Da tempo immemore nel mondo sportivo esistono gli sbeffeggiamenti tra le diverse tifoserie ed ancor più, le prese in giro solenni delle Città e delle pseudo caratteristiche dei loro abitanti, rappresentando sempre un indice di rivalità nel calcio, a volte una partita nella partita. Soffermandoci su quelli contro l’Atalanta si ricordano tra gli altri: “O polentoni o polentoni state zitti, rompi cog****i statevene a casa con quella nebbia, più che una squadra siete solo polentoni..” dei tifosi foggiani, “Atalanta bevi la fanta” dei sampdoriani passando per l’ironia fiorentina “Voi che tifate Atalanta ci avete un sogno nel cuore comprare un bel trattore” o il “Bergamasco contadino zappa la terra .. zappa la terra” dei torinisti senza tralasciare il coro del 07.06.1987 a Napoli “Per campar devi mostrar pure le tette O bergamasco pezzo di m**a tutta l’Italia spera che tu perda”.
In verità tutte le squadre calcistiche sono vittime di questa ilarità. Tutte le squadre lo accettano. Tutte a parte il Napoli calcio.
A seguito, infatti, delle dichiarazioni a Radio Marte del presidente della Federcalcio, Gabriele Gravina, il quale ha sancito solennemente: Basta cori discriminatori!, non saranno più tollerati episodi di sfottò tra tifoserie in caso di cori di discriminazione, razziale o territoriale. Gravina ne avrebbe già parlato con i responsabili arbitrali di serie A imponendogli la sospensione della partita qualora avvenissero tali fenomeni. “Dobbiamo dare un segnale di rigoroso rispetto perché questa gente deve smettere di infangare i popoli e non può andarci di mezzo sempre il calcio italiano”. Ovviamente, tali dichiarazioni sono state fatte ad una radio di Napoli con riflessioni sull’attuale andamento della squadra calcistica partenopea. Per di più, il più grande allenatore italiano, ora in forza al Napoli calcio, il padanissimo Carletto Ancellotti, aveva precedentemente invocato questo tipo di intervento minacciando di ritirare la squadra in casa di nuovi insulti.
La misura della FIGC, che prevede l’applicazione alla lettera di un regolamento votato nel 2013 a seguito degli ululati all’allora milanista Boateng in un’amichevole contro la Pro Patria, però non piace affatto agli ultras bergamaschi che considerano uno “strumento di repressione”.
“Bergamo – si legge nel comunicato della Curva Nord atalantina diramato dopo le dichiarazioni di Gravina – sarà il banco di prova per l’ennesimo strumento di repressione. Noi non prendiamo in considerazione la possibilità di essere privati degli sfottò fra tifoserie. Qualcuno dice che non dobbiamo cadere nella trappola, noi continueremo a essere quello che siamo sempre stati. Gli sfottò tra tifoserie sono una delle componenti più basilari ed elementari del calcio”.
I tifosi dell’Atalanta, ricordando di essere a loro volta spesso colpiti dalla derisione degli avversari, negano la volontà di discriminare: «Bergamo ha sempre schifato i cori beceri e gli ululati razzisti, ha dimostrato di essere una piazza matura e credibile. È una questione di campanilismo, non di razzismo: ben vengano ‘Bergamasco contadino’ e ‘Odio Bergamo’ cantati negli stadi. Tutto questo vissuto sulla nostra pelle non ci ferisce, tutto questo non lo reputiamo razzismo ma anzi ci lega semplicemente di più alla nostra terra, ci rende ancor più fieri delle nostre origini».
La presa di posizione del Presidente della Federcalcio lascia il tempo di un sorriso ed apre allo sgomento. Come sottolineano i tifosi dell’Atalanta ci si chiede come può sentirsi in dovere di dare lezioni di vita e di comportamento un’istituzione il cui dirigente più alto, alcuni anni or sono, ha definito “mangia banane” i calciatori di colore e “handicappate” le donne calciatrici.
L’atteggiamento ripetuto della società e dei tifosi napoletani appare, in verità rispecchiare la forma proverbiale della filosofia della tradizione partenopea del “chiagne e fotte”. Uno stile di vita valido in ogni ambito e per tutte le stagioni. Un tipico atteggiamento umano, opportunista ed ipocrita, esibito da alcuni che sono soli indugiare in continue e ripetute lamentazioni. Una strategia fatta di una dose sapiente di vittimismo indispensabile per non galvanizzare gli avversari ed ottenerne sempre un vantaggio. Un lamento continuo per incutere un timore di conseguenze negative nei confronti dell’avversario. Questo fenomeno oltre ad aver invaso la società e la politica ora impera nel mondo del calcio.
In verità, le tifoserie, le quali da sempre vengono colpite da cori più o meno costruttivi, non sono razziste, esprimono un senso di appartenenza che restituiscono il senso ormai smarrito di comunità. Puro campanilismo in un mondo nel quale la mancanza di ironia appare una patologia della vita civile. Paradossale che Bergamo “la città dei 1000” sia tacciata di razzismo.
A dispetto della Federcalcio, continuerò a non essere napoletano e personalmente non ho da chiedere scusa per qualsivoglia motivazione.
“Lunga vita alla Passione ed alla Rivalità”.
Lunedì non mancherò di essere in Curva ad incitare la Dea. Forza Atalanta!