Ho letto l’articolo di ieri su La Repubblica, il giornalaccio comprato dagli eredi Agnelli ma permeato dello spirito dei due fondatori, De Benedetti e Scalfari: questa volta però fa parlare i numeri.
Dai ricavi del tesseramento deduce il numero approssimato degli iscritti alla Lega per Salvini premier: non c’è verso, le aziende si giudicano dai margini che producono, i partiti dai voti che raccolgono e dagli iscritti che hanno.
I numeri dicono che la nave affonda nei consensi e negli iscritti, ma l’orchestra suona a Roma, nelle Regioni e nei Comuni capoluoghi di cds: senatori, deputati, consiglieri, assessori, società partecipate e in house.
Pane e companatico sono assicurati ai pochi pensanti sopravvissuti e ai molti famigli, eletti al parlamento italiano (con i preponderanti voti di FdI) e nelle regioni e nei Comuni (con i decisivi voti delle liste dei presidenti e dei sindaci).
In scadenza quelli mandati a Bruxelles, dove hanno preso molti soldi ma poche decisioni: la prossima primavera i due terzi torneranno a casa, a fare quel poco che sanno fare oltre ad essere amici del Capitano.
Giorgia Meloni dovrà stare in guardia: si preannunciano un bel pò di nuovi sottosegretariati da distribuire fra i reduci europei avvezzi ormai a un alto tenore di vita.
Gli attendenti o le domestiche di Salvini hanno piazzato due membri. Per dire, uno a Bruxelles e l’altro a Roma, nel generale silenzio perché in casa Lega per Salvini premier chi parla è perduto.
Ma parlano i numeri. Quelli elettorali molto dolorosi, ora quelli delle tessere: la Lega (per Salvini premier) pare messa peggio del Panda: in via di estinzione però senza alcun WWF che intervenga.
Lo smottamento allarma soprattutto nei territori che erano reame della Lega (Nord): essere ridotti a meno di una quarantina in Basilicata è penoso, ma lo è molto di più perdere 6.000 iscritti in Lombardia, senza parlare del Veneto: i granai dei voti leghisti.
Salvini ha adattato a se stesso il progetto della Lega (Nord) fin da quando ha partorito la prima creatura di cui più nessuno parla: “Noi con Salvini”.
Con essa, non il partito ma Matteo Salvini in proprio, si presentò agli elettori del sud a dicembre 2014: era la prova generale per personalizzare il partito.
Nessuno si oppose all’epoca, per poca voglia o poca intelligenza. Fatto sta che sulla base di Noi con Salvini, lo stesso costruì il partito personale Lega per Salvini premier con cui sostituì l’originale.
Il germe del culto della personalità che già affliggeva la Lega Nord con la santificazione dell’Umberto, si è ingigantito nella Lega per Salvini premier. Del resto chi conosce Matteo ne percepisce la sconfinata autostima.
Da allora ha assecondato:
il sussiego, ora silenziato, dei bauscia dell’economia: le salvifiche ricette monetariste, la salvezza attraverso il ritorno alla lira, qualche ricetta neokeynesiana, una babele dottrinale che provocava gli sbuffi di Giorgetti e di Garavaglia, ma l’entusiasmo di Salvini che di economia ne sa ben poco.
Le “accademie della Politica” affidate a soggetti di dubbia competenza politica e non solo: forse più idonei ad imparare che ad insegnare la politica e non solo.
Gli slogan di Morisi, sensibili ad ogni stormir di sondaggio. Tattica senza strategia.
Il baratto dei voti (provvisori) dai capitani di ventura del meridione con i posti al sole: “prendiamo i voti da chi ce li da”, era il mantra salviniano degli anni ruggenti dal 2015 alla cantonata del maggio 2018 e all’ictus politico dell’agosto 2019.
Peggio di tutto, la complicità con la sciagurata schiera dei grillini. Non so se mi spiego: Bonafede, Toninelli, Di Maio, Iezzi, il capo mandria Conte e tutto il bestiario politico inerente.
La Lega per Salvini premier ne ha di peccati da farsi perdonare dai leghisti veri e dagli italiani buggerati.
Azzardo una previsione: nel 2024 aumenteranno le rovine ma bisognerà aspettare l’approssimarsi della nuova tornata politica per vedere la caduta del salvinismo.
A meno che qualcuno della Lega Nord, confermato dai propri elettori ai vertici di importanti istituzioni, non decida – come si dice a poker – di “vedere”: c’è ancora qualche soldato disposto a combattere, aspettano un generale che non somigli a Badoglio.