FEDERALISMO & INDIPENDENZA | Approfondimento Politico

Lorenzo Fontana non è Giovanna D’Arco

Il siluramento di Lorenzo Fontana dall’incarico di segretario della Liga Veneta è l’ultimo atto dell’eterna faida che nella Lega (non più nord) divide il Veneto dalla Lombardia? Per provare a rispondere analizziamo la biografia dell’ormai ex dominus della Lega in Veneto.

La storia comincia diversi anni fa, in un ente partecipato, la fiera di Verona, ove un giovane laureato in discipline umanistiche svolge l’attività che gli consente di mettere in pratica le competenze acquisite in anni di studio: ovverosia risponde al telefono nella sezione “archivio & fotocopie”. Questo giovanotto, che altri non è se non il futuro segretario della Liga, però ha una importante qualità: è nella scia di un astro nascente della Lega Nord, quel Flavio Tosi che nel 2007 lascia l’importantissimo incarico di assessore alla sanità in Veneto per candidarsi sindaco a Verona. Fontana, che ha sempre fatto parte dell’entourage di Tosi, si candida alle elezioni amministrative del 2007 e viene eletto consigliere comunale con 396 voti. Ma è solo l’inizio. In quegli anni Tosi è un emergente all’interno della Lega, che punta a scalare il partito. E per scalare un partito occorre piazzare i propri uomini nei ruoli che contano. Così al consigliere comunale Fontana viene chiesto di candidarsi al parlamento Europeo, e col traino di Tosi che praticamente gli fa la campagna elettorale, con 51.971 voti entra al parlamento Europeo come primo dei non eletti dietro a Bossi. Lì si trova ad aver compagno di banco un giovanotto noto alle cronache per la sua proposta di riservare delle carrozze per i soli autoctoni sulla metropolitana milanese, che risponde al nome di Matteo Salvini.

Gli anni al parlamento Europeo sono fondamentali per Lorenzo Fontana. Aderente al motto “lontano dagli occhi, lontano dal cuore”, tra le brume di Bruxelles si consuma il distacco con Tosi, che in quegli anni sembra interessato a ritagliarsi uno spazio autonomo dalla lega a livello nazionale, e si consolida il rapporto con Salvini, nel frattempo diventato segretario della Lega dopo le tormentate vicende della fine dell’era Bossi e dell’interregno di Maroni. Fontana si vanta di esser stato l’ispiratore della svolta sovranista, nazionalista e identitaria impressa alla lega da Salvini, il quale ha finito per archiviare la storica lega nord federalista e libertaria. Durante la sua permanenza a Bruxelles Fontana si occupa di molte cose, dal trovar moglie, al tesser rapporti con tutti i partiti fuffa possibili e immaginabili presenti nel continente europeo, al diventar uomo fidato nel nuovo dominus della lega Matteo Salvini. Attività queste che lo tengono molto impegnato al punto tale che non riesce a ritagliarsi nemmeno un attimo di tempo per portare a Verona un solo euro di finanziamenti europei con la tanto vituperata attività di lobbing. Ma si sa, sono gli anni nei quali la lega si accredita come partito di popolo, e il popolo non fa lobbing. Arrivano le elezioni europee del 2014, il vento del sovranismo soffia forte, tant’è che la lista della lega si chiama “BASTA €URO”. Il distacco di fontana dal suo ormai ex mentore Tosi è compiuto e i rapporti fra i due sono limitati al minimo indispensabile. Al sindaco di Verona in quegli anni immediatamente precedenti alla rottura con la lega di Salvini si imputano un sacco di nequizie, tipo “aver portato i fascisti in lega”, accusa un po’ strana se pensiamo che venne portata da chi poi sarebbe andato in piazza o a tavola con Forza Nuova o Casa Pound, ma tant’è.

