Da qualche giorno l’economia italiana va stranamente bene. Siamo passati dallo spread a quasi 300 rischiando una procedura di infrazione ad uno spread di meno di 200, borse in alto e niente procedura.
Dimostrazione che lo spread è manipolato? Assolutamente no, anche se dimostra la labilità dei mercati finanziari e di come sia poco sicuro affidare ad essi il proprio futuro, ad esempio facendo debito su debito.
Ma a cos’è dovuto questa situazione di pace economica? Facciamo un po’ di chiarezza temporale.
Il 5 giugno 2019, in piena crisi, un Matteo Salvini in formissima, al grido di “ma figurati” dichiara che “nessun normodotato farebbe una manovra correttiva“.
Il 19 giugno un Mario Draghi in scadenza di mandato dichiara che c’è ancora spazio per il QE, una misura d’aiuto europeo ai debiti nazionali. Da quel giorno lo spread ha iniziato a scendere quasi per tutti, ma quando l’UE, resasi conto del mancato rispetto del deficit concordato, ha minacciato la procedura lo spread è leggermente cresciuto.
Cos’ha fatto il governo per impedire la procedura? Una manovra correttiva!
Certo, per evitare che il ministro dell’interno si fosse dato da solo del, dizionario alla mano, ritardato mentale, non l’hanno chiamata manovra correttiva, nello stile già provato dal governo, ma se non è zuppa è pan bagnato.
Cos’ha previsto la manovra? Per prima cosa che i soldi risparmiati da Quota 100 e Reddito di Cittadinanza verranno mantenuti a garanzia dei conti e non usati. Viene poi chiesto un dividendo eccezionale a Cassa Depositi e Prestiti, che dovrà fare obbligazioni per recuperarlo e, tra l’altro, va anche in parte alle banche socie di CdP, roba che se fosse successa sotto Gentiloni si parlerebbe di “aiudi alle banghe”.
L’Unione europea ha quindi, dopo che il governo si è essenzialmente arreso alle sue proposte, ritirato la procedura di infrazione. Che è come annunciare che si passerà col rosso, correre fino alla riga di stop ma fermarsi tirando un’inchiodata, rovinando le gomme, al semaforo.
Ma quanto durerà questa pace economica? Bella domanda. Il governo deve trovare entro pochi mesi 23 miliardi di Euro per evitare l’aumento IVA e circa 15 per fare la riforma fiscale impropriamente denominata flat tax. Dato che nessuno degli azionisti del governo vuole l’aumento dell’Imposta sul Valore Aggiunto è molto probabile che le misure per finanziare i 23 miliardi portino ad altre liti interne e con l’Europa, riducendo la fiducia che i mercati hanno in noi e quindi portando ad altro spread e ad altre potenziali problematiche con l’Unione europea e non si può escludere che, alla fine, per evitare l’aumento vengano aumentate altre imposte.