FEDERALISMO & INDIPENDENZA | Approfondimento Politico

Istambul: Europa vicina, diritti lontani.

Qualche mese fa passeggiando per la centralissima via Istiklal verso piazza Taksim mi sono chiesto più volte (mescolato in una folla oceanica) se Istambul fosse una città europea o asiatica.  Un dilemma che mi affligge da tempo e al quale non so dare risposta.  Sono stato diverse volte in Turchia e ammetto di avere un debole per questa città.

La vecchia Costantinopoli resta un luogo dal fascino magnetico. Sospesa fisicamente tra oriente ed Occidente in quello che risulta ai visitatori come il più struggente miscuglio culturale e sociale del mondo. Un luogo dove per secoli hanno convissuto straordinari imprenditori liberali di formazione europea e antichi personaggi figli dei  retaggi  più ancestrali della cultura ottomana, di ispirazione chiaramente araba. A Istambul puoi trovare di tutto.

Pezzi d’Europa e pezzi d’Asia mirabilmente mescolati che possono coesistere apparentemente senza contraddizioni. Soprattutto però per quelli come me la Turchia e la propria capitale morale, sono sempre stati idealmente un esempio di paese islamico con un governo laico. Per decenni infatti le regole costituzionali fissate da Ataturk, il padre del modello democratico turco, hanno garantito governi apparentemente indenni da fanatismi classici dei partiti confessionali che spesso condizionano la politica in quella  parte di mondo. 
Più volte ci siamo chiesti se con quelle credenziali la Turchia potesse e entrare a far parte dell’Unione Europea e spesso ci siamo risposti di no. Ma proprio in questo periodo forse ne abbiamo avuta una delle prove più plastiche. 


Nei giorni scorsi proprio nelle vie del centro che amo frequentare si è tenuto un rudimentale esercizio di gay pride. Proprio lì, dove anni fa iniziarono i moti che per primi misero in discussione il modello di diritti e di democrazia in quel paese. Ovviamente da quando Erdogan governa questo grande stato  con maggioranze importanti il quadro e’ molto cambiato. Una pseudo (e piccola) sfilata era stata programmata da un gruppo di attivisti dei diritti degli omosessuali (mestiere non facile nel mondo arabo), ma è stata subito bandita dall’ufficio del governatore di Istanbul. Ciononostante la polizia ha permesso alle persone di riunirsi in una via laterale a quella principale perché si tenessero alcuni comizi. 
Da lì a poco e inspiegabilmente, La polizia anti-sommossa è però intervenuta sparando gas lacrimogeni per disperdere la folla. Era il quarto anno consecutivo che il Pride veniva proibito a Istambul dopo che per anni dal 2003 si era regolarmente tenuto fino al 2014, ultimo anno in cui non venne vietato. Sia chiaro: per quel poco che resta di civile e democratico in Turchia l’omosessualità non è illegale.

Non poco per un paese a maggioranza musulmana, ma troppo poco per giustificare il divieto ad una manifestazione pacifica a sostegno dei diritti.  Credo che questo apparentemente piccolo episodio segni un solco che difficilmente potrà essere colmato a breve fra le legittime aspirazioni europee dei turchi illuministi e la drammatica realtà oscurantista che popola le sterminate campagne dell’ex impero ottomano.

Istambul e’ diversa e lo dimostra il recente duplice voto per l’elezione di un sindaco avverso al potere di Erdogan, ma è ancora troppo poco per un paese che rischia sempre più di essere risucchiato in una deriva araba oscurantista e illiberale. Come può un paese che ambisce a definirsi europeo aver un governo che discrimina per sesso, razza o religione? E’ la negazione stessa dell’essere europei.

Tanto potrebbe bastare e a nulla valgono le giustificazioni di orientamento religioso. Il problema non può essere l’Islam, ma la errata  e liberticida lettura che la politica impone  ai dogmi religiosi.

Non mi sentirei più sicuro se a garantire i nostri diritti fosse qualche Cristiano di stampo medievale ahimè in alcuni casi tornati di moda anche dalla nostre parti.

Mi preoccupano, allo stesso modo, certi predicatori coranici estremi , quanto gli animatori di ridicole sceneggiate quali le cosiddette “sentinelle in piedi” di chiara ispirazione cristiana.

Quando si usa la religione per vietare la libertà si compie un delitto contro la civiltà. E ci si allontana dall’Europa.

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Imprenditore, classe 1968. Per 25 anni impegnato a vari livelli in politica sempre nelle fila della Lega Nord. Dal 1993 al 2002 è sindaco di Pomponesco (Mantova), nel 1996 entra a far parte del Direttivo regionale dell’Anci Lombardia. Nel biennio 1996-1997 Fava è presidente del Consorzio per la depurazione idrica casalasco-viadanese. Per molti anni e’ stato membro elettivo di Upl (Unione provincie lombarde). Dal 2002 al 2007 consigliere comunale a Pomponesco e dal 2009 al 2014 consigliere comunale a Sabbioneta. Dal 2015 al 2018 è stato consigliere comunale a Viadana (città dove attualmente vive). Dal 1997 al 2012 è stato consigliere della Provincia di Mantova e deputato al Parlamento in tre Legislature. Nella XV Legislatura è stato membro della Commissione Attività produttive; nella XVI è stato membro delle Commissioni Difesa, Attività produttive, Politiche dell’Unione europea, Affari sociali e della Commissione Bicamerale d’Inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, nonchè Presidente della Commissione Parlamentare d'inchiesta sulla Contraffazione. Nella XVII eletto di nuovo alla camera dei deputati ha rassegnato le dimissioni nel maggio 2013 per entrare a far parte della giunta regionale della Lombardia con Presidente Roberto Maroni come assessore all'agricoltura. Appassionato di politica, economia e di sport nel novembre 2018 ha scelto di abbandonare le cariche elettive e la politica attiva in campo istituzionale per dedicarsi alla propria attività imprenditoriale a tempo pieno.

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