FEDERALISMO & INDIPENDENZA | Approfondimento Politico

L’Europa per l’Italia ai tempi del Covid-19

Alziamo le mani, pur ricercando in modo disperatissimo, non troviamo più giustificazioni da addurre per difendere l’Unione Europea e gli Stati che la compongono.
È doloroso questo amaro convincimento per noi che facciamo parte della “generazione Europa” del 1992 post abbattimento del muro di Berlino, quella alla quale è stato inculcato il presunto spirito europeo quale eredità del Rinascimento europeo se non dell’antichità greco-romana e per la quale il motto “Tutti per uno, uno per tutti” dei Moschettieri di Dumas avrebbe cementato un senso comune con obiettivi di solidarietà e di tutela economico-finanziaria.
Siamo quelli dell’Europa delle Nazioni più che degli Stati di derivazione ottocentesca. Un’Europa dalla libera circolazione che avrebbe tutelato ogni particolarità delle Regioni e delle Nazioni edulcorando le varie retoriche nazionaliste di Stati che hanno portato al nichilismo ed a guerre mondiali. Quella del “Progetto Erasmus” per permettere agli studenti di conoscere e comprendere le varie culture, per cementare un’idea ed una cultura paneuropea.
Siamo passati da un’Europa dei 6 all’Unione di 27 Stati con il recente abbandono del Regno Unito, senza contare l’istituzione dell’Area Schengen, l’istituzione della moneta unica (ma adottata solo da 19 Stati) nonché al prolificarsi di trattati con i quali ogni Stato ha concesso sempre maggiore sovranità all’Unione.
Successivamente abbiamo registrato la nascita dell’euroscetticismo e lo sciacallaggio di presunti statisti, più o meno giustificato, ed abbiamo storto il naso trovando pseudo giustificazioni per l’allargamento dell’Unione a Stati che mal si conciliano con lo spirito Europeo rinascimentale, per il cinismo dell’Eurogruppo dei 19 Stati nei confronti della Grecia, per il colpo di Stato in Italia nell’abbattimento del Governo Berlusconi, per le fluttuazioni spesso non comprese dello spread, per le misure che l’Europa ha voluto o voleva prendere nei confronti dell’Italia o le rappresaglie che hanno minacciato nei confronti del Regno Unito che ha scelto legittimamente l’abbandono di quel pantagruelico organismo avido.
Per anni ci è stato detto che era l’Europa unita la nostra panacea, il nostro sol dell’avvenire, che i veri leader europeisti avrebbero portato l’Europa verso un futuro radioso. Abbiamo tentato di difendere i presunti ultimi colpi di coda della grandeur francese per il quasi monopolio della Lactalis nel settore lattiero caseario italiano con tutte le conseguenze economiche e sociali, la decapitazione del governo Gheddafi in Libia che ha portato alla destabilizzazione politica e  sociale in tutto il Mediterraneo ma ancor più alla fine di un rapporto privilegiato per Italia e della sua azienda più importante, l’Eni, nel “Grande Maghreb”. 
E che dire delle acquisizioni estere a saldo delle grandi aziende italiane e delle trame contro Fincantieri nell’operazione di acquisto della “Stx France” nel porto di Saint-Nazaire. Non si è capita la levata di scudi franco-tedesca del duo Macron-Merkel. Ma ancor più singolare è stato il responso comunitario secondo il quale l’acquisizione avrebbe portato ad una distorsione “a livello europeo e mondiale”.

Che dire della gestione dei migranti? Totalmente posta a carico dell’Italia, con obblighi europei esclusivamente nei confronti del primo Stato di approdo dei medesimi ma pochissimi aiuti sostanziali a differenza dei 3 miliardi di euro concessi alla Turchia di Erdogan per trattenere i profughi siriani. Nella circostanza avevamo dato ogni responsabilità all’incompetenza politica e diplomatica di un governo di dilettanti che non perdeva occasione per litigare con ogni Stato sovrano e con la deprecabile e singolare vicinanza di un vicepremier ad un movimento, quello dei gilet gialli, che appariva un’ingiustificata intromissione in problematiche interne.
Oggi il mondo inizia a reagire alla pandemia del Covid-19, un agente patogeno che nessuno sa controllare e che ci descrive un quadro decisamente desolante del mondo politico ed economico mondiale. Ogni Stato ha rovesciato completamente le proprie priorità. L’idea di una globalizzazione imperante ed anche possibile da cavalcare si è schiantata di fronte all’evidenza che è proprio il sistema globalizzato ad aver incentivato la propagazione dell’infezione.
In un attimo le merci si sono fermate, il trasporto aereo navale, simbolo di questo mondo dedito al commercio e agli spostamenti, si è paralizzato.Il Governo italiano si è rivelato del tutto inadeguato per fronteggiare l’emergenza ma, in questi giorni di crisi sanitaria profonda in Italia la matrigna Europa, intesa come Istituzione e come Stati che la compongono, è riuscita a fare ancor peggio.
Nessuno ha prestato soccorso agli italiani. Nonostante la richiesta disperata, gli Stati europei hanno bloccato l’export in Italia di materiale medico quali ventilatori polmonari, mascherine e medicine, nessuno ha inviato medici infermieri per dare man forte.
Hanno chiuso le frontiere come se l’infezione potesse essere limitata dal non ingresso degli italiani. Così come nessuno ha pensato di ordinare ai propri “investitori” di non speculare sulla Borsa che crollava puntando gli asset strategici italiani.
È il momento della sovranità sanitaria, si sono isolate la Lombardia e l’Italia lasciandole del tutto sole con la consapevolezza che la tanto attesa flessibilità europea da “chiudiamo un occhio” finanziario non sarà sufficiente perché creerà ulteriore tensione tra Nord e sud Europa. Dalle istituzioni europee, si ribadisce, ben si potevano attendere iniziative di solidarietà e non mosse che potessero ostacolare la stabilità sociale ed economico finanziaria di un paese in una condizione pesantemente delicata.

