FEDERALISMO & INDIPENDENZA | Approfondimento Politico

Affinità e divergenze tra il compagno Berlinguer e Salvini

Le reazioni ondeggiati tra l’isterico e l’indignato dell’intellighenzia di sinistra all’uscita di Salvini il quale ha proclamato la Lega erede di Enrico Berlinguer e dei valori rappresentati dal comunismo, è sintomatica di quanto sia compromesso il rapporto tra progressismo e le classi lavoratrici. Come una zitella inacidita dall’esser stata piantata in asso dai suoi amanti denigra le nuove e più attraenti compagne che questi si sono trovati, così la sinistra si indigna nei confronti del leader della lega colpevole dell’aver avuto l’ardire di profanare una delle sue ultime “sacre reliquie”: Berlinguer. L’indignazione è una delle maniere migliori per non fare autocritica e interrogarsi sui motivi per i quali parti molto importanti delle classi popolari hanno abbandonato i partiti eredi della sinistra storica per identificarsi nella narrazione leghista/sovranista. Il problema non riguarda solamente l’Italia ma investe tutti i partiti eredi della tradizione progressista.

Il crossover tra classi popolari e estrema destra non è nemmeno così nuovo. Zeev Sternhell, forse il più grande storico vivente dei fascismi assieme a Emilio Gentile lo ha messo a fuoco nei suoi studi già più di 20 anni fa, ma in questa sede non ci interessa fare speculazione politologica. Ci interessa piuttosto rilevare come una volta tanto, pur con un’affermazione costruita dal suo spin doctor per fare quanto più chiasso mediatico sia possibile, il giovanotto ha completamente ragione, con buona pace delle reazioni isteriche dei progressisti. La sinistra si è completamente scollegata delle classi lavoratrici, rifugiandosi in battaglie di testimonianza sempre più a bassa intensità via via che il suo impianto concettuale veniva smentito dalla Realtà. In questo senso Salvini e il leghismo sovranista hanno raccolto il testimone del progressismo popolare.

Non nella forma, chi sano di mente rilancerebbe l’idea comunista dopo l’89? (rispondere “Fusaro” non vale) quanto nella sostanza. Salvini è quanto di più comunista ci sia sul mercato politico. Guardiamo ai fatti. Prendiamo Alberto Bagnai, uno tra gli economisti vodoo del board di Salvini, il quale si definisce “persona orientata a sinistra che ha votato PCI finché ne ha avuto la possibilità”. Nominato da Salvini “responsabile delle politiche economiche della lega”. Ma è tutto l’impianto economico leghista ad affondare le radici nello statalismo comunistoide. Vi ricordate come ai tempi del primo governo eletto dal popolo della storia della Repubblica Salvini voleva risolvere il problema dello spread? “Se lo spread continuerà a salire non staremo fermi, abbiamo più di un’idea. La forza dell’Italia, che nessun altro degli amici seduti al tavolo oggi ha, né i francesi, né gli spagnoli è un risparmio privato che non ha eguali al mondo. Per il momento è silenzioso e viene investito in titoli stranieri. Sono convinto che gli italiani siano pronti a darci una mano”. Tradotto: “sfileremo forzosamente i quattrini dalle tasche dei privati per finanziare le nostre politiche assistenziali pubbliche”.

“L’oro alla Patria” è solo una delle infinite varianti inventate dai fantasiosi cervelli del socialismo ridistributivo per drenare la ricchezza dalle classi produttrici e incanalarla verso politiche assistenziali pubbliche. Praticamente comunism at its best. Però nella versione 2.0. Mica possiamo arrivare in piazza con i colbacchi! In generale non esiste un solo problema economico che per Salvini e i suoi economisti orfani del socialismo reale non sia risolvibile con il DEBITO. Cioè, di fatto con politiche assistenzialiste. Comunismo mascherato con baffi e naso finto. La fascinazione per il socialismo reale all’interno dell’ex Lega Nord è tale da condurre i suoi esponenti a Mosca con una frequenza maggiore di un quadro del PCI degli anni 70, e per inciso la Russia post sovietica di Zar Putin è tutto fuorché una liberaldemocrazia.

Ma la lista delle posizioni parasocialistoidi di Salvini non finisce qui. Vi ricordate la sciagurata proposta di legge volta a togliere il marchio alle aziende che producono all’estero? Quale proposta più socialista ci può essere di una che si propone esplicitamente di limitare il diritto di proprietà? Immagino di sentire il disappunto dell’intellighenzia progressista: “Ma che fastidio il Reale!” e così rincaro la dose: a chi solleva l’obiezione che Salvini è quello che propone Flat Tax la quale è una tassa che avvantaggia i ceti privilegiati, ricordo un semplice fatto: tra i pochi provvedimenti economici targati “lega Salvini” del glorioso governo eletto dalla gente, lungi dall’esserci la tassa piatta (con bona pace di tutte le chiacchiere propagandistiche) c’è stata “Quota 100”, provvedimento che potrebbe tranquillamente stare nel programma del Partito Comunista bulgaro. Piaccia o meno alla sinistra, i cavalli di battaglia della mobilitazione Salviniana sono il “pubblico”, lo Stato nella sua declinazione assistenzialista. Questo spiega ottimamente come la lega sia riuscita a intercettare il voto dei ceti “popolari”.

La proposizione di politiche assistenzialiste e redistributive ha consentito di attrarre nella sua orbita i ceti che in passato avevano come riferimento i partiti socialcomunisti. L’operaio che frequentava la “Casa del Popolo” si è subito trovato a suo agio nelle sezioni della lega, perché vi si parlava un linguaggio a lui assai famigliare. La lega ha pure superato il PD nel borsino dei partiti preferiti dai dipendenti pubblici. O ci siamo dimenticati del ministro Giulia Bongiorno la quale nel 2019 aveva lanciato la sciagurata idea di assumere 250.000 dipendenti pubblici? Certo, tra il PCI di Berlinguer e la Lega di Salvini ci sono delle differenze di stile, ma il minimo comun denominatore dell’illiberalismo riduce tutte e due le esperienze alla medesima sostanza. A chi può guardare con sufficienza i collegamenti che abbiamo tratteggiato fra progressismo comunista e sovranismo salviniano invito a fare un esercizio di analisi: si studi la storia degli ultimi 30 anni dei Balcani, gli risulterà più facile capire come le elites comuniste possano facilmente diventare all’occorrenza sovraniste e nazionaliste in un continuo gioco di porte girevoli che ruotano attorno a un perno: l’illiberalità. E viceversa. Questo è l’argomento più forte per il quale i ceti civili e produttivi del Nord dovrebbero star quanto più possibile lontani dalla lega Salviniana, estrema incarnazione del socialismo reale.

Luca Comper
Architetto, appassionato di troppe cose da poterle riassumere nello spazio di una schermata del PC, ma in particolare di arte, politica e storia. Ha lo stesso rapporto con il giornalismo di quello che ha uno scafista con la marineria. Indipendentista to the core, il suo motto è "Ho costruito la mia causa in abuso edilizio"

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