Il celebrato Premio Nobel per l’economia Friedrick Von Hayek diceva che “C’è una enorme differenza fra trattare le persone equamente e renderle uguali. Mentre la prima è la condizione necessaria di una società libera, la seconda è una nuova forma di schiavitù. E di una particolare forma di schiavitù tutta italica vorrei parlare a proposito della “schiavitù da sprechi”. Già perché ormai gli sprechi della macchina pubblica alimentano così tanto il consenso che perfino le forze politiche nate contro il sistema alla fine sono diventate quelle che più di tutti sono disposte a sostenerlo,in cambio appunto del cosiddetto consenso elettorale. Siamo arrivati ad un punto che assistiamo quasi impossibili alla enunciazione di statistiche che in un paese normalmente libero avrebbero fatto venire i brividi a chiunque.
Ma qua no. Qua passa per normale il fatto che un soggetto terzo che svolge drammatiche analisi da decenni possa raccontarci storie raccapriccianti come se niente fosse. E così è passata quasi sotto traccia l’ultima indagine della famigerata Cgia di Mestre che certifica che in questo sgangherato paese gli sprechi valgono il doppio dell’evasione fiscale. Ma come? (viene spontaneo chiedersi), ci avrete maciullato gli zebedei per decenni dicendo che il male principale che affliggeva il paese fosse l’evasione fiscale è i numeri sono questi? Parrebbe proprio di sì.
In un paese con la più alta pressione fiscale (dove a tratti l’evasione è diventata una forma romantica di sopravvivenza per le imprese) quello che apparentemente da sempre viene descritto come il principale problema che affligge il sistema, in realtà non pesa nemmeno la metà di una questioncina della quale nessun politico fa mai cenno: gli sprechi della pubblica amministrazione. Ovvero sia tutto quell’esubero non dovuto di costi prodotti da quella macchina infernale e distruttrice che si chiama stato centrale. Ma di questo in realtà campano in tanti e quindi non è politicamente corretto ricordarlo. Meglio dire che è colpa degli imprenditori maledetti truffatori, imbroglioni e seriali evasori appunto. Guai a toccare la metastasi della macchina dello stato. Una corpulenta superfetazione di fatto che divora e vomita tutto. Uno tra ordinario meccanismo che genera consenso in un paese di parassiti. E così ci viene raccontato come se nulla fosse che nel rapporto “dare-avere” tra lo Stato e il contribuente italiano a rimetterci, da un punto di vista strettamente economico, è sicuramente il privato cittadino. Bella sorpresa direte. Forse non serviva la CGIA di Mestre per dirci quello che in tanti sospettiamo da Sempre. Eppure i nostri si avventurano in un’analisi che certifica quanto sia maleodorante questo sistema ormai al Corto circuito. Ci dicono che: “L’evasione non può essere vissuta come un alibi perché ci sono gli sprechi.” Amen. Pensavo si fermassero qua e invece aggiungono che Secondo il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo: “l’evasione non va mai giustificata e dobbiamo contrastarla ovunque essa si annidi, sia che riguardi i piccoli che i grandi evasori. Se, infatti, portassimo alla luce una buona parte delle risorse sottratte illecitamente all’erario, la nostra P.a. avrebbe più soldi, funzionerebbe meglio e, probabilmente, si creerebbero le condizioni per alleggerire il carico fiscale. Con meno evasione e una P.a. più efficiente potremmo creare le condizioni per rilanciare questo Paese”. Bene. Fin qui tutte cose già sentite e proseguendo però ci si sgrovigliano le budella leggendo che L’Ufficio studi della CGIA ha raccolto ed allineato i risultati di una serie di analisi sulle inefficienze e gli sprechi che caratterizzano la nostra Pubblica Amministrazione:
il costo annuo sostenuto dalle imprese per la gestione dei rapporti con la P.a. (burocrazia) è pari a 57 miliardi di euro
i debiti commerciali della P.a. nei confronti dei propri fornitori ammontano a 53 miliardi di euro
il deficit logistico-infrastrutturale penalizza il nostro sistema economico per un importo di 40 miliardi di euro all’anno
se la giustizia civile italiana avesse gli stessi tempi di quella tedesca, il guadagno in termini di Pil sarebbe di 40 miliardi di euro all’anno
sono 24 i miliardi di euro di spesa pubblica in eccesso che non ci consentono di abbassare la nostra pressione fiscale alla media UE
gli sprechi e la corruzione presenti nella sanità costano alla collettività 23,5 miliardi di euro ogni anno
gli sprechi e le inefficienze presenti nel settore del trasporto pubblico locale ammontano a 12,5 miliardi di euro all’anno.
Una amica molto attenta che ha letto lo stesso articolo mi ricorda stamattina che questo fa parte del gioco. Cosi come l’invidia sociale. O l’irrisolto problema delle cavallette che affligge il Sahel sub-sahariano. Ciononostante queste è l’ennesima dimostrazione (certificata da un ente terzo) che il problema sono gli sprechi. Gli stessi sprechi di cui ho già scritto circa un anno fa parlando di Catania e dei suoi cessi d’oro da un milione di euro, che non indignano più nessuno. E risulta frutto molto strano in in paese dove ci si indigna di continuo. Gli indignati seriali ormai sono troppo concentrati sullo stile di vita di Vanda Nara o sulla presunta prostatite di Briatore per perdere tempo a valutare il fatto che in questo stato malato si buttano circa 200 miliardi di euro all’anno per cose inutili. Ma questi sono i tempi che viviamo e questa situazione è figlia della sottocultura imperante.
Allora qualcuno potrebbe chiedermi a questo punto quale sia la soluzione e la risposta ahimè non può essere che secca e perentoria: smontiamo questo stato in tutte le sue articolazioni apicali. Smontiamolo e diano una nuova prospettiva su nostri figli. Così non c’è alternativa allo schianto. Ogni tentativo di rimediare con delle correzioni risulta tanto inutile quanto rischia di essere ulteriormente dannoso. Usciamo dalla logica per la quale bisogna salvare il salvabile da Nord a sud e passiamo alla più realistica logica del “si salvi chi può”. Il medico pietoso fa la ferita purulenta si diceva un tempo smettiamola di commuoverci perché il pesce qua puzza dalla testa. E bisogna partire da lì. Uno stato che nel tentativo di rendere tutti uguali ha creato costi e finto lavoro dove non c’era economa di mercato e ha massacrato quest’ultima per trovare le risorse che non aveva. Questo stato va disarticolato e vanno rafforzate le autonomie responsabilizzandole. Smettiamo di cercare di imporre un egualitarismo che fa solo danni. Non siamo tutti uguali.
Diciamolo chiaramente e prendiamoci qualche rischio. Trattiamo tutti equamente ma non raccontiamo più a nessuno che siamo tutti uguali. Non è vero e non è giusto.