Alla mia età non si hanno pulsioni di entusiasmo, c’è un limite di esperienza che ti fa cauto.
Tuttavia registro:
– Draghi ha sostituito conte. Primo grande risultato: per merito suo o demerito del predecessore, fatto sta che curriculum e competenza non sono raffrontabili.
– non sono il solo a pensarlo visto che la sola ipotesi di un governo Draghi ha colato a picco il famoso spread e ha imbizzarrito l’indice di borsa. Vuol dire che solo il nome ha apportato al paese miliardi di ricchezza (finanziaria).
– mettiamola in termini aziendalistici: il brand paga. Il valore immateriale del marchio che moltiplica il prezzo di mercato vale anche in politica, vale d’dappertutto. Il grande avvocato, il grande clinico, il grande tributarista, fanno parcelle salatissime che il cliente paga volentieri a prescindere dall’esito della prestazione.
– il brand paga perché’ rappresenta, come il valore dell’avviamento, le virtuose vicende passate del soggetto. La Ferrari non vince più da tempo ma resta un brand, il signor Valentino Garavani si è ritirato da tempo dalle scene della moda ma valentino resta un brand e così via. Draghi è un brand. Non lo era conte.
– il governo Draghi ha fatto esplodere il m5s: di per sè è un grande risultato. Le tiritere di Toninelli (saporito spettacolo che a me mancherà), le incredibili bufale della ragioniera lezzi, i balbettii della ministra Azzolina, i gorgoglii del ministro Bonafede. Insomma gran parte dell’arsenale di ignoranza, arroganza e incompetenza si è diviso. Un pezzo va col demiurgo verbale di battista, un altro pezzo tende a normalizzarsi e a doversi confrontare con le performance dei ministri di provenienza diversa da quelli smorti del Pd e con quelle dei ministri tecnici.
– nel governo messo insieme da Draghi restano vecchi arnesi. In un sistema come il nostro bisogna fare i conti con le maggioranze parlamentari.
– “fu deciso che la cosa fosse giusta”, scrive Orwell, nel nostro caso fu deciso che fosse giusto non votare (ma vale solo in Italia e per le elezioni politiche: il voto amministrativo è covid free) e quindi le maggioranze parlamentari sono congelate e il m5s resta il maggior azionista al senato e alla camera. Bisogna pagare dazio all’azionista di maggioranza altrimenti vanifica quanto fatto dall’esecutivo (come un consiglio di amministrazione per virtuoso che sia può essere sfiduciato in ogni momento dall’assemblea dei soci). Draghi ha pagato il prezzo all’azionista di maggioranza. Non so se ne è felice o no.
L’avvento del “messia” Draghi sta incidendo nel profondo su tutto il sistema italiano. Dei partiti.
– ha consentito a Berlusconi una riabilitazione insperata: siamo ormai quasi a “silvio santo subito” e i sondaggi risalgono.
– ha indotto Giorgia meloni ad una scelta radicale: va scientemente contro il main stream nazionale. Si siede sulla sponda del fiume ad aspettare che passi l’ennesimo cadavere di un governo morto. Passerà? La ragazza sa di rischiare. Può darsi che la scelta la premi, ma se passerà un altro cadavere governativo aiuterà ad andare a votare per avere finalmente un governo che esprima la maggioranza delle scelte degli elettori? La risposta è fortemente dubitativa: il semestre bianco, le rigidità costituzionali, il progetto del capo dello stato, le maggioranze parlamentari, più ancora il radicamento dei parlamentari alla carica e il terrore di tornare allo squallore della loro precedente qualità di vita, indicano che il voto ci sarà più tardi possibile.
– il PD dovrà finalmente decidere cosa fare da grande. Per definizione tutti i partiti comunisti sono partiti di sistema. Le decisioni sono prese dai comitati centrali in coerenza col sistema non con i bisogni della gente. Per di più ha ingoiato, meglio dire che è stato ingoiato, come Giona, dalla balena bianca: i cascami di sinistra della defunta dc sono confluiti nel calderone apportando la cultura ipocrita e doppiobottista, un po’ liberale, un po’ “progressista”, alla moro e poi alla prodi: tutta di sistema. L’insieme del calderone ha partorito prima ed ora è il depositario e il tutore del sistema: le follie sindacali, le prepotenze dei magistrati, le barocche costruzioni economiche (le coop, le onlus, le arci, insomma “il sistema” in versione economica) e così via.
– ora pare che si apprestino ad imbarcare anche le 5 stelle cadenti: si aggiungerà un’altra pseudo cultura fancazzista: nuovo ingrediente alla ratatouille. O hanno la vocazione al martirio (politico per carità) oppure dovranno chiarirsi le idee, fare un progetto. Invece, ci metto la firma: figlieranno altri partitini che federeranno in una cabina di regia a esclusivi fini elettorali. Da cui una nuova legge elettorale fortemente proporzionale. La contingenza Draghi gli darà tempi e spazi?
