Una società cresce e diventa grande quando gli anziani piantano alberi sapendo che non siederanno mai sotto la loro ombra.
Nei giorni scorsi leggendo questo antico proverbio greco ho avuto un sussulto. Per un attimo ho pensato a quanta possa essere la lungimiranza dell’uomo che affronta le grandi questioni di interesse pubblico, investendo sul futuro senza avere la necessità di beneficiare nel breve delle proprie scelte. Già qualche migliaio di anni fa avevano chiaro in testa quale dovesse essere la missione di chi progetta benessere e soluzioni dei problemi per tempo.
Devo ammettere che questa consapevolezza ha provocato in me una gradevole sensazione. Ha avuto un effetto positivo durato ahimè il tempo di incappare in una sciagurata dichiarazione di un autorevole esponente dell’attuale governo che mi ha incuriosito parecchio. Pare infatti che l’ormai famigerata viceministro dell’Economia, tal Laura Castelli, abbia avuto a dichiarare con toni trionfalistici di aver risolto un grande problema (fra i tanti) e di aver addirittura “risanato i buchi creati dai vecchi politici”.
Letta così in un primo momento avevo avuto la percezione di essere sulla strada buona per confermare il teorema in premessa. Leggendo un po’ oltre il titolo ho via via scoperto in tutta la sua tragicità, i contenuti della rivoluzione della nostra statista contemporanea. Pare infatti che una norma inserita nel cosiddetto “decreto crescita”, recentemente approvato dal governo, costringerà lo stato (tutti noi ahimè, o forse non proprio tutti) a farsi carico della maggior parte del gigantesco debito del comune di Roma. Ovviamente la notizia è stata salutata con toni enfatici nei dintorni della sgangherata capitale ed è passata quasi sotto traccia in area padana.
Già, perché dubito ci sia qualcosa di cui vantarsi nel raccontare a Lombardi o veneti del fatto che grazie alla nuova norma del debito di Roma si faranno carico tutti i cittadini (soprattutto del Nord) che continuano a pagare le tasse e ad alimentare quella voragine che tecnicamente viene definita residuo fiscale. Vero è che da quando fu inventato questo incredibile meccanismo della gestione commissariale del debito romano, lo stato si fa carico di oltre la metà degli oneri per il rimborso del debito, ma dal 4 aprile addirittura se ne accollerà la totalità. In barba ai principi più elementari di equità e di equilibrio dello stato nei confronti dei cittadini.
Qualcuno forse è in grado di spiegarmi per quale motivo se sei un cittadino romano paga lo stato e se sei milanese paghi tu (che sei quello che già affronta gli oneri maggiori per sostenere lo stesso) ? Misteri della fede. O meglio misteri di un paese alla deriva che sempre meno riesce a dimostrare serietà.
Leggere poi le farneticanti dichiarazioni di prima mattina della solita ineffabile viceministro all’Economia Laura Castelli e della sindaca Virginia Raggi che congiuntamente dichiarano: “Roma Capitale e Governo hanno infatti trovato l’intesa per evitare la crisi di liquidità «fortissima» che entro il 2022 avrebbe soffocato la città”, farebbe impallidire anche il più ostinato veterocentralista in circolazione. Così facendo è ovvio che si è messa solo una pezza ad una voragine.
Dal 2008 ad oggi Roma ha continuato a macinare perdite e ad incrementare debiti e la situazione delle proprie società controllate e’ a dir poco esplosiva. Entro due anni si procederà alla chiusura della struttura commissariale sui 12 miliardi di debito vecchio della città (più o meno il valore di una finanziaria) .
Un regalo insomma da parte di un governo che sceglie di ridicolizzare i contenuti di un provvedimento pomposamente definito per la crescita del paese e che di fatto ancora una volta discrimina le persone perbene.
Ha ancora un senso avere amministratori pubblici virtuosi in queste condizioni? Non ho una risposta. Ma comunque mi resta una certezza: nell’antica Grecia questi comportamenti non sarebbero stati considerati virtuosi.
Qui anziché piantare alberi per garantire ombra alle future generazioni si sta provvedendo a tagliarne alcuni direttamente alla base del tronco senza sapere nemmeno chi brucerà la legna nel camino. Oppure si sa ma è meglio non dirlo troppo forte.