FEDERALISMO & INDIPENDENZA | Approfondimento Politico

Acqua Pubblica

Per fare una citazione dotta, l’acqua secondo Agostino è “un bene di Dio” e come tale non può essere oggetto di commercio da parte degli uomini: l’acqua è di tutti, per di più è merce sempre più rara e sempre più critica. Tutto indica che nel futuro di medio periodo potrà sostituire il petrolio nelle egemonie economiche del pianeta garantendo vantaggi a chi avrà più sorgenti, senza alcuna possibilità di trasferire questo asset in luoghi diversi da quelli di origine.

Con oltre 7 miliardi di umani in crescita e con sempre maggiori esigenze di avere più acqua da bere, da irrigare, da usare nelle industrie, la strada della rarità dell’acqua mi sembra tracciata.

Lasciando ad altri molto più bravi di me le previsioni geopolitiche che i futuri scenari potranno avere, a me non pare che in Italia e fino ad oggi ci sia voce che contesti il principio della proprietà: l’acqua è di tutti, siamo tutti d’accordo, Sant’Agostino compreso.

Se mai io ci vedo la (voluta) confusione odierna fra la PROPRIETA’ dell’acqua e la GESTIONE della sua distribuzione dalle sorgenti ai rubinetti: questa (voluta) confusione ha avuto grande peso e tuttora ne ha sugli orientamenti della pubblica opinione, ma rimane una furbizia ideologica.

Il tema vero tocca (fin da prima del referendum del 2011) la GESTIONE dell’acqua. E qui i termini sono meno apodittici perché intersecano linee ideologiche, economiche, politiche.

Un primo aspetto è che l’acqua è un po’ come il petrolio: se non la cerchi ti devi accontentare di quello che la natura ti offre, quando te la offre, quanta te ne offre, dove te la offre. Fino a nuove scoperte della scienza questa è la cornice dentro cui l’umanità si muove e nei fatti poco incidono le dichiarazioni di principio da quella dell’ONU a quelle della U.E. a quelle domestiche.

Ci vogliono competenze e investimenti per reperire nuove fonti oggi ignote e per non disperdere quelle attuali.

In argomento Il rapporto ISTAT del marzo scorso ha offerto i seguenti dati:

° Italia al primo posto nell’Ue per i prelievi di acqua a uso potabile: 428 litri per abitante al giorno (il proclama ONU ne prevede almeno 50 litri)

° Poco meno della metà del volume di acqua prelevata alla fonte (47,9%) non raggiunge gli utenti finali a causa delle dispersioni idriche dalle reti di adduzione e distribuzione.

° 11 comuni capoluogo di provincia/città metropolitana interessati nel 2017 da misure di razionamento nella distribuzione dell’acqua per uso civile, quasi tutti ubicati nell’area del Mezzogiorno.

Secondo me questi sono i numeri su cui riflettere:

circa i primi due punti il rapporto precisa che preleviamo 9,5 miliardi di litri/anno che appunto corrispondono a 428 litri/anno per abitante, ma ne consumiamo 220 litri perché le condutture dalla sorgente ai rubinetti perdono come colabrodi: esattamente 208 litri al giorno per ciascun italiano.

In particolare nel Mezzogiorno d’Italia gli abitanti di 11 capoluoghi soffrono di un rigoroso e storico razionamento che rende spiacevole la vita.

Si aggiunge la diffidenza verso la qualità dell’acqua erogata, tanto che l’Italia è prima al mondo nel consumo pro capite di acqua in bottiglia: 7,5 milioni di famiglie (su 24,5 totali) bevono regolarmente acqua in bottiglia affrontando costi aggiunti giornalieri e inducendo ulteriori criticità allo smaltimento dei vuoti, tutti usa e getta e tutti di plastica.

Questa è la fotografia a fine 2018. Ne emergono due dati certi:

  1. le reti idriche italiane sono di proprietà pubblica (principio ribadito dalla sentenza della Corte Costituzionale n° 320/2011).
  2. il 53% delle erogazioni proviene da società interamente pubbliche, il 32% da società miste pubblico/private a maggioranza o controllo pubblico, il 12% da società “in house”, cioè gestite direttamente dall’ente locale, il 2% da società private, l’1% da società miste ma con maggioranza dei privati. (fonte: Blue book di Utilitalia).

