FEDERALISMO & INDIPENDENZA | Approfondimento Politico

Cento anni di Gran Milano. Ma oggi staremmo meglio senza

Cent’anni fa nasceva la Grande Milano: undici comuni, alcuni figli di varie annessioni precedenti, perdono l’autonomia amministrativa e diventano quartieri del capoluogo lombardo.

Non si può negare che tale unificazione abbia avuto vari effetti positivi sui comuni annessi, ossia Affori, Baggio, Chiaravalle Milanese, Crescenzago, Gorlaprecotto, Greco Milanese, Lambrate, Musocco, Niguarda, Trenno e Vigentino, in termini economici e infrastrutturali: specie in Italia ho molti dubbi che la metropolitana, giusto per dirne una, sarebbe stata realmente fattibile con dodici comuni invece di uno, ma anche l’essere Milano ha sicuramente dato più opportunità in vari campi, dall’edilizia ai servizi, a tali comuni.

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SamFan2. Licenza CC BY-SA 4.0

Questa Grande Milano, comunque, ha anche fortemente influito sullo spirito milanese: se prima Milano provava sempre a proiettare potere, culturalmente e non solo, verso le città vicine oggi tende a guardare quasi solo al proprio orticello, trattando con sospetto anche Sesto San Giovanni!

Ciò ha portato, a mio parere, ad una città molto più provinciale, seppur inconsapevolmente, che si crede europea pur essendo italiana, seppur imbellettata. Il più palese segno di ciò? La campagna YesMilano, che mette insieme una parola inglese al nome della città… In italiano. Nonostante nella lingua di Milano si dica, esattamente come in inglese o in francese (chissà perché!) Milan.

Ma almeno, se questa nuova milanesità fosse positiva potremmo ben tollerarne i lati negativi. Il problema è che da anni non lo è più…

Infatti, il comune di Milano non è molto interessato alle periferie. Ancor peggio, non ne conosce le problematiche ma pretende di parlarne e risolverle.

Ancora ancora peggio, il decentramento amministrativo non funziona: il comune mantiene competenze chiaramente decentrabili, è fondati su Municipi tagliati giù col falcetto (l’esempio classico che mi piace citare è come i Municipi 6 e 7 siano genericamente divisi da Viale Legioni Romane, ma c’è un taglietto poiché la sede del Municipio 6 sennò sarebbe nel 7, una roba da Bantustan) e non è sentito dalla popolazione, che sicuramente non si sente “municipioterzese” o simili. Ma temo che la lontananza dalla politica municipale non derivi da questioni identitarie quanto dalla banale incapacità dei municipi di risolvere qualsiasi cosa, visto che il comune glielo impedisce.

Prendiamo ad esempio la crociata anti auto tanto cara alla giunta milanese. Potrà funzionare negli 8 km² di Area C? Non lo metto in dubbio! È un’area ampiamente collegata con i mezzi pubblici, navigabile a piedi e solitamente vivibile con la micromobilità. Ha senso nei 180 e passa km² della Gran Milano? No, assolutamente no.

Perché, va detto, per quanto il TPL milanese sia genericamente buono, specie in orari da ufficio, è ancora ben lontano dal permettere al cittadino delle periferie medio di rinunciare all’auto, anche perché alcune zone periferiche sono collegate meglio, in termini economici e sociali, con comuni limitrofi che con il centro della città. E appena si va fuori dal comune di Milano la qualità, e soprattutto la frequenza, del trasporto pubblico cala. Mentre il costo, per gli abbonati, aumenta.

Giusto per capirci, usando Google Maps come fonte, per andare da Muggiano (comune di Milano) alla vicina Viridea di Cusago, alle 10 del mattino di un giorno feriale, in auto sono 9 o 10 minuti, coi mezzi? Un’ora. Due cambi e dodici minuti a piedi. Una situazione del genere è accettabile solo tramite del moralismo, invero molto diffuso nella politica della ZTL, del dire che siccome andare in certi punti non è essenziale allora bisogna tollerare anche lunghi tempi d’attesa, nel nome del “bene comune”.

Nonostante queste enormi differenze, qualche talebano della vita verde che magari le necessità della mia zona non le ha mai viste ciancia sulla necessità di dire no alle auto, magari proponendo anche di far pagare l’ingresso alle auto da fuori in tutto il Comune. D’altronde, ad una politica che guarda solo alla ZTL, cosa importa se il negoziante al confine perde la metà dei propri clienti perché ora devono pagare gabella a Palazzo Marino?

Il problema è che è molto più facile che passino queste istanze rispetto alle istanze della periferia che ha un servizio decisamente inferiore rispetto a quello del centro e accetta anche la cosa, a patto di poter usare anche l’auto, con sommo dispiacere della ZTL. Se vedeste chi decide la viabilità di Milano, vi mettereste le mani nei capelli…

Ma se già qui iniziamo a ricadere nel ben noto monito cattaneano “Meglio vivere amici in dieci case, che vivere discordi in una sola“, la goccia che fa traboccare il vaso è il tema della città a 15 minuti. Ora, onestamente, per quale diavolo di ragione a decidere come dovrebbe essere, nei fatti, micromanaged la mia zona dovrebbe essere un burocrate di Palazzo Marino che magari non l’ha mai vista, specie dopo tutto ciò che abbiamo visto? Ogni volta che il sindaco dalla ZTL prova a telecomandare le periferie finisce male, farlo in un piano che servirebbe a reinventare la città non può che finire malissimo.

Se il comune di Milano tiene davvero così tanto alla città a 15 minuti è bene che proponga il proprio scioglimento, così che enti più piccoli e vicini al cittadino possano provvedere a rendere la città a misura dei residenti in una maniera adatta alle necessità locali. Se la città a 15 minuti dev’essere l’ennesimo esperimento di virtue signalling imposto dal centro che non corrisponde alle necessità della periferia è bene che il comune venga messo sotto scacco: le pessime idee prosperano solo quando non c’è concorrenza, l’idea stessa che il comune di Milano non sia un destino manifesto ma un qualcosa che si può mettere in discussione può riportare Palazzo Marino a ben più miti consigli o, se proprio desidera, ad un ordinamento differente.

In buona sostanza, la Grande Milano era segno di una Milano che pensava in grande, ma alla fine le cose con cambiate e Milano pensa in piccolo. Ma se tutti devono pensare in piccolo come nel Municipio 1, c’è un problema e tanto vale che ognuno faccia da sé, collaborando su ciò che ci unisce, come la metropolitana.

E la milanesità? Secondo me l’attuale comune ne è la tomba, visto che tali politiche idiote nei confronti della periferia portano ad un distacco non indifferente che può tradursi anche in animosità nei confronti della città stessa. La piccola Milano non ha avuto problemi a rapportarsi, economicamente, culturalmente e politicamente, con la gran Milano quand’era comune, perché dovrebbe averne oggi?

Sem tucc milanes, anca se vivom in d’on alter comun!

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Informatico di giorno, spietato liberista che brama la secessione del Nord di notte. Con la libera circolazione, dato che amo la pizza.

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