Ormai siano abituati a tutto. Non sarebbe possibile leggere i giornali tutti i giorni se avessimo palati particolarmente raffinati. Ciò non toglie che spesso la realtà tenda a superare la fantasia. In materia di truffe l’italiano medio non è secondo a nessuno, ma il siciliano medio batte tutti.
Una vera e propria specialità che vede gareggiare in una competizione globale veri e propri campioni della finzione. Se è vero quanto sostiene il nucleo speciale Spesa pubblica e repressione delle frodi comunitarie della Guardia di Finanza, fra truffe e corruzione già a giugno scorso si calcolavano perdite per lo stato di almeno 5 miliardi di euro solo per il 2018. Nei sei mesi successivi anche peggio, fino a raggiungere quota sei miliardi. In pratica il valore di una finanziaria o giù di lì. Una fetta consistente di questa cifra mostruosa è rappresentata dalla specialità di alcune regioni meridionali dove trovano albergo campioni dello sport più in voga: i falsi invalidi. Con le casistiche più disparate e fantasiose: ciechi che fanno il guardalinee, storpi che ballano latino americani, sordi che fanno i dj e via di questo passo gli esempi eclatanti si sprecano.
Il tutto con la complicità compiacente di medici, membri di commissioni di controllo, funzionari pubblici e chi più ne ha più ne metta. Un girone infernale di burocrazia che non impedisce a decine di migliaia di soggetti senza morale di accedere a risorse non dovute da parte delle stato. E così nella indifferenza generale può capitare che un allevatore 61enne di Palermo si finga invalido per 12 anni ricevendo la pensione e l’accompagnamento senza averne diritto, arrecando all’Inps un danno di 85mila euro. Il nostro eroe ha simulato l’inabilità lavorativa per infermità psichiatrica, per diabete, cardiopatia, poliartropatia, broncopatia, incontinenza urinaria e neoplasia al pancreas. Patologie che richiedono un’assistenza continuativa. L’uomo, che come Belfagor avrebbe ingannato la commissione dei periti, continuava invece a fare il contadino e guidava tranquillamente la propria automobile a spasso per le ridenti campagne sicule. E che nessuno pensi che si tratti di singolari iniziative figlie dell’improvvisazione. Le cronache di questi giorni ci raccontano di vere e proprie organizzazioni pronte a garantire i vantaggi di una pensione a chi non spetta.
Sempre a Palermo è stata scoperta una agenzia che forniva tutto il necessario: dai certificati, ai figuranti che accompagnavano gli aspiranti invalidi alle visite di accertamento. Una evoluzione delle banali agenzie di pratiche auto. Veri e propri specialisti della truffa pronti a garantire in cambio di denaro un servizio completo chiavi in mano. Si stima per difetto che il fenomeno che potrebbe coinvolgere fino a 100.000 persone, evidentemente disoneste, che per via della mole di controlli previsti necessiti di almeno 7-800mila complici fra avvocati, funzionari, medici e finti accompagnatori. Una vera e propria pandemia.
E in un paese ridotto così non fa nemmeno notizia la dichiarazione di
Lucia Maria Catena Amato, giudice del lavoro di Patti che ci ricorda con tono lapidario come “nella sola provincia di Messina vi siano 42 mila falsi invalidi civili, 20 mila per patologie di carattere psichiatrico, e 70 mila prestazioni economiche a carico dello Stato. E solo negli ultimi anni abbiamo notato ben 50 mila cartelle cliniche false” e prosegue
«Nel caso dei ricorsi presentati al Tribunale per ottenere l’invalidità che ho seguito, respingendone la maggior parte e inviando tutto alla Procura per ulteriori indagini è emerso che l’obiettivo di questi professionisti era l’ottenimento per i loro clienti di prestazioni economiche a carico dello Stato attraverso la presentazione di certificati falsi o documentazione parziale. Un caso che ho analizzato è emblematico. Si tratta di una persona che diceva di avere diverse patologie, e cercando di raggiungere un’invalidità massima ha fatto ricorso in tribunale. Tuttavia, il Ctu ha fatto analisi specifiche dalle quali è stato evidente che le patologie di natura cardiaca e ortopedica non erano tali da giustificare nemmeno quanto già accertato come invalidità, ma soprattutto che alle diagnosi non seguivano lastre o esami diagnostici. Gli aspetti più gravi emergevano dalle visite psichiatriche alle quali l’uomo si era sottoposto in ambulatorio. Tra una visita e l’altra venivano solo rilasciati certificati e ogni volta con un aggravamento della condizione del paziente. Non seguiva una terapia, un ricovero o una cura, c’era solo un’immediata diagnosi di aggravamento. Inoltre era stata citata una cartella clinica che da un controllo è emerso non fosse mai esistita. Auspico ci saranno altre inchieste per eliminare questo sistema marcio del mercato delle false certificazioni».

Parole che pesano come macigni e che ci consegnano una realtà che non lascia ulteriore spazio alla fantasia. Un paese dove fingere è normale per ottenere quanto non è dovuto non ha speranze. E dalla Sicilia dove Tutti fingono per tirare a campare ci arriva un altro messaggio desolante, al quale possiamo contrapporre l’inguaribile ottimismo di chi confida nel Consueto finale di ogni fiction che si rispetti: restiamo in trepida attesa del lieto fine.