Il debito di Roma è tornato alla ribalta con la consueta confusione, questa volta non priva di cialtroneria ed improntitudine.
Noi siamo gente concreta e poco ci convincono le molliche di pane del sindaco Raggi, noi crediamo ai numeri che qui di seguito, con rilevante aridità, proviamo ad elencare nella loro parte essenziale: ne esce un quadro approssimato (un quadro completo richiederebbe ormai una enciclopedia) ma chiaro delle incapacità politiche, della opacità gestionale e soprattutto della neghittosità burocratica italica che a Roma assume forme e contenuti da libri di testo.
Il debito è di circa 12 miliardi di €. Dicesi circa perché l’importo esatto è ignoto allo stesso Comune che ha serenamente dichiarato di non conoscere il 43% dei soggetti creditori e il 77% dei soggetti debitori!
Per di più è un orfanello: nessuno ne riconosce paternità o maternità.
La vicenda pare avere inizio con le Olimpiadi del 1960: in quella occasione per esempio la Via Olimpica costò lire 520 milioni a km. Circa 3 volte tanto il costo medio dell’epoca.
Fatto sta che nel 1985, dopo sindaci della DC e del PCI, il debito era di lire 5.000 miliardi.16
Dal 1993 al 2001 dopo Rutelli e Veltroni saliva a € 7 miliardi.
Alemanno e l’alieno Marino lo lasciarono a poco oltre i 12 miliardi.
È spalmato per oltre 7 miliardi verso il sistema bancario, per 2 miliardi verso la Pubblica Amministrazione (Stato e altri Enti Pubblici), per 3,6 miliardi verso privati, esiste anche un BOC (buono ordinario comunale) di € 1,4 miliardi a scadenza 2048 e al tasso del 5.34% emesso da Veltroni.
Il debito verso le banche (soprattutto quello verso Cassa Depositi e Prestiti) è spesso finalizzato alla realizzazione di infrastrutture (Metropolitana). Sarebbe rilevante sapere se i soldi sono davvero andati nella giusta destinazione: di certo non tutti.
Il costo del debito è di circa € 500 milioni/anno pagato per € 300 milioni dallo Stato italiano (noi) e per € 200 milioni attraverso la addizionale comunale dello 0,9% (la più alta d’Italia) e la tassa di imbarco sugli aeroporti di Fiumicino e di Ciampino.
Il Comune di Roma ha n° 24.093 dipendenti diretti e n° 24.233 dipendenti delle partecipate comunali direttamente controllate, per un totale di n° 48.000 e spiccioli, con un costo medio per addetto di € 42.500/anno.
Tanto per avere un confronto FCA Italia ha n° 33.351 dipendenti con costo medio di € 36.000/anno.
Tuttavia il combinato disposto fra l’entità abnorme del debito, la tassazione elevata imposta ai romani, il contributo chiesto agli italiani (€ 300 milioni/anno) e ai turisti (la tassa di imbarco) e il numero degli addetti, non porta bene a Roma: buche, immondizia e alberi abbattuti non rimossi, metropolitane in perenne avaria e con tre fermate centrali chiuse a tempo indeterminato, autobus da rottamare che – quando circolano – prendono fuoco, cassonetti incendiati, ordine pubblico fragile, sicurezza discutibile, abusivismo diffuso, mafie etniche (quelle dei ROM: se scriviamo zingari ci querelano) e mafie “sociali” (quelle delle cooperative salvifiche di Carminati – ex N.A.R. – e Buzzi – omicida, graziato dall’indimenticabile Scalfaro).
Senza dimenticare, per onestà intellettuale, che Roma è sede di governo, è teatro perenne di ogni manifestazione, è meta mondiale di turismo, comprende uno Stato estero (il Vaticano), è sede del cattolicesimo: questo insieme di specificità la sottopone a una usura che non ha eguali in Italia. Tuttavia se la paragoniamo ad altre capitali di livello all’incirca pari ne esce tutt’altro che bene: non lo facciamo per carità di Patria.
Poi ci sono i romani: condannati dalla inettitudine della politica e dalla cialtroneria della burocrazia a vivere male e a pagare addizionali sperperate. Ma fra i romani ci sono i 48.000 addetti comunali o “partecipati” che molto più dei politici sembrano essere i maggiori responsabili delle sciagure della loro città: nella loro maggioranza danno l’idea di essere ben pagati, assenteisti, menefreghisti, per di più inamovibili a norma di Costituzione. Sembrano essere il vero perno su cui il debito e l’inefficienza si sono costituiti e continuano ad alimentarsi.
In conclusione Roma sembra l’emblema dell’Italia di oggi: una burocrazia inefficiente ma padrona del Paese e intoccabile che intimidisce una politica poco coraggiosa di suo, con progetti di breve respiro, più elettorali che strutturali, rassegnata a ruoli inferiori, selezionata secondo lealismo al capo pro tempore e non secondo meriti e competenze.
Dovremo occuparcene in futuro, per ora rimangono da pagare i 12 miliardi del debito di Roma (in aumento!). Quindi siamo tutti pregati di non eccedere nelle feste di Pasqua e nei ponti successivi: risparmiamo qualche centinaia di € con cui far fronte al debito di Roma e ai debiti di altre città, oggi silenti ma che busseranno prima o poi alle nostre tasche.