Onestamente, non capirò mai la venerazione del Nord nei confronti degli Alpini: in generale non capisco proprio il feticismo per le forze armate, d’altronde, si criticano spesso – anche fuori dai circoli politici – i dipendenti pubblici, ma nel momento in cui essi hanno un’arma in mano diventano intoccabili e sempre nel giusto?
In ogni caso, anche in ambienti autonomisti, nordisti e simili, noto spesso questa tendenza a vedere gli Alpini come un qualcosa di positivo, di apprezzabile, quasi parte dell’identità locale, da difendere anche dalle accuse di molestie di questi giorni, non per garantismo (sacrosanto!) ma a prescindere, a differenza di altri corpi armati che vengono sottoposti a scrutinio più frequentemente.
In generale, trovo che ci sia una problematica leggermente più importante delle denunce: sia chiaro, che le adunate degli Alpini siano fonti di degrado nessuno lo mette in dubbio, ma lo sarebbe qualsiasi evento con tanta gente e dove gira alcol.
Penso sia ben più discutibile il retaggio storico, mai realmente affrontato dallo Stato italiano, di molti corpi armati italiani, tra cui anche gli amati Alpini.
Molti si sono distinti non in coraggio bellico, ma nel commettere crimini di guerra.
Chi c’era sull’Amba Aradam mentre si lanciavano gas tossici sugli etiopi? Anche gli Alpini.
Per non parlare degli Alpini che l’Italia ha scelto di celebrare il 26 gennaio, anniversario della battaglia di Nikolaevka, parte della battaglia di Stalingrado, dove celebriamo chi combatteva insieme a questa bandiera:
Già, un simbolo di pace, amore e solidarietà tra i popoli. Ogni democrazia liberale dovrebbe avere una giornata dedicata a chi combatteva per importanti valori quali la purezza della razza ariana e lo spazio vitale di quest’ultima, no?
Ma anche in Jugoslavia i nostri amati “angeli in divisa” si sono prodigati, con rastrellamenti, fucilazioni e distruzione di raccolto di poveri contadini inermi.
Ovviamente, quanto detto può valere per praticamente tutti i corpi dell’esercito italiano: anzi, alcuni, oltre che ad ammazzare gli stranieri, ammazzano anche gli italiani, quando il governo decideva che mangiare era sopravvalutato e che l’unica soluzione era sparare sulle folle che protestavano.
La Grecia, ad esempio, è stata un ottimo esempio di come “Italiani brava gente” sia un motto solo per chi fa finta di dimenticare il proprio passato.
Qualcuno può dire “ma non sono gli stessi Alpini, Bersaglieri e via discorrendo” ed è vero, così come si può dire “ma agivano sotto ordine di una dittatura”. Ma anche i corpi militari tedeschi, prima che arrivasse Hitler, erano decentemente (per gli standard militari) rispettabili: quanto commesso sotto la nuova dirigenza ha reso necessario scioglierli e ripartire da zero, e oggi le azioni di quelle unità militari, in Germania, vengono insegnate e ricordate perché non accadano mai più.
In Italia abbiamo fatto finta di nulla, abbiamo semplicemente rinominato il Regio Esercito in Esercito Italiano, una bella amnistia nel mentre e chi ricorda che gli italiani non sono brava gente manco per il cazzo è, essenzialmente, ai limiti del dibattito politico e ricordare la storia fa arrabbiare non poca gente.
Si parla tanto dell’ultranazionalismo in Giappone che nega i crimini di guerra dell’Impero, ma c’è da dire che almeno in Giappone te li insegnano, sminuendoli, in Italia nemmeno quello.
Con questo, ovviamente, non dico che il cinquantenne che va a ubriacarsi come un mulo a Rimini usando come scusa l’aver perso un anno della propria vita in montagna sia un criminale di guerra, è già tanto che abbia sparato in vita sua.
Ma il nome conta, è una storia, un retaggio che ti porti dietro. Un retaggio non particolarmente bello, ecco, per gran parte delle forze armate italiane e, in verità, per l’Italia stessa come stato.
E quando finisce questo retaggio e inizia una nuova era? Beh, se il reparto militare che ha infoibato gli italiani avesse la sua Nacionalna udruga e ogni anno si radunasse per riempirsi di rakija quando smetterebbe di essere “il reparto che ha infoibato gli italiani” per divenire un normalissimo e rispettabile reparto dell’esercito croato?
A mio parere, è un male, oltre che un segno dell’ormai interminabile catena psicologica della servitù che ci lega a Roma, questa idea degli Alpini come corpo “nostro” quando, in realtà, è di Roma.
Una Roma che non si vergogna minimamente dei propri crimini, interni o esterni, che li nasconde e che arriva addirittura a glorificarli quando non dà troppo scandalo.
Dimenticarlo sarebbe troppo facile. Ma è proprio quello su cui punta Roma. A voi la scelta se essere suoi servi inconsapevoli o meno…