FEDERALISMO & INDIPENDENZA | Approfondimento Politico

Dazi e Sovranisti. Cronache di fallimenti annunciati

Quando sei sovranista e ti rendi conto che c’è sempre qualcuno più sovranista di te….

Così potrebbe iniziare la sconsolata analisi della situazione che viviamo in questi giorni. La vicenda dei dazi applicati  ai prodotti agroalimentari  europei (in particolare padani) fa arrabbiare principalmente per un motivo: era tutto previsto e prevedibile.
Eppure qualcuno festeggiò per la vittoria di Trump e per i suoi proclami sovranisti senza capire cosa sarebbe potuto succedere.
Ma non era difficile  intuirlo.


Nel 2016 durante la campagna elettorale e dopo l’incoronazione alle primarie del partito repubblicano, il magnate americano aveva chiarito fin da subito quale sarebbe stata la propria politica estera e quale quella economica conseguente. Sostenendo (spinto dalla maggior parte del proprio partito) il motto «America first» ebbe a dichiarare con fare sornione, parlando di come si sarebbe comportato nel caso in cui un alleato della Nato fosse stato attaccato e nonostante l’esistenza di una clausola di mutua cooperazione del trattato ,che prevede che gli altri Paesi dell’Alleanza atlantica corrano in suo soccorso: «Prima guarderei al loro contributo all’Alleanza».  E a proposito delle minacce della Russia nei confronti dei Paesi baltici,  alleati degli Stati Uniti e membri della Nato,  Trump aggiunse : «Se la Russia dovesse attaccarli verrei in loro aiuto solo dopo aver verificato che quei Paesi abbiano rispettato gli obblighi, tutti, con gli Stati Uniti: se lo hanno fatto, li aiuterei».
Chiaro no!  Eppure pare non lo avessero capito in tanti.


Quei tanti poi dimostrarono di non capire nemmeno le conseguenze della ricetta proposta in materia di rapporti commerciali visto che oggi fanno i meravigliati. Eppure l’allora candidato repubblicano dichiarò di voler anche rivedere i patti che legano gli Usa ai propri storici Paesi alleati, Europa compresa.  Anche in questo caso disse con chiarezza che bisognava «ridefinire che cosa significa essere nostri partner», «I vecchi trattati vanno rivisti» e ancora: «I nostri tradizionali alleati rimarranno tali, ma solo se cesseranno di trarre vantaggio del grande ruolo, che non è più sostenibile, che hanno svolto gli Stati Uniti nel mondo».  Cosa avrebbe dovuto aggiungere per farci capire quale aria tirasse? 
Sui trattati di libero scambio poi si preparava il terreno per avere carta bianca : «Sono pronto a stracciare l’accordo di libero scambio con Canada e Messico se non riuscissimo a negoziare termini migliori». 


Cosa avessero da festeggiare i trumpisti nostrani resta un mistero.

Di certo sarebbe stato chiarissimo che appena ne avessero avuto il pretesto giusto gli USA a guida Trump avrebbero utilizzato tutti gli strumenti di cui disponevano per proteggere (da buoni sovranisti) la propria economia anche ricorrendo a conseguenze estreme quali appunto la realizzazione di barriere a protezione del loro mercato. Scelta che sul versante economico interno si è dimostrata positiva per gli americani nel breve periodo, un po’ meno per noi e forse anche per loro nel tempo medio lungo. 


