All’interno centrodestra italiano Verona si propone come un biotopo particolare. Il primo turno della tornata amministrativa appena concluso vede giocarsi la partita del ballottaggio per la poltrona di primo cittadino tra il sindaco uscente Federico Sboarina al 32% e la vera sorpresa di queste elezioni: il candidato civico del centrosinistra, l’ex calciatore del Verona e della Roma Damiano Tommasi. Flavio Tosi presentatosi con un progetto civico sostenuto da Forza Italia non centra l’obiettivo di arrivare al ballottaggio ma ne centra uno forse altrettanto importante: spariglia le carte del centrodestra veronese e di conseguenza di quello nazionale. Tosi ha concepito la trappola perfetta per Sboarina, il quale a risultato acquisito ha immediatamente dichiarato che non avrebbe dialogato con il suo ex sindaco (ricordiamo che Sboarina fu assessore nella giunta Tosi 1) ma si sarebbe rivolto direttamente a Forza Italia. E qui arriva il colpo di teatro di Tosi che con tutte le sue liste confluisce in Forza Italia, benedetto da Berlusconi in persona, e aprendo alla possibilità di un accordo per sostenere Sboarina secondo turno, tramite un apparentamento formale. Tosi così avrebbe di fatto lanciato un’opa ostile all’attuale maggioranza di centrodestra.
Infatti, con un apparentamento formale in caso di vittoria i suoi consiglieri sarebbero stati determinanti per il raggiungimento della maggioranza a palazzo Barbieri, pesando proporzionalmente per circa il 40% della compagine di centrodestra. il sindaco uscente sostenuto da una maggioranza della quale fanno parte Fratelli d’Italia e Lega oltre ad alcune liste civiche, di apparentamento formale non vuole nemmeno sentire parlare, ben consapevole che in tal caso Tosi avrebbe giocato con lui per 5 anni come il gatto col topo. Quindi in luogo di un apparentamento formale ha proposto un accordo basato su alcune posizioni in giunta che sarebbero toccate ad assessori Tosiani. Un accordo di paglia, perché sappiamo bene che essendo l’assessore nominato con decreto fiduciario del sindaco, e non avendo bisogno dei voti dei tosiani in consiglio comunale, Sboarina avrebbe potuto liberarsi degli incomodi alleati non appena avesse creato un pretesto. Tuttavia, in caso di sconfitta, aver rifiutato l’apparentamento formale con i tosiani avrebbe fatto di lui l’uomo che ha consegnato la città alla sinistra secondo lo scenario apocalittico evocato dai pasdaran dello stesso Sboarina, i quali vedono nel caso di una vittoria del candidato sindaco Tommasi, cattolico praticante con 6 figli e benissimo introdotto nel mondo del sociale, i cosacchi gender con i baffi come quelli di Freddie Mercury e il mascara attorno agli occhi abbeverare i loro cavalli alla Fontana di piazza Bra. Giocata “win win” per Tosi e situazione molto difficile per Sboarina, aggravata dal fatto che la leadership nazionale del suo partito ha esercitato fortissime pressioni per convincerlo a un accordo con Tosi. Pressioni alle quali richiamandosi a un astratto ideale di coerenza il sindaco uscente ha resistito.
Ideale di coerenza che curiosamente non ha applicato nel caso dei voti delle liste novax, in primis quella guidata dall’ex consigliere comunale della Lega Zelger, alle quali a quanto pare Sboarina non ha alcuna remora a chiedere i voti, pur essendosi definito il sindaco che ha salvato Verona dal Covid. Sarà curioso vedere quale sarà la piattaforma comune. Giova ricordare che Federico Sboarina fu eletto come candidato civico e solo successivamente prese la tessera di Fratelli d’Italia, aderendo al movimento di Giorgia Meloni. In tal modo avendo dismesso i panni di candidato civico per quelli dell’uomo di partito si è assoggettato alla disciplina di tale partito, secondo quelle che sono le regole basilari della politica. Da questa vicenda si possono fare alcune considerazioni riguardo a Giorgia Meloni, considerata la vera vincitrice di questa tornata elettorale, la quale punta con molta decisione alla guida del centrodestra nel 2023. La vicenda veronese lascia qualche dubbio sulle capacità di leadership della Giorgia nazionale. Pare del tutto evidente infatti, come l’incapacità della Giorgia nazionale di ricondurre alla disciplina di partito un sindaco e per di più debole sul territorio lasci qualche dubbio sulla sua capacità effettiva di esercitare la leadership all’interno del suo stesso partito. Non dimentichiamo che la lista di Sboarina tra quelle dei candidati sindaci è stata quella che ha raccolto meno preferenze, ben sotto la lista di Tommasi e molto staccata anche da quella di Tosi, segnale dello scarso aplomb sui veronesi che esercita la sua figura. Ma questo non è l’unico problema che ha Fratelli d’Italia.
Il partito affluent del centrodestra è inciampato più di una volta in imbarazzanti incidenti diplomatici causati da candidati che facevano saluto romano e cose (nostalgiche) di questo genere. Una seconda considerazione la dovremmo fare riguardo a Matteo Salvini, ex arcinemico di Flavio Tosi ai tempi della rottura di quest’ultimo con la Lega e che oggi si è trovato in prima linea a perorare un accordo tra Sboarina e Tosi, incentivato anche dal fatto che nel caso di sconfitta dai 5 assessori che l’accordo pre elettorale prevedeva per la Lega in caso di vittoria dell’amministrazione uscente, si troverebbe con un misero consigliere comunale di minoranza. Circostanza non può che essere fonte di una certa soddisfazione per coloro i quali si ricordano benissimo di come Tosi fu messo alla porta della Lega anche con il pretesto di aver “portato dentro i fascisti” e poi hanno visto la Lega di Salvini ammiccare a tutte le peggiori forme di conservatorismo neo e post fascista che esistessero in Italia (e anche all’estero).
Il dolce sapore della rivincita. Se una cosa si può dire della Lega è che questo è il punto di caduta della sua ormai non più tanto gloriosa parabola di partito portatore delle istanze territoriali del Nord, almeno a Verona. Ma basta guardare un po’ più a est per chiedersi chi mai ha potuto mettere in testa a Salvini che Padova fosse contendibile al PD. E non dimentichiamo che la chiusura dell’accordo per Padova con FdL fu il motivo per il quale la Lega non fece l’accordo (malvisto da Zaia) con Tosi prima delle amministrative. Se queste sono le premesse l’unità del centrodestra le elezioni rischia di essere una chimera piuttosto che una certezza. Se una considerazione finale si può trarre da tutto ciò è quanto siano ormai completamente avulse del territorio le leadership nazionali. Chiunque avesse vissuto questi anni a Verona, saprebbe perfettamente che qualsiasi accordo tra Tosi e Sboarina sarebbe stato pura utopia a causa della fortissima avversione personale tra i due (e sto usando un termine molto eufemistico). Peculiarità che le leadership nazionali ignoravano completamente e che sono solo un’ulteriore dimostrazione tra le 1000 possibili di quanto la politica oggi sia staccata dal territorio.