Gli italiani sono abituati da decenni al caffè di prima mattina e allo sciopero appena dopo. Tanto più se fatto di venerdì o di lunedì lo sciopero ottiene un duplice risultato: dare voce alle esigenze degli scioperanti ed allungare il fine settimana.
Normalmente ne segue l’interruzione dei trasporti pubblici e privati, il blocco di strade e autostrade, cosicché alla fine tutti gli italiani, scioperanti e non, fanno festa, magari qualcuno poco volentieri.
CGIL e UIL hanno indetto uno sciopero generale che si terrà oggi 16 dicembre.
I temi rivendicativi rappresentano una ampia revisione della “manovra” che il Governo ha presentato al Parlamento per ottenerne la approvazione.
Il bombardiere Bombardieri (nomina numina ferunt!), segretario della UIL, sostenuto dal vetero comunista Landini, segretario della CGIL, ci ha aggiunto la richiesta di tutela dei mitici “navigator”: 2.500 giovanotti (maschi e femmine) che in due anni hanno creato 432 posti di lavoro. Questa è una bella storia di politica e di sindacalismo all’italiana: il ministro Di Maio (col voto favorevole della Lega per Salvini premier) ne aveva assunti 3.000 a un costo di € 30.000/anno cadauno (stipendio + rimborso spese forfettario) quindi per € 180.000,000 in 2 anni. Il calcolo è presto fatto e ce lo ha insegnato Pitagora 2.500 anni fa: ogni posto di lavoro reperito dai navigator è costato agli italiani oltre € 410.000.=. I giovanotti in questione, ignorati nella manovra finanziaria, sono rientrati dalla finestra con un bel gioco da circo equestre: abolizione dell’ANPAL, l’Agenzia Nazionale Politiche Attive del Lavoro creata da Renzi nel 2015, che nella sua breve vita ha avuta l’unica caratteristica dell’araba fenice: che ci sia ognun lo dice dove sia nessun lo sa. Ma soprattutto nessuno sa a che cosa è servita. Conseguente affidamento alle Regioni del collocamento dei navigator, che quindi da collocatori di nuovi occupati, sono diventati oggetto di collocamento.
Se ne può dedurre che i sindacati italiani dei lavoratori giocano a tutto campo dall’economia alla politica, senza tuttavia assumersi alcuna responsabilità degli esiti che il loro gioco crea.
Il sistema politico ha delegato ai sindacati la rappresentanza anche dei non iscritti cosicché ogni lavoratore, iscritto o non iscritto, ha l’obbligo di adeguarsi ai contratti collettivi di lavoro “erga omnes”.
Per rinfrescare la comune memoria va ricordato che il contratto collettivo Erga Omnes nacque in epoca fascista (ordinamento corporativo, leggi 563/26 e 163/34) ed è stato recepito senza variazioni nell’ordinamento repubblicano e utilizzato dagli antifascisti: come la pecunia anche la lex non olet.
Infine molta perplessità suscitano alcuni aspetti che caratterizzano i sindacati italiani dei lavoratori:
– L’ampliamento autodeterminato delle proprie competenze, da legittimi rappresentanti di interesse dei loro iscritti a soggetto autolegittimato a decisore normativo in materie estranee al proprio ruolo.
– La funzione politica dei sindacati: segue due filoni. L’autonomia del sindacato dai partiti, oppure la loro funzione di “cinghia di trasmissione” con i partiti (Lenin). La CGIL ha adottato la formula leninista fin dal 1945, provocando la rottura sindacale del 1948 (attentato a Togliatti) da cui nacquero la CISL e successivamente la UIL. Ne sono derivati gli scioperi a favore “dell’eroico popolo del Vietnam”, a favore del mitico Allende, contro la NATO e così via per decenni. Il sindacato ha svolto la funzione leninista di ”cinghia di trasmissione” con l’allora partito di riferimento il PCI. Con quale partito oggi? Il PD fa il pesce in barile, il Manifesto comunica ai suoi 125 lettori la opportunità dello sciopero che rappresenta l’unica via per dare voce a una parte dei lavoratori di cui la manovra governativa non tiene conto.
– Le fonti di finanziamento dirette (i “contratti” con INPS”, le concessioni ai CAF, le attività di impresa e di cooperazione a capo dei sindacati) e indirette (i distacchi sindacali). Il numero dei sindacalisti in distacco sindacale nella pubblica amministrazione è stato oggetto di recente revisione critica ma senza notevoli conseguenze pratiche. Queste migliaia di distacchi sono pagati da tutti i cittadini, da chi ha interesse e da chi non ha interesse alla attività dei sindacalisti, persino dalle controparti.
– Le migrazioni da sindacato a politica che si contano a centinaia e con enorme prevalenza da sindacati a partiti della sinistra politica.
– Le modalità degli scioperi che dovrebbero trovare limiti nella lesione dei diritti altrui e che invece nella pratica proprio quei diritti vanno a ledere, con la rassegnazione dei soggetti lesi la tolleranza del sistema, il sostegno implicito o esplicito dei “sinistri” più convinti.
In conclusione: la presenza dei sindacati in uno stato democratico è più che opportuna addirittura necessaria, come quella di tutti gli altri “corpi intermedi” di rappresentanza. I limiti di queste presenze, del loro potere di interdizione, delle relative responsabilità, della loro trasparenza, prima o poi andranno definiti e fatti rispettare senza indulgere in considerazioni di “eccezionalità” di natura ideologica come è stato finora nei confronti dei sindacati dei lavoratori. I quali, peraltro, pagano le proprie ambiguità e i propri privilegi con adesioni (tesserati) in costante calo: traggono sempre più diritto di rappresentanza da concessioni politiche e governative che da capacità proprie di rappresentatività. Così come sono sembrano un relitto di passate epoche storiche più che un presidio di attuali esigenze in materia di lavoro e occupazione.