Così negli anni ’70 si concludevano le nostre giornate. Era la voce del parroco a scandire la moratoria quotidiana dei giochi e a ricordarci che si doveva tornare a casa. Alle nostre famiglie, alla realtà quotidiana, Più o meno felice di ognuno di noi. Era una voce metallica che risuonava severa in un megafono collegato agli altoparlanti. La tecnologia era quello che era, ma il messaggio era efficace e non ammetteva interpretazioni diverse dal copione. Queste parole sono risuonate nelle mie orecchie quarant’anni dopo questo pomeriggio. Per un attimo ho sognato, ho sognato che ero il povero Salvini al quale non venivano concessi altri appelli. Il pomeriggio spensierato e divertente si interrompeva improvvisamente. Non che non ci fossero state avvisaglie della cosa. Il sole cala molto prima d’autunno e le prime ombre della sera si captavano ormai da tempo. Ma solo quando arrivava il laconico messaggio del parroco realmente sull’oratorio piombava cupa la minaccia del giorno spensierato che si concludeva. E stavolta il prete di campagna dei miei ricordi ha assunto le sembianze di una grossa fetta di elettorato che ha chiuso prima del previsto un’esperienza inutile forse durata anche troppo. Gli elettori hanno decretato con forza la fine del “salvinismo”. Il cosiddetto “salvinismo” è stato quel fenomeno in virtù del quale l’ormai non più giovanissimo leader di se stesso, come un novello Re Mida trasformava in oro tutto ciò che toccava. E così è successo che negli ultimi anni molti inutili idioti (solo in quanto “salviniani” o “salvinisti”, che dir si voglia) siano stati trasformati in novelli statisti.
Bastava in tocco sulla spalla o più prosaicamente un selfie col giovanotto milanese per trasformare delle perfette nullità in sindaci, assessori, parlamentari, consiglieri o presidenti, senza che nessuno di costoro avesse minimante nemmeno idea di cosa si apprestassero a fare e senza nemmeno che nessuno di costoro dovesse raccontare di aver dimostrato alcunché nelle proprie inutili esistenze. Ebbene qui sta la grande differenza. Oggi non bastano più nemmeno i candidati credibili. Se è vero come è vero che sono stato maciullati candidati seri e preparati come quelli di Torino o di Varese. Gente preparata e motivata che ha fatto i conti con un elemento di novità (che in realtà non è proprio nuovissimo): il tocco di Salvini funziona al contrario. Re Mida non trasforma più in oro. Anzi. Distrugge anche quel poco che luccica di proprio. La gente non ha votato contro i suoi candidati. Bensì ha votato proprio contro lui. Quello che sembrava impossibile solo un paio d’anni fa oggi è drammatica realtà. E quindi cosa fare per cambiare le cose? Semplice! Nell’ordine basta dare la colpa alla magistratura, alla Lamorgese, ai giornalisti e per ultimo ai cittadini che non hanno capito. E il gioco è fatto. Anzi no! Bisogna rilanciare. E allora via con le proposte. Faremo i congressi della Lega Salvini Premier! Adesso? Premier di cosa? E perché? Non sono mai serviti quando le cose andavano bene. Perché dovrebbero servire adesso? Per dar la parola alla “ggente”! Alle categorie! Per ascoltare!
Semplice, ammettendo implicitamente che prima ascoltare potesse non servire. Che prima i parametri fossero definiti dagli algoritmi della rete e dalle urla sguaiate di qualche perfetto imbecille figlio delle peggiori pulsioni della stessa rete e dei suoi frequentatori seriali. Prima non serviva ascoltare il grido di allarme che veniva da un Nord abbandonato e privo di rappresentanza politica ? Un universo di persone semplici e per bene che avevano bisogno
Solo di essere rappresentate da qualcuno che ha preferito inseguire il lucroso e facile consenso dei vari no vax, No euro, no Tav, terrapiattisti misti ad anti abortisti, proibizionisti e negazionisti di ogni sorta. Tutto ciò che non serve ad un popolo stremato ed impaurito. Tutto ciò che oggi vorrebbe vedersi cancellato con un colpo di spugna lanciando inutili proclami nuovi. Parlando di ascolto e di categorie. Rendendo il contesto ancor più buffo e meno credibile. E sullo sfondo il tutto è scandito dal metallico messaggio un po’ roco di chi crede che sia stato concesso sufficiente tempo al gioco e allo svago. A chi crede sia ora di tornare a fare le cose serie che la vita ci impone. Alle scelte economiche, ai corretti rapporti internazionali, alla lotta quotidiana per la libertà. Insomma le cose che contano realmente nella vita. E quella voce in modo secco ci ricorda che “l’oratorio chiude (aggiungerei caro Salvini). Consegnare i palloni!”