicinanza alla politica americana trumpiana.
Le cronache riportano l’evento con la giusta enfasi lo stesso giorno in cui il Corriere pubblica una nuova intervista a Vladimir Putin che dichiara: “Salvini mostra calore verso di noi, contatti costanti con la sua Lega”. Bene verrebbe da dire: abbiamo finalmente trovato un nuovo politico che coniuga le esigenze di equilibrio fra le due super potenze mondiali storicamente in conflitto tra loro. Uno che mette d’accordo tutti ci mancava. Poi però sono bastate poche ore per rievocare in me il tarlo della commedia goldoniana: lo scoppio a sorpresa del presunto scandalo del petrolio russo e della Lega di Salvini.
Una vicenda sgangherata e apparentemente poco credibile, fatta di improvvisati faccendieri e maldestri collaboratori. Un copione interessante per la parodia di un film di spionaggio, che somiglia molto di più ad “una pallottola spuntata” che a “Gorky park”. Niente di preoccupante verrebbe da dire in un contesto normale, ma è abbastanza per solleticare le fantasie più inconfessabili dei tanti dietrologi nazionali. Tanto da spingere un noto sito di gossip a trovare una chiave di lettura alquanto ardita (mai smentito da alcuno), scrivendo di un ipotetico “disappunto russo per il voltafaccia di Salvini”.
Le rassicurazioni di Giorgetti e Salvini alla Casa Bianca – dove la Lega di governo ha esplicitato la garanzia di permanenza sotto l’ombrello americano – hanno avuto l’ovvia conseguenza di indispettire Putin” ha scritto il sito di cui sopra riportando le dichiarazioni di un alto funzionario di Putin che avrebbe spiegato ai giornalisti russi come funziona la politica estera italica. E poi ancora: “Non esiste un capo dei servizi segreti che venga nominato senza l’ok della CIA, così come non esiste un ambasciatore italiano in Israele che venga scelto senza il placet della comunità ebraica italiana”, “Le traduzioni dei comunicati stampa sugli incontri a Washington con Pence e Pompeo avrebbero lasciato l’amaro in bocca a Mosca. Secondo i russi “ora che sono arrivati al governo i leghisti hanno capito che all’amico americano, anche se ora è meno interessato alle faccende europee e convinto che l’Italia conti ancora meno, non si può dire di no”.
Ed ecco pochi giorni dopo, come di incanto, apparire dal nulla una intercettazione che inguaia uomini vicini a Salvini.
Fatto apparentemente non casuale in un contesto del genere, che ha aperto un dibattito incredibile sulla attribuzione della paternità del gesto. Sono stati gli americani stanchi delle ingerenze russe nei confronti di uno storico alleato, o sono stati i russi per ritorsione nei confronti di chi ha dimostrato vicinanza politica giocando su due tavoli con l’odiato nemico ?
Io non ho una risposta. Di certo questa vicenda ci insegna che nella vita è sempre meglio fare scelte di campo nette e inequivocabili. I due modelli non sono tra loro sovrapponibili e non possono essere messi sullo stesso piano. Altrettanto certo è che, come nella tradizionale commedia veneta, si fa fatica ad essere subordinati a due soggetti in conflitto tra loro. Prima o poi le Contraddizioni esplodono e le conseguenze rischiano di essere drammatiche. Se non fosse una commedia, ovviamente. Anche perché le commedie hanno tutte un lieto fine. E anche Arlecchino lo dice confidando nella clemenza di entrambi:
“Ho fatto una gran fadiga, ho fatto anca dei mancamenti, ma spero che, per rason della stravaganza, tutti si siori me perdonerà” .
Già speriamo siano tutti clementi e perdonino!”