Fontana senza i voti di Tosi fatica un po’, le preferenze raccolte sono solo 27.240 questa volta, ma le dimissioni dei capolista Salvini e Tosi lo proiettano al suo secondo mandato al parlamento europeo. In occasione delle elezioni regionali del 2015 la rottura tra Tosi e la lega è irreversibile, ma Fontana a quel punto è l’uomo forte di Salvini nel Veneto. Non c’è decisione a Verona che non passi da lui, perché come disse un importante esponente locale del partito “Salvini ascolta lui”. Arriva il 2017, Tosi dopo due mandati non può ricandidarsi sindaco e propone la compagna Patrizia Bisinella, mentre il CDX cittadino sembra in difficoltà a selezionare un competitor adeguato. La lega scende in piazza con Paolo Tosato, già apprezzato assessore nella giunta Tosi 1 ed in possesso di una solida esperienza amministrativa nonché molto amato dalla base del movimento. Parla già da candidato e sembra avere la lista degli assessori pronta, ma Fontana chiude un accordo con un movimento civico composto di ex amministratori della prima giunta Tosi: “Battiti per Verona”. Tosato, come Garibaldi, deve dire “obbedisco” e fare un passo indietro. Il leader di “Battiti”, Federico Sboarina, diventa sindaco e il risultato è che la giunta tenuta a battesimo da Fontana è una delle più inconcludenti che Verona abbia mai avuto almeno dai tempi di San Zeno. Ultimo smacco in ordine di tempo di una lista assai lunga: la bocciatura di Verona a città capitale della cultura. Arrivano le elezioni regionali di quest’anno e trovano Fontana, che nel frattempo è stato per qualche mese ministro senza portafoglio per la famiglia nel primo governo eletto dal popolo della storia della repubblica, ai vertici del partito: vicesegretario della Lega e segretario della Liga Veneta. Ma in Veneto per il partito tira una brutta aria. La sensazione è che Zaia, con la sua esposizione mediatica e l’efficacia delle azioni intraprese per il contrasto alla pandemia di Covid, possa fare il pieno di voti a scapito del movimento che pare un po’ con il fiato corto in termini di consensi, dopo i fasti dell’estate del Papeete. Così Fontana, ligio al suo ruolo di proconsole di Salvini, spedisce una lettera a tutti i 400 segretari di sezione del Veneto ingiungendo loro di far votare la lista della Lega Salvini piuttosto che la lista del governatore. Risultato: i veneti usano le lettere di Fontana per incartocciarci il pane (e per altri fini meno nobili), la lista Zaia vola al 44,6% dei consensi e la Lega si ferma il 16,9%. Nemmeno la metà. Nonostante le dichiarazioni di rito, per il partito è uno smacco. Arriviamo così ad oggi e al siluramento di Fontana, con la motivazione ufficiale di potersi dedicare a tempo pieno al ruolo di coordinatore del dipartimento delle politiche della famiglia. E magari anche a quello di allevatore di unicorni, per chi ci vuol credere. Forse la sua repentina rimozione è conseguenza dello smacco per le lettere di richiamo inascoltate? Ma allora qualcosa non torna. I colonnelli della lega alla notizia della rimozione di Fontana sono insorti, dichiarando bellicosamente che questa volta il Veneto non subirà diktat dalla Lombardia. Ma non si capisce perché lo stato maggiore della lega in Veneto dovrebbe stracciarsi le vesti per il fatto che Salvini abbia silurato un nominato da Salvini.

Fontana infatti è diventato segretario della Liga con un unico voto, un SMS di Salvini, e non certo tramite un congresso. Quale sarebbe l’identità politica da difendere difendendo Fontana, il quale tra l’altro solo poche settimane fa richiamava il movimento all’ordine con diktat di voto pro lega? In un movimento dove sono anni che non si fanno congressi per poter imporre le linee decise dalla segreteria pare un argomento pretestuoso. Non è che piuttosto Fontana avendo un grande talento nell’anticipare i tempi, abbia intuito che il salvinismo si sia logorato e stia cercando sponde verso il doge Zaia? Allora avrebbero più senso sia la sua rimozione, sia la rivolta (per ora solo mediatica) dei colonnelli, dato che questa non andrebbe a “coprire” un ex fedelissimo di Salvini ma sarebbe piuttosto una presa di distanza dalla direzione salviniana. E torniamo sempre da dove siamo partiti: la “normalizzazione” che è stata imposta al movimento per far trangugiare agli iscritti e sostenitori le virate nazionaliste, ad opera di “uomini per tutte le stagioni” dai quali Fontana faceva parte a tutti gli effetti. Da Venezia può partire una scossa? Staremo a vedere.

Luca Comper
Architetto, appassionato di troppe cose da poterle riassumere nello spazio di una schermata del PC, ma in particolare di arte, politica e storia. Ha lo stesso rapporto con il giornalismo di quello che ha uno scafista con la marineria. Indipendentista to the core, il suo motto è "Ho costruito la mia causa in abuso edilizio"

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