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Lingua lombarda? Se ne parla prima che dell’italiano!

Un mito comune dell’accademia linguistica italiana è che la lingua lombarda sia una recente invenzione, molto probabilmente politicamente motivata, e che nessuno ne abbia mai parlato prima degli anni ’80 o ’90, durante la rinascita degli autonomismi, che volevano usare queste lingue come leva identitaria.

Ma, in verità, così non è. Anzi, la lingua lombarda è stata menzionata prima dell’italiano. Vediamo come…

Prima di tutto, cos’è l’italiano?

Da un punto di vista strettamente genealogico, l’italiano odierno è un dialetto del fiorentino colto, adattato dal mondo della cultura italiana e “finalizzato” dal Manzoni.

Tuttavia, nonostante lingua toscana e lingua italiana possano essere utilizzati come sinonimi, si tende a definire l’italiano come “lingua base”, dato che ha uno standard, e a ritenere queste varianti suoi dialetti.

E, sia chiaro, i dialetti dell’italiano non sono certamente il veneto, il napoletano e il piemontese: i dialetti dell’italiano sono quelli che vengono confusamente definiti italiani regionali, così come sono dialetti fratelli dell’italiano tutti quelli toscani e mediani che, pur originando direttamente dal latino, hanno una grammatica e un lessico sufficientemente simili da permetterne l’accorpamento. Il Vernacolare riusciamo a leggerlo tutti, Ol Gazetì de la Àl Camònega no 😉

Molte cose che avete imparato sull’italiano a scuola sono imprecise, poiché, specie nei primi anni della letteratura volgare, si fa molta confusione tra volgare toscano e volgare usato in Italia.

Ad esempio, la scuola siciliana non scriveva in toscano ma in siciliano. Ha una certa rilevanza nella storia della letteratura italiana, dato che molti suoi componimenti sono stati tradotti nella lingua di Dante, ma è errata la concezione per cui in Sicilia si sono visti i primi esempi di lingua italiana.

Anche gli spesso citati placiti cassinesi non sono in italiano, ma in napoletano, cosa abbastanza ovvia, se pensate che a Cassino tutt’oggi si parla un dialetto assimilabile a quelli della Campania.

A quanto pare i primi testi in ciò che oggi definiamo italiano sono stati “Quando eu stava in le tu’ cathene”, una canzone d’amore anonima umbra, e il celeberrimo Cantico delle Creature di San Francesco.

Un po’ di storia del lombardo

Non sappiamo, invece, con precisione quale sia stato il primo esempio letterario in volgare lombardo, ma è apparso qualche decennio dopo rispetto a quello italiano: i contendenti sono il Sermon Divin di Pietro da Bascapè e i libri di Uguccione da Lodi.

L’identità linguistica della Lombardia, all’epoca, non era materia di discussione. Anche Dante Alighieri, nel suo De Vulgari Eloquentia, oltre a riconoscere l’importante divisione costituita dalla Massa-Senigallia, parlava di un’area uniforme lombarda, arrivando a liquidare in una sola riga – dal novero dei volgari illustri capaci di unire l’area che lui definiva latina – bergamasco e milanese, trattandoli alla pari nei fenomeni linguistici a lui sgraditi.

Ma già nel 1280 Salimbene de Adam ci raccontava di una persona chiamata a tradurre che “era un ottimo parlante di francese, toscano e lombardo“.

A quanto ne sappiamo è la prima menzione della lingua lombarda nella storia.

Ovviamente, la Lombardia del 1200 non era quella di oggi: era ben più grossa. Ma tutto sommato i suoi confini linguistici non erano più di tanto diversi da quelli delle odierne lingue gallo-italiche, escludendo le aree venetizzatesi successivamente.

Ciò ci ricorda che, checché ne dicano molti, l’alternativa alla lingua lombarda di dimensione regionale non è una lingua ogni cinque chilometri, ma una lingua unica dalle valli del Piemonte al primo paese della Romagna.

Io, per varie ragioni, sono a favore di questa lombardofonia regionale, ma è bene ricordare ciò.

Per di più, questa lingua lombarda antìca sviluppò anche una sorta di koiné letteraria, quella che viene oggi chiamata koine lombardo-veneta. Tuttavia, è altrettanto bene notare per non ingannarsi che quella che oggi chiamiamo lingua veneta si è fortemente estesa nei secoli e che, all’epoca, era essenzialmente limitata a Venezia e alle sue vicinanze.