– infine l’ipotesi Draghi ha folgorato Salvini. La cura da cavallo che Matteo ha inflitto alla lega ha portato a consensi imprevedibili. Qui bastano i numeri ogni commento è superfluo: bravo! Ma ha svuotato l’anima del partito, anzi ha svuotato il partito che è diventato da sindacato del territorio a sindacato degli eletti. Al netto del folclore, un po’ fastidioso alle bocche appena raffinate, c’era un bel numero di gente che di sera, di sabato e domenica, nei giorni festivi, andava a comiziare sulle piazze, a parlare con la gente, magari a litigarci, comunque a sentire lodi e lamentele, desideri e speranze: il “sentimento” del “paese profondo”. E poi riportava. La lega aveva meno consensi ma la conoscenza e il contatto con la massaia e il fruttivendolo, col ragioniere e il geometra, perfino con il nullafacente e il fancazzista: era la premessa per la successiva crescita che Salvini ha messo a frutto. Sarà colpa del covid, sarà il nuovo orientamento, fatto sta che ora non li trovo più in piazza a discuterci e magari litigarci. I militanti si rendono conto di contare come il due di briscola e se ne stanno al caldo di casa, o peggio si sono ridotti a litigare a favore di rossi o di bianchi, gli eletti del territorio (intendo eletti dai voti e non altri “eletti” che circolano dalle parti dei pentastellati). Sono arrivati alcuni soggetti magari acculturati oltre la media, ma con bizzarre ipotesi economiche un po’ monetariste e un po’ neokeynesiane, predicatori di un improbabile sovranismo monetario, da cui un sovranismo politico. L’italexit con l’Italia così com’è, senza beneficio di inventario: mono cultura, carrozzoni protetti, zeppe e limitazioni al libero imprendere, fisco rapace per mantenere folle di sussidiati, prepotenze giudiziarie, improduttività diffusa, aree mafiose: l’Italia di oggi – diluita ben poco in Europa -, messa in tavola come pasto quotidiano nei decenni futuri. È facile pensare che le intelligenze e le competenze sopravvissute nel partito e tutti i referenti esterni abbiano colto l’occasione Draghi per dare a Salvini un ultimatum, direttamente o indirettamente espresso: o sali sul treno Draghi o continui a camminare a piedi ma sempre più solo. La compagnia, tanto più se è buona, è sempre meglio della solitudine: Salvini che è pragmatico per natura, è salito sul treno con inusitato entusiasmo. Le voci sovraniste si sono spente per incanto.
Come si fa a non considerare positivi questi risultati comunque vadano le cose? La sola presenza di Draghi scrolla l’albero, anche se lui non lo vuole, ne cadono frutti maturi, frutti marci e frutti acerbi.
E qui si pone il problema vero: buttare via i marci, mettere in tavola i maturi, far maturare gli acerbi. La maggioranza dei partiti è costretta, anche per motivi antitetici, a sostenerlo: il terrore del voto è bastato finora, basterà e avanzerà nel prossimo futuro.
Ma ben diverso è l’avversario che aspetta Draghi fuori dal palazzo:
I corpi intermedi che stanno bene come stanno da decenni. I sindacati (vedi subito quelli della scuola: populismo fatto istituzione). La magistratura un pezzo della quale è in continuo combattimento per tutelare quella che da tempo non è più la tanto invocata autonomia, quanto invece il mezzo discrezionale di aggressione agli altri poteri dello stato e bada bene, non alle istituzioni (che restano “sacre”) bensì ai singoli soggetti che le rappresentano: presi uno per uno e scannati in pubblico non perché’ rei ma perché’ di parte avversa. Parte non più e non solo politica, ma avversa al sistema che legalizza e protegge le prepotenze giudiziarie la lettura del libro di Sallusti e palamara ne è un quadri plastico, iconico. Il pubblico impiego: guai a scollarli dall’immobilismo protetto in cui sonnecchiano da decenni forti della tutela costituzionale di cui godono. Risultato: norme attuative che dormono nei cassetti, immobilità di fatto e cavilli di diritto. E ognuno può aggiungere una anomalia alla breve lista
Insomma più che le alchimie partitiche che Draghi è e sarà costretto (come tutti i suoi predecessori) ad affrontare, sono questi avversari che non vogliono che si muova una foglia. Poco importa se l’Italia va a rotoli. Sono affetti consapevoli della sindrome dello scorpione, la legge elettorale che si vuole proporzionale servirà per il dopo Draghi a impedire un esecutivo forte e coeso. Il bilancino resterà lo strumento più usato. Le debolezze del governo non indeboliranno la forza dei padroni veri del paese.
Non basterà Draghi a metterci una pezza. Nel frattempo però mi godo i frutti che cadono dall’albero scrollato.