Di certo quasi commuove vedere le reazioni di questi giorni del mondo economico padano rispetto all’entrata in vigore dei prevedibilissimi dazi sui prodotti del Made in Italy alimentare.
Certo qualcuno potrebbe obiettare che le misure erano già previste nell’ambito di iniziative assunte dall’amministrazione Obama. Oppure che le ritorsioni commerciali sono state adottate  a fronte della nota vicenda airbus che ha creato solo vantaggi e francesi e tedeschi e solo svantaggi a noi. Tutto vero. Però è altrettanto vero che il silenzio imbarazzato e le dichiarazioni di circostanza dei sovranisti nostrani dimostrano di fatto il fallimento di questa strampalata teoria politica tornata in voga in questi ultimi anni. Abbiamo letto dichiarazioni agghiaccianti sul tema dicevamo. La scelta di applicare i Dazi sui beni europei fino a 7,5 miliardi di dollari (circa 6,8 miliardi di euro) generata dalla sentenza dell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto) è stata una mazzata. Prevista, direi, ma pur sempre una mazzata.
Nel mondo dorato (per modo di dire) fatto di sudore e di impegno del  Grana Padano e del Parmigiano Reggiano ad esempio, serpeggia il terrore per il crollo delle esportazioni. Ossia la fetta di mercato che tiene in piedi il sistema. Basti pensare che nel 2018 sono stati esportati negli USA formaggi e uova per oltre 11 milioni di euro (11.402.525 euro, secondo i dati forniti da istat. Per un piccolo lembo di mondo come questo si può dire non poco. 
Paolo Carra presiede il Consorzio Latterie Virgilio,  che realizza circa la metà dei suoi 233 milioni di ricavi proprio dall’export, ha dichiarato:
«Siamo in attesa e siamo molto preoccupati. Gli Stati Uniti per il Consorzio Virgilio sono il primo mercato extra-Ue e comunque, in senso assoluto, rappresentano per il lattiero caseario mantovano uno dei principali Paesi di destinazione di Grana Padano e Parmigiano Reggiano. Rendere il mercato statunitense inaccessibile significa penalizzare le imprese che esportano e, a cascata, colpire tutto il sistema produttivo»

Chi lo conosce sa bene quanto sia misurato il buon Carra di norma. Dichiarazioni del genere trasudano preoccupazione vera. Ma perfino un mercatista liberal come Carlo Zanetti stavolta pare non abbia voglia di scherzare. Il suo gruppo è leader in Italia nell’export di Grana Padano e Parmigiano Reggiano. Soprattutto negli Stati Uniti  :«Siamo in apprensione e speriamo che si ravvedano. Lavoriamo negli Stati Uniti dal 1930 e ci spiacerebbe vedere compromesso il lavoro di una vita».


Strano vedere sulle stesse posizioni agricoltori e industriali su questioni che attengono alla dinamica dei mercati. Se pensate ad esempio che sui dazi sull’olio tunisino le posizioni dei soggetti summenzionati fino a poche settimane fa erano antitetiche, avrete il quarto chiaro di una situazione che sta davvero spaventando tutti. 

Ma la cosa che temono di più gli addetti ai lavori sta nello stato onfusionale che ha assalito la politica nostrana.
Nella maggioranza governativa i sovranisti a 5 Sstelle annaspano e il Pd (sarà un caso) sul tema si divide.

L’opposizione sovranista in evidente imbarazzo preferisce parlare di crocifissi e di ripieno dei tortellini.


E intanto al sovranismo mondiale cominciamo a pagare un conto salato. Dicono che non tutti i mali vengano per nuocere e speriamo che da questa lezione nasca una consapevolezza vera del ruolo della politica e dei danni che un uso distorto della stessa possa causare ai mercati.

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Imprenditore, classe 1968. Per 25 anni impegnato a vari livelli in politica sempre nelle fila della Lega Nord. Dal 1993 al 2002 è sindaco di Pomponesco (Mantova), nel 1996 entra a far parte del Direttivo regionale dell’Anci Lombardia. Nel biennio 1996-1997 Fava è presidente del Consorzio per la depurazione idrica casalasco-viadanese. Per molti anni e’ stato membro elettivo di Upl (Unione provincie lombarde). Dal 2002 al 2007 consigliere comunale a Pomponesco e dal 2009 al 2014 consigliere comunale a Sabbioneta. Dal 2015 al 2018 è stato consigliere comunale a Viadana (città dove attualmente vive). Dal 1997 al 2012 è stato consigliere della Provincia di Mantova e deputato al Parlamento in tre Legislature. Nella XV Legislatura è stato membro della Commissione Attività produttive; nella XVI è stato membro delle Commissioni Difesa, Attività produttive, Politiche dell’Unione europea, Affari sociali e della Commissione Bicamerale d’Inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, nonchè Presidente della Commissione Parlamentare d'inchiesta sulla Contraffazione. Nella XVII eletto di nuovo alla camera dei deputati ha rassegnato le dimissioni nel maggio 2013 per entrare a far parte della giunta regionale della Lombardia con Presidente Roberto Maroni come assessore all'agricoltura. Appassionato di politica, economia e di sport nel novembre 2018 ha scelto di abbandonare le cariche elettive e la politica attiva in campo istituzionale per dedicarsi alla propria attività imprenditoriale a tempo pieno.

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