FEDERALISMO & INDIPENDENZA | Approfondimento Politico

La Lega muore al Nord e nasce al Sud

Lo so sembra incredibile ma i fatti parlano chiaro. E’ stato necessario che Salvini uccidesse la Lega Nord per far e in modo che qualcosa di speculare (in negativo) nascesse a sud. E non è certo il suo tentativo abortito di esportare la sbiadita e caricaturale idea sovranista nel meridione ad aver avuto la meglio. Anzi, al contrario a beneficiarne è staro un altro movimento nato a Nord ma più abile nello sfruttare le debolezze congenite del sud: il Movimento 5 Stelle. Ebbene sì, i sondaggi parlano chiaro e ci dicono che Conte e la sua banda saranno a sorpresa (fino a un certo punto) il primo partito del mezzogiorno. Quasi un quarto degli elettori delle regioni meridionali e delle isole paiono seriamente convinti del messaggio dell’avvocato del Popolo: diritti, diritti, diritti e Stato!

La novella pentastellata ha fatto definitivamente breccia in un elettorato che sognava di sentirsi dire che in fin dei conti lavorare, studiare, impegnarsi e faticare non serve. Che “uno vale uno” ( quella scemenza che ha fatto sì che personaggi del calibro di Toninelli o Taverna siamo arrivati ai vertici delle istituzioni del paese). Che in fin dei conti ci pensa lo Stato a garantire la tua sopravvivenza. Messaggio molto apprezzato in un contesto dove ormai la percentuale di cittadini elettori a carico del sistema supera ampiamente quella di chi produce e paga le tasse.

Messaggio ovviamente più efficace a quelle latitudini dove la tendenza di cui sopra risulta accentuata, a tratti esasperata. E allora contrariamente alle previsioni dei politologi nel Sud Italia non prevale la Meloni col proprio partito da sempre centralista, statalista e meridionalista come tutti si aspettavano, ma coloro che hanno garantito lo status quo. Qualcuno potrebbe obbiettare che questo è accaduto proprio a causa del fatto che lo stesso giorno in cui l’ineffabile avv. Conte sbarcava a Napoli per dare il via alla propria campagna elettorale, Giorgia Meloni abbia annunciato che in caso di vittoria avrebbe cancellato il reddito di cittadinanza. E’ bastato davvero così poco (ammesso che sia poco)? Non lo so dire con certezza. Ma di certo c’è stato un travaso significativo di voti che da destra sono transitati direttamente agli agonizzanti 5 stelle ridando loro nuova vita. Così, come spesso è successo al Sud, in maniera post ideologica, verso chi da più garanzie di mantenimento di pochi miserabili privilegi.
Ma il dato più significativo dal mio punto di vista va rilevato nelle ragioni della novità di questa dinamica. Perché oggi è potuto accadere e non 20 o 30 anni fa? La risposta è semplice: perché prima c’era la Lega Nord. E credo di poterlo dimostrare.

Quello che fu il più glorioso esempio di sindacato territoriale nella storia politica della penisola è sempre servito da termine di paragone ( sia in positivo che in negativo) al resto del paese. Per anni ho sentito parlare dai cittadini meridionali (meno dalla politica meridionale) del modello Lega Nord. Fatto di buona ed efficace amministrazione, di entusiasti militanti e di appassionati giovani. Un modello di efficenza e dedizione che spesso ha fatto da contraltare alla classe politica meridionale che al contrario non ha mai dato la sensazione ai propri cittadini di operare seriamente per il bene comune. Un modello rispettato anche da chi nelle urne sceglieva poi altro, ma che ne riconosceva comunque l’utilità è l’esempio positivo. Oggi tutto questo non c’è più e chi ha sempre prediletto un modello alternativo, cialtronesco e disinvolto non ha più termini di paragone. In sostanza abbiamo legittimato uno schema del tutto libero da remore morali. Uno schema che sempre più somiglia a quella splendida caricatura di Antonio Albanese che porta il nome di “Cetto Laqualunque”.

Una politica fatta di promesse insostenibili a tratti sguaiate ad un elettorato che quasi le pretende e che risponde con giubilo all’appello. In fin dei conti basta dire che le tasse non si pagano, che per vivere non bisogna lavorare, che le pensioni arriveranno molto presto e saranno sempre più ricche, che l’energia sarà garantita dal sole e dal vento e che i rifiuti che produciamo non avranno più bisogno di essere trattati in inutili e fastidiosi impianti, ma che li porteremo tutti in Germania. Già, basta poco per trovare il consenso. Basta dire in sostanza che le cose andranno avanti così ancora per un pezzo. E tutto questo è possibile farlo senza nascondersi perché non esiste più nessuno che dica il contrario.

Perché appunto non esiste un movimento, prima di opinione che politico, che ci ricordi che tutto questo è sbagliato. Che andremo presto a schiantare e che invocheremo la Trojka europea a breve come se fossimo una Grecia qualunque. Nessuno appunto che somigli nemmeno lontanamente a quella che è stata la Lega Nord e la sua funzione principale. E poi qualcuno si chiederà anche perché alla fine di tutto ciò i cittadini perbene di questo paese non sappiano ancora se è per chi andare a votare.

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Imprenditore, classe 1968. Per 25 anni impegnato a vari livelli in politica sempre nelle fila della Lega Nord. Dal 1993 al 2002 è sindaco di Pomponesco (Mantova), nel 1996 entra a far parte del Direttivo regionale dell’Anci Lombardia. Nel biennio 1996-1997 Fava è presidente del Consorzio per la depurazione idrica casalasco-viadanese. Per molti anni e’ stato membro elettivo di Upl (Unione provincie lombarde). Dal 2002 al 2007 consigliere comunale a Pomponesco e dal 2009 al 2014 consigliere comunale a Sabbioneta. Dal 2015 al 2018 è stato consigliere comunale a Viadana (città dove attualmente vive). Dal 1997 al 2012 è stato consigliere della Provincia di Mantova e deputato al Parlamento in tre Legislature. Nella XV Legislatura è stato membro della Commissione Attività produttive; nella XVI è stato membro delle Commissioni Difesa, Attività produttive, Politiche dell’Unione europea, Affari sociali e della Commissione Bicamerale d’Inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, nonchè Presidente della Commissione Parlamentare d'inchiesta sulla Contraffazione. Nella XVII eletto di nuovo alla camera dei deputati ha rassegnato le dimissioni nel maggio 2013 per entrare a far parte della giunta regionale della Lombardia con Presidente Roberto Maroni come assessore all'agricoltura. Appassionato di politica, economia e di sport nel novembre 2018 ha scelto di abbandonare le cariche elettive e la politica attiva in campo istituzionale per dedicarsi alla propria attività imprenditoriale a tempo pieno.

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