Perdonatemi l’ennesimo articolo sul tema, ma se il Fatto Quotidiano pubblica l’articolo, addirittura di una professoressa, che dice che la filosofia al tecnico non solo è una concessione ma addirittura una necessità, non posso non rispondere, considerando soprattutto la mia ben nota posizione sul tema, che è sintetizzabile in “è un’inculata clientelare“.
L’articolo non lo analizzerò completamente, perché è fortemente citazionista, poco aggiunge rispetto ai pensieri altrui esposti. E questa è la mia prima critica alla filosofia come disciplina: non ti insegna a pensare, ti insegna cosa pensavano gli altri.
Per fare un paragone nel mio campo, sapere quello che pensava Tanenbaum sul kernel Linux non ti rende un grande informatico capace di comprendere i sistemi operativi: lo fanno competenze multicampo (architettura dei calcolatori e programmazione in primis) e studi intensi, con libri come quello che vi mostro qui, di appena 584 pagine.
Nei miei articoli sul tema istituto tecnico sono ricorso alle citazioni solo una volta, nell’articolo sull’eccessiva tendenza alla scelta del liceo nel Meridione, e ho citato Turati, che però constatava banalmente lo stesso problema alla sua epoca: non ho usato l’altrui pensiero come base del mio, quasi a legittimarlo, ho sviluppato un mio autonomo pensiero!
La filosofia odierna, invece, vive di conoscenza storica e gloria passata, il che va benissimo in un ambiente umanistico: nessuno propone di togliere filosofia dai licei, ma è assurdo in un ambiente tecnico, dove abbiamo già di meglio: la tecnica e la scienza.
Pensate solo a questo articolo che scrissi a giugno dello scorso anno: con le conoscenze umanistiche non ci sarei arrivato! L’analfabetismo che oggi uccide è quello scientifico, tutti sanno leggere un segnale, ma alcuni non sanno capire come funziona il mondo attorno a loro, un mondo regolato da equazioni matematiche, da concetti tecnologici, da modelli scientifici, cadendo in bufale che per un occhio tecnico-scientifico sono risibili, alle volte con gravi conseguenze quando