FEDERALISMO & INDIPENDENZA | Approfondimento Politico

Ripensare il Reddito di Cittadinanza

È un mantra del governo, specialmente nella parte grillina, la volontà di abolire la povertà. Il Reddito di Cittadinanza non è la misura adatta per farlo, specialmente in Italia.

Si basa, infatti, sul concetto che sia lo Stato a doverci trovare un lavoro mentre, in realtà, il lavoro è un mercato come tanti altri e lo Stato dovrebbe solamente incentivarlo e dare regole chiare e semplici.

Quindi il governo dovrebbe intraprendere la strada opposta a quella assunta dal Decreto Dignità, che tende a mummificare un mercato del lavoro debole, tagliando molte possibilità di piccolo lavoro.

Prima di parlare di qualsiasi riforma del lavoro bisogna permettere alle aziende di crearlo e ciò vuol dire abbassare le tasse sul lavoro, tagliare l’INPS e sostituirla con un sistema a capitalizzazione come quello cileno e, soprattutto, deregolamentare tutte quelle piccole attività che possono contribuire al sostentamento dell’individuo come l’affitto di camere, piccoli lavoretti di riparazione, volantinaggio e simili senza pesare sullo Stato ma, al contrario, rendendolo un valido elemento della società.

Non ha, invece, senso la proposta di regolamentare l’economia, ad esempio con l’imposizione di un salario minimo, che specie al Sud rischia di ingessare ulteriormente un mercato già fermo e debole e, soprattutto quando applicata nel settore agricolo, rischia, in cambio di una piccola creazione di ricchezza per qualcuno, di alzare i prezzi per tutti, compresi i più poveri.

Detto questo, possiamo analizzare i tre problemi principali del Reddito di Cittadinanza e di come l’Imposta Negativa, qui descritta meglio, possa risolverli.

Per prima cosa il Reddito va richiesto, e ciò rischia di escludere parte della platea che ne ha bisogno. L’imposta negativa, invece, è legata al reddito: Si presenta la dichiarazione e se si ha diritto si ottiene. Non c’è burocrazia particolare, non c’è la fila ai CAF né all’INPS.

Per seconda cosa il Reddito ha criteri abbastanza complessi, mentre l’imposta negativa è perfettamente lineare: Si definisce una soglia di povertà, anche diversificata a livello regionale e locali, chi prende meno di questa soglia ha diritto al sussidio con un’aliquota definita, ovviamente adattato in base al numero di componenti del nucleo familiare. Si può poi decidere se il sussidio viene erogato totalmente in moneta o se si può erogare parzialmente in altri modi come buoni per pagare affitto e spese domestiche.

La terza è che il reddito è collegato al lavoro, mentre con l’imposta negativa si creano le condizioni perché il lavoro ci sia. Se è giusto che una famiglia in difficoltà riceva un aiuto è meno giusto che una famiglia con 5 persone possa ricevere 1’300€ al mese, cifra che un professore a contratto universitario considererebbe medio-alta.

Invece con un’imposta negativa la famiglia sarebbe sicuramente in grado di sostentarsi, eventualmente ricorrendo parzialmente al welfare privato che in Italia, tra Associazioni, Chiese e famiglie dà grande prova di generosità ma non vi sarebbe un incentivo a non lavorare, anche perché un aumento del reddito corrisponde solo a una parziale decurtazione del sussidio.

Esisterà sempre chi preferirà stare sul divano vivendo col minimo indispensabile, ma tante persone invece approfitteranno della sicurezza offerta dal sussidio per trovare un lavoro, anche precario e pagato poco, per eventualmente crescere a livello lavorativo o formarsi. Non sarà un navigator a cercare di dare il lavoro, ma la naturale inclinazione dell’uomo a cercare di vivere meglio di come vive.

E non sarà un sussidio a farlo vivere meglio, ma trovare un lavoro. Un lavoro con il quale potrà crescere e uscire dal sistema welfare.

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Informatico di giorno, spietato liberista che brama la secessione del Nord di notte. Con la libera circolazione, dato che amo la pizza.

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