Da questi dati non si capisce bene con quali finalità l’onorevole Daga del M5S abbia presentato un disegno di legge che ricalca le istanze del Forum Italiano dei Movimenti per l’acqua e di molte altre fonti “progressiste”: la condanna delle gestioni private e l’esaltazione delle gestioni pubbliche che dovranno totalmente sostituire quelle private (3% del totale!), senza ulteriori esami su costi e benefici tanto quantitativi, quanto qualitativi e di quello che, col solito ricorso agli inglesismi, si chiama la customer satisfaction (dice che gli utenti devono diventare gli “attori” del sistema gestionale, gli utenti hanno deciso col referendum del 2011 che “l’acqua è pubblica”, che poi trovino i rubinetti a secco o le tariffe esose o i servizi scalcagnati è affare secondario: riguarda la vita vera, non i massimi sistemi etici e parenetici)

Tralasciamo la parte ideologica che contiene molti sinistri riferimenti alle virtù del gestore Pubblico di attività economiche: su questo altare hanno sofferto (e continuano a soffrire per esempio in Venezuela e in Corea del Nord) milioni di sfortunati. Secondo questa visione è meglio condannare a vivere male la gente piuttosto che affidare a un privato (e quindi profittatore e affamatore) la gestione di qualsivoglia attività economica. Il privato, senza demonizzazioni, è un soggetto che cerca di trarre profitto dal proprio lavoro: operaio, dirigente, imprenditore, la logica è sempre quella, compresa quella dell’operatore umanitario che non offre gratis il suo impegno. E dunque i contratti che regolano i rapporti fra le parti contengono clausole vincolanti e costantemente monitorate. Ma la parte Pubblica monitora sul serio quelli di sua competenza? Ponendosi qui il problema della corruzione e ancor più spesso della concussione: per esempio il crollo del ponte di Genova va addebitato alla Società Autostrade ma anche ai mancati controlli dei soggetti pubblici che tutti noi abbiamo pagato per fare un mestiere che forse non hanno fatto: pigrizia, altro?

L’ipotesi dell’onorevole Daga è quella di affidare a costituendi Enti di diritto pubblico (Aziende Speciali o Aziende Speciali Consortili) di proprietà e controllo pubblico la gestione del ciclo dell’acqua.

È lecito chiedersi dove stanno le competenze dell’Ente Pubblico Comunale o Consortile che consentano anche la sola previsione di una migliore gestione di questo processo: ai tecnici si sostituiranno i piccoli o grandi burocrati, ben lontani dall’avere competenze e stimoli per gestire al meglio queste imprese, oppure arriveranno gli amici politici o sindacali altrettanto sapienti?

E se dal rubinetto non esce acqua ce la prendiamo col signor Comune o meglio ancora col signor Consorzio che quando li consulti già oggi al telefono per altre rogne che ti hanno procurato, una volta su due neanche rispondono?

Facciamo un solo esempio: l’Acquedotto di Puglia, il più grande d’Europa, quello che, secondo Gaetano Salvemini “ha sempre dato più da mangiare che da bere”. Di proprietà al 100% della Regione Puglia: costituisce un luminoso esempio delle delizie della gestione pubblica di una attività economica. Per saperne di più chiedete a qualche amico pugliese: vi sarà risposto che cosa succede al di là delle dichiarazioni solenni.

Per fortuna la Lega ha posposto la discussione in aula della proposta Daga a data da destinarsi, altrimenti avremmo avuto una nuova forma di ingerenza pubblica in un pezzo critico della nostra vita quotidiana.

Speriamo che nel frattempo tutti prendano coscienza della differenza fra il buon vivere quotidiano e le profezie dei massimi sistemi: speriamo che l’acqua dell’avvenire resti nell’avvenire.

Maufrigneuse
Un uomo saggio che ha dedicato tutta la vita all’attività imprenditoriale con grande successo e che oggi guarda ai fatti di questi tempi con apprensione e sincera preoccupazione. La politica è stata la grande passione della vita da alternare al lavoro. E le passioni si sa non muoiono mai. “Un giorno un uomo ricevette la visita di alcuni amici. “Vorremmo tanto che ci insegnassi quello che hai appreso in tutti questi anni,” disse uno di loro. “Sono vecchio,” rispose l’uomo. “Vecchio e saggio,” disse un altro. “In fin dei conti, ti abbiamo sempre visto pregare durante tutto questo tempo. Di cosa parli con Dio? Quali sono le cose importanti che Gli dobbiamo chiedere?” L’uomo sorrise. “All’inizio, avevo il fervore della gioventù, che crede nell’impossibile. Allora, mi inginocchiavo davanti a Dio e gli chiedevo che mi desse le forze per cambiare l’umanità. “A poco a poco però, mi sono accorto che era un compito superiore alle mie forze. Allora ho cominciato a chiedere a Dio che mi aiutasse a cambiare ciò che mi circondava.” “In tal caso, possiamo garantirti che il tuo desiderio è stato esaudito in parte,” disse uno degli amici. “Il tuo esempio è servito per aiutare molta gente”. “Ho aiutato molta gente con il mio esempio; ma sapevo, comunque, che non era la preghiera perfetta. Solo adesso, alla fine della mia vita, ho capito qual era la richiesta che avrebbe dovuto essere stata fatta fin dall’inizio.” “E qual è questa richiesta?” “Che io fossi capace di cambiare me stesso”!

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