Quanti danni alla scienza, signori miei, l’idea di “CTS”. Anni spesi dagli scienziati ad avvisarci che il principio di autorità non vale niente, che i dati devono essere pubblici e che bisogna fare revisione paritaria e analizzare i dati e, ora, si spaccia per scienza un comitato che prende le sue decisioni in segreto carbonaro, sulla base (si spera) di dati che non vengono resi noti, già tanto se i verbali non sono secretati, e per principio di autorità.
Se chiedi di vedere i dati sei un negazionista, disfattista e anche un po’ stronzo.
Parliamo, dunque, di una delle misure che il governo Draghi ha introdotto nelle zone rosse: la chiusura dei parrucchieri.
Se le misure anti-Covid fossero scientifiche starebbe al CTS provare che la chiusura dei parrucchieri e dei barbieri è effettivamente utile a contenere il contagio, ma siccome il metodo scientifico è ora stato sostituito dall'”ascoltate il governo e nessuno si farà male”, sta a me mostrarvi la reale evidenza scientifica che c’è oggi.
Ebbene, lo studio “maestro”, usato anche dal CDC americano per le proprie raccomandazioni è nettamente in contrasto con ciò che ha deciso il governo italiano e, per di più, tratta di un caso reale, di un salone con un parrucchiere che ha lavorato con sintomi respiratori per ben 8 giorni prima di scoprire di essere positivo al COVID-19 e di un suo collega, scopertosi positivo dopo 10 giorni.
In totale ben 139 clienti sono stati serviti dai due parrucchieri. Quanti contagi?
ZERO.
Il segreto? Seguire le misure di sicurezza.
Il salone seguiva le indicazioni delle autorità sanitarie e chiedeva sia ai clienti che agli operatori di indossare la mascherina, riducendo la capacità del negozio e aumentando la pulizia.
Tali misure sono paragonabili alle indicazioni italiane, forse meno severe (qui l’indicazione è di non far entrare accompagnatori), e sono state sufficienti a evitare casi di COVID-19 in quello che, altrimenti, poteva divenire un focolaio niente male.
Certezza dell’assenza di contagio? Certo che no, ma la probabilità è quantomeno trascurabile. Addirittura, nell’eterna saga di “unintended consequences” che è la gestione pandemica in Italia c’è il rischio che tale chiusura si traduca in un fiorire dei barbieri a domicilio, senza alcuna garanzia che tali misure di sicurezza vengano effettivamente rispettate.
Ma, se finisse al TG che un barbiere a domicilio ha creato un focolaio non prendetevela con chi vuole solo lavorare e non attendere i miseri ristori, pardon, sostegni ma con chi, contro ogni evidenza scientifica, ha vietato loro di lavorare nel luogo più sicuro: la loro bottega.