Quindi, non dobbiamo immaginarci una koiné tra due sistemi linguistici diversi quanto una varietà colta che accomunava dialetti simili. Parimenti, quando vediamo elementi “veneteggianti” non è affatto detto che provengano dall’altro lato del Mincio, ma è ben più probabile che fossero semplici forme antiche lombarde o coltismi, presi da lingue vicine, come l’occitano e il toscano.

Quando abbiamo iniziato a chiamarlo italiano?

Ovviamente la lingua di Dante esisteva quando esisteva quella di Bonvesin. L’abbiamo visto nella citazione di Salimbene de Adam, dove si citava anche il toscano.

Tuttavia, non è stata istantaneamente associata all’Italia, d’altronde l’Italia stessa era, all’epoca, un concetto confuso.

Il toscano come italiano nasce come concetto tra il 1400 e il 1500, principalmente grazie a Pietro Bembo, che sostenne il ruolo illustre del toscano, più specificatamente del fiorentino trecentesco, a livello di tutta Italia, che all’epoca si stava formando, complici anche le invasioni straniere, sempre più come concetto geografico. Ma fu a lungo un concetto dibattuto: negli archivi si trovano lettere in cui si rigetta tale denominazione e ancora nel 1600 il Vocabolario degli Accademici della Crusca parla di “nostra lingua” e “nostro linguaggio”, senza specificare troppo quale fosse.

In ogni caso, se foste in grado di viaggiare indietro nel tempo e di incontrare le tre corone della lingua italiana, vi direbbero probabilmente di parlare toscano o fiorentino. Mentre i padri della lingua lombarda, molto probabilmente, vi direbbero di parlare lombardo.

Il che, per una lingua che molti giurano nemmeno sia concepibile, non è affatto male.

Ma abbiamo mai smesso di chiamarla lombardo?

La dizione “lingua lombarda” è resistita nella storia e non è mai andata perduta, per quanto abbia poi perso, dopo il 1600, terreno rispetto agli aggettivi locali.

Ma si possono trovare, essenzialmente, documenti che la menzionano in qualsiasi epoca: nel 1500 qualcuno parlava degli influssi della lingua lombarda nel toscano, nel 1600 un loquace bolognese ci spiegava perché la lingua lombarda, a detta sua da rappresentare col bolognese, dovesse essere la lingua madre d’Italia, nel 1700 qualcuno si lamenta che la “lingua lombarda, bergamasco”, è troppo simile alle lingue barbare d’oltralpe per il suo gusto, nel 1800 nessuno si faceva problemi a definire la lingua madre di Manzoni, che lo influenzò nel bene o nel male, come “lombardo”.

Addirittura il Parini, nel dare un giudizio letterario ad un poema, diceva all’autore di aver commesso i classici errori derivanti dall’uso della lingua lombarda, tra i cui l’uso della “esse impura”, ossia “i spazi” invece de “gli spazi”.

Anche nel 1900 si continuò a definire quell’idioma sorto nel Medioevo come lingua lombarda, e logica vorrebbe che, se parliamo di dialetti, parliamo di dialetti di questa lingua, non del toscano.

Eppure, per qualcuno, parlare di lingua lombarda sembra inaccettabile ed è un tabù. In Lombardia, evidentemente, prima della toscanizzazione, si parlava a gesti e a ululati…

La logica dietro a questa visione, più che squisitamente politica, sembra fortemente ideologica: il toscano ha vinto la “guerra”, quindi deve lasciare una scia di inferiori dietro, è quindi inammissibile parlare di altre lingue.

Anche se ciò vuol dire negare la realtà storica e scientifica dei fatti.

In ogni caso, chi crede che l’idea di un’unità linguistica lombarda sia nata tra una polenta e una ronda padana in Via Bellerio, forse, dovrebbe aprire qualche libro. Oggi, con Internet e Google Books, è più facile che mai 🙂

D’altronde, la riconoscevano anche molti tra i più sfegatati sostenitori del toscano come lingua nazionale, gente che – spesso – avrebbe pagato oro per eliminare qualsiasi altro idioma sotto le Alpi. Almeno erano intellettualmente onesti…

Foto di copertina: Giovanni dall’Orto

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Informatico di giorno, spietato liberista che brama la secessione del Nord di notte. Con la libera circolazione, dato che amo la pizza.

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