Christine Lagarde, presidente della BCE, si è abbandonata a dichiarazioni del tutto destabilizzanti e non è riuscita a trasmettere la necessaria sicurezza nel mercato. Ed il mercato giovedì 12 marzo ha punito l’Italia con la peggiore giornata della storia di Piazza Affari. Il mercato si è accanito contro i titoli più deboli ossia con quelli italiani e l’incertezza della Banca centrale europea ha creato perdite senza precedenti. Orbene, gli Stati europei sono riusciti esclusivamente a chiudere i confini, sigillare le fabbriche, a rassicurare timide aperture sul debito mentre immettevano miliardi di euro nei propri sistemi economici in barba ad ogni obbligo imposto da Maastricht. Hanno aperto agli aiuti di Stato ed alle nazionalizzazioni (vietate all’Italia) nonché hanno dimostrato scelte autarchiche in campo medico sanitario. Il panico ha spinto i mercati a reagire impazziti e gli investitori fuggire nei cosiddetti beni rifugio.
Sembra la guerra e forse è tale. L’eurogruppo (ossia il centro di coordinamento europeo che riunisce i ministri delle finanze dei 19 Stati membri che adottano l’euro, le cui decisioni determinano la capacità del nostro sistema sanitario di affrontare le pandemie, la capacità delle nostre banche di reggere le crisi finanziarie) è silente, o meglio, a seguito di una riunione tutti si sono ritrovati d’accordo sul fatto che il Coronavirus è così cruciale, così importante, con effetti così pesanti sull’economia da non decidere nulla. 
L’Europa è dilaniata da quest’emergenza pandemica ed ha dimostrato che la sua forma istituzionale è priva di qualsiasi forza e potere.
Il vero nemico dell’Unione Europea è essa stessa che nell’arco di pochi giorni ha saputo dissolversi come neve al sole. È bastato un agente patogeno per cancellare qualsiasi tipo di certezza anche nei più fervidi sostenitori della costruzione europea. Parimenti, più a sud, al di là dell’ingiustificata neo-retorica nazionalistica italiana, sorta nel momento nel quale hanno capito che l’infezione non poteva limitarsi alla Lombardia, la porta in faccia è arrivata anche dai vicini che compongono lo stesso Stato. Atteggiamenti inopportuni e discriminatori che si dovranno ricordare nel momento delle riunioni della conferenza Stato-Regioni e nel momento nel quale ci sarà da decidere quanti fondi destinare loro.
Quindi, così come abbiamo avuto concreta prova che l’Europa non esista parimenti non possiamo esimerci dal considerare una volta ancora l’inesistenza di un’Italia che, nel momento meno opportuno, da più parti, ha assunto atteggiamenti del tutto imperdonabili. Entrambe sono unioni commerciali e non basate su un legame nazionalistico.
Siamo certi che la Lombardia abbia tutta la forza e la capacità per risollevarsi da sola, anche senza l’aiuto europeo o italiano.
Questa è la consapevolezza che ognuno deve avere ben presente quando un giorno nel quale, conclusa l’emergenza sanitaria, qualora l’Unione monetaria non dovesse sciogliersi, tutti gli Stati europei dovranno riunirsi e discutere di nuove regole, rifondare i pilastri di una unione europea. Ricordiamoci che nulla sarà come prima ma prevedere una Italexit potrebbe portare a peggiori conseguenze con un isolamento ancor più marcato rispetto a quanto sta avvenendo in questi giorni.

Cedrik Pasetti
Avvocato e fiero di esserlo. Raro esemplare di nizzardo-lombardo. Ho conseguito specializzazioni in Politica Amministrativa e Management presso la SDA Bocconi di Milano nonché in diritto societario e dell'arbitrato interno ed internazionale presso l'Università di Pavia. Convinto liberale ed autonomista nel DNA. Indipendentista per necessità. Sono stato fondatore e Presidente dell’associazione culturale Terre di Lombardia. Tra gli ultimi consiglieri provinciali ancora eletti dai cittadini sono attualmente vicesindaco dell’ombelico del mondo, il bellissimo paese di San Martino dall’Argine.

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