Tranne la burocrazia e le opere pubbliche, in Italia tutto procede con grande velocità.
Nuovo governo, nuove alleanze, oggi nuovo partito (anzi nuova Casa, come dice Renzi).
Renzi, dopo aver riapparecchiato il tavolo di governo, ha avuto in cambio qualche briciola, quasi niente. Ma la vicenda gli ha permesso di tornare a riempire le prime pagine dei giornali e i titoli dei TG.
Preso atto della ingratitudine ma anche del ritorno a Canossa di vecchi rottami dell’estrema sinistra, credo che abbia fatto il seguente ragionamento.
Lla maggioranza che regge il governo Rosso con un po’ di Giallo in Senato è esigua: se prendo 10 dei “miei” senatori (lasciandone altri nelle trincee “nemiche” a fare da guastatori) tengo per gli attributi l’intero ambaradam governativo.
Potrò negoziare ogni voto, ma anche le circa 200 nomine in società, enti, autorità e in tutta la congerie di soggetti, spesso dannosi e ancor più spesso inutili, che comunque incidono sul potere reale in Patria, più dei sottosegretari (e forse di qualche ministro).
Il progetto sembra dividersi in due parti.
Intanto Renzi torna protagonista, riemerge dal silenzio mortale in cui lo avevano, o si era, relegato, e diventa arbitro del Conte bis.
Nella seconda parte mette in tavola una nuova offerta a valere dal 2023 in poi: un “soggetto politico/culturale/socioeconomico/eccetera” che occupi lo spazio di centro oggi poco presidiato.
Forza Italia sembra esausta: nessun ricambio a Berlusconi, colonnelli in libertà, messaggi rimasticati e proposti come una stanca litania cui sempre meno si prestano orecchi. Quasi tutto sembra presagirne la fine.
È lecito ritenere che la Casa di Renzi possa avere l’attenzione di più di un parlamentare di Forza Italia che potrebbe negoziare un passaggio.
Il PD rimane al palo nei sondaggi (quel poco che guadagna lo prende a LEU e a tutti i cespuglietti di cui la Sinistra è ricca), mentre risposta il suo progetto verso prospettive sinistre in ogni senso. Renzi e la sua corrente si sono tolti dai piedi, ma lasciano un ambientino di risse e pugnalate. Non per niente uno dei più vigorosi rappresentanti dei cattocomunisti di lunga lena, Dario Franceschini, vi naviga a suo agio, avvezzo ai corridoi e alla penombra. Insomma la sinistra radicale e radical chic resta un pentolone in eterna ebollizione e non si capisce come e quando potrebbe ritrovare la via del successo: è ancorata attorno al 20% dei consensi e si spera che rimanga tale finché non deciderà che cosa fare da grande.
Il M5S si è ormai sfaldato anche al proprio interno: almeno tre correnti che si fronteggiano in casa e consensi sempre meno incoraggianti. Per salvare il salvabile alle prossime regionali cerca il salvagente del PD: due naufraghi che sperano di raggiungere assieme la riva salvifica tanto per cominciare in Umbria e poi – se la zattera rimarrà a galla – nelle altre regioni. Lasciando stare insulti reciproci, rimane – che il loro elettorato non ci capisce più niente – che i loro progetti sono lontani anni luce.
Nella vita e quindi anche in politica, tutto è possibile, ma prevedere lunga vita a questo Minotauro mi sembra esercizio di eccessivo ottimismo.
Resta in campo FdI che registra una crescita costante e consolidata: le arrivano voti da F.I. e in generale da chi premia la coerenza senza clamori.
Resta in campo la Lega: i sondaggi registrano in questi giorni un recupero che la posiziona di nuovo attorno al 35%, che in Italia è merce rara.
Salvini è abile ma anche fortunato. Ritrovarsi con avversari come PD e M5S significa “vivere di prepotenza”, mi ricorda Piero Chiara che provo a citare nel suo giocoso gergo lombardo: “le cum picag a vun chel caga” (con scuse mie e sue per la volgarità dell’espressione che tuttavia rimane icastica).
I giornalisti dei grandi giornali e delle testate TV, “formatori” più che informatori, continuano a discettare di sovranismo, di pericoli per la democrazia, di razzismo, mentre gli elettori se ne infischiano: la distanza fra i paludati analisti e la pubblica opinione si allarga e Salvini ne trae il vantaggio che gli consente di tirare dritto sia fuori che dentro la Lega.
La rapidità dei cambiamenti rimane molto elevata. Quanto rimarrà di questo quadro lo vedremo nei prossimi 45 giorni: data del primo test reale, le regionali in Umbria. Se il centro destra a trazione Lega la conquista (dopo 70 anni di regno sinistro) continuerà a risplendere il Ssole della Alpi e a tramontare il rosso/giallo solo dell’avvenire. Ma se non lo fa?