Chi parla di espropriare i brevetti dei vaccini ne parla come se fosse una soluzione perfetta, che permette di produrre vaccini per tutti, convertendo anche la fabbrichetta di Inversago alla produzione e facendola pagare solo ai porci capitalisti, da piegare a forza di espropri al bene collettivo.
Ma ci sono almeno due questioni da tenere in mente, di cui una pratica e una molto seria.
La prima, quella più pratica, è che non è detto che espropriare faccia aumentare la capacità produttiva, specie se come si dice è per “i paesi più poveri”. Dite che davvero in questi paesi hanno la capacità di produrre vaccini complessi come quello Pfizer e la capacità di distribuirlo in modo efficace e sicuro? I vaccini facilmente producibili, spesso… lo sono, come Sputnik. Alla fine gli accordi di licenza portano denaro senza troppo lavoro.
Già oggi, quindi, gli Stati poveri possono produrre vaccini se ne hanno la capacità. Lo faranno l’India e la Serbia, ad esempio, che son considerate in via di sviluppo. Mentre invece nei Paesi sottosviluppati, forse, nemmeno hanno la strumentazione per produrre tali vaccini e il problema è superfluo.
La seconda, molto più seria, è che le case farmaceutiche non lavorano per beneficienza e vorrebbero quindi avere un ritorno sul proprio investimento. Se vedono che in caso di pandemia, ossia proprio quando serve di più un vaccino, gli Stati impediscono loro di avere il ritorno semplicemente non studieranno vaccini in pandemia e magari ci ripenseranno anche a studiare vaccini a rischio di esproprio per la loro ampia utilità, come quello per l’HIV.
Certo, resterebbe sempre la ricerca pubblica. Ossia quella che ha partorito se va bene Sputnik, se va male CoronaVac. Buona fortuna
In sostanza, espropriare vuol dir scommettere che nei prossimi anni non sia necessario sviluppare rapidamente un vaccino con la collaborazione tra settore pubblico e privato dato che, solitamente, chi viene tradito in una collaborazione non ha voglia di rimetterla in atto e chi viene espropriato non ha molta voglia di rifare impresa nelle stesse condizioni.
Il tutto per un beneficio più propagandistico che pratico. Ne vale la pena?