Dunque Claudio Durigon; si è dimesso.
Tre considerazioni:
1) Una interna alla “Lega per Salvini Premier”: nel 2018 Claudio Durigon ha portato in dono a Salvini (più che alla Lega) gran parte del sindacato UGL, oltreché una indubbia competenza ed esperienza del macrocosmo variegato e opaco mondo sindacale italiano. La Lega Nord non ha una buona storia in materia sindacale. Chi ha memoria ricorderà la poco brillante vicenda del SAL fondato nel 1990 da Antonio Magri, diventato poi Sin.Pa. (Sindacato Padano) a guida della ineffabile Rosy Mauro e morto, ammesso che sia mai stato vivo, in data imprecisata fra 2012 e 2014. Il dono di Durigon fu ampiamente ripagato da Salvini che ne favorì l’ascesa, pur fra qualche mugugno che si levava da leghisti ”pesanti”. Durigon conosce bene il suo mestiere, ha elaborato il dossier Lega su “quota cento” e più in generale è il referente prioritario di Salvini in materia sindacale e del lavoro. La sua uscita, politica e non sindacale, volta a reintestare ad Arnaldo Mussolini il parco pubblico di Latina intestato ora a Falcone e Borsellino, lo ha reso politicamente vulnerabile sia agli attacchi esterni, sia a quelli interni alla Lega per Salvini premier. La vicenda si è conclusa ieri con le sue dimissioni. Ma nelle recenti “uscite” di Durigon ci sono altri intoppi: per esempio quello di pochi mesi fa: “quello che indaga della Guardia di Finanza, il generale…lo abbiamo messo noi”: un bel tacer non fu mai scritto, dice il proverbio, davvero appropriato a Claudio Durigon. Il suo futuro politico è nelle mani di Salvini, come peraltro quello di gran parte dei leghisti dentro e fuori dal governo, dentro e fuori dalle istituzioni, dentro allo stesso partito.
2) Una esterna alla “Lega per Salvini premier”: Durigon è colpevole di una dichiarazione, per avventata che sia, del tutto marginale e solo declamatoria. Ha espresso una opinione personale che neanche sfiora i reali problemi del Paese e le loro soluzioni. Neanche pare un personale indicatore ideologico: non risulta che Durigon abbia nostalgie di regime. A fronte della sua declamazione ci sono i comportamenti concreti di altri membri del Governo ben più incidenti sulla vita reale del Paese. Per esempio quello del ministro Lamorgese: fa più danni agli italiani la sua discutibile gestione del ministero degli interni o la gaffe politico/ideologica di Durigon? Rave, ordine pubblico, immigrazione, nuocciono meno della declamazione di Durigon o nuocciono molto di più? Il discorso su competenze, decisioni e comportamenti riguarda altri ministri e sottosegretari del governo Draghi sui quali neanche c’è una pur minima attenzione, meno che mai critica.
3) Una culturale: a prescindere dalle dichiarazioni del M5S, la cui sgangherata ideologia consente ogni genere di funambolismo, la Sinistra e Letta sono insorti a difesa verbale dei due simboli dell’Antimafia (osteggiati nella loro meritoria azione proprio dalle sinistre dell’epoca: basta leggere le cronache!), ma soprattutto col furore ideologico e monoculturale che li distingue a difesa del mito comunista della “Liberazione” che da sempre impedisce a chiunque una lettura storica veritiera sulle penose vicende di quella che fu una vera guerra civile presente in Italia dalla fine del 1943 all’aprile 1945 e ai suoi appena successivi epigoni di omicidi e persecuzioni dei vinti: ogni accenno che pur vagamente lambisca la loro narrazione sulle vicende del regime e del posto regime come le raccontano loro è una eresia che condanna al rogo l’eretico. L’episodio Durigon in sé marginale, serve a blindare l’apologia del PCI e del suo pargolo prediletto: l’ANPI. Chi tocca i fili della epopea della Liberazione deve morire.
In conclusione: personalmente trovo molto più meritevoli Falcone e Borsellino di essere ricordati al posto di Arnaldo Mussolini, perché rappresentano l’Italia viva dei nostri giorni e il coraggio di chi combatte una dura battaglia in cui crede. Quindi non tanto in spregio di Arnaldo Mussolini che la storia ci tramanda come uomo più mite e ragionevole del fratello Benito (cosa non difficile), fra l’altro buon mediatore col Vaticano e fondatore del Comitato Forestale Nazionale, primo ente di diritto pubblico a occuparsi di ecologia. Al di là dei furori ideologici della sinistra, non c’è dubbio che gli eventuali meriti di Arnaldo Mussolini siano diluiti in un remoto passato che ha fatto danni a non finire: niente parco a Latina, anche se viene da chiedersi da quando e per quali ragioni tale parco portasse il suo nome.
Sempre personalmente trovo molto dannoso e da condannare una volta per tutte l’oltranzismo e l’arroganza culturale dei predicatori e dei politici di sinistra che continuano a rifiutarsi di fare i conti con la verità storica, con le responsabilità equamente distribuite, dei reciproci orrori avvenuti durante la guerra civile del 43/45 e delle loro malefatte a ridosso del 25 aprile 1945. Altro che parco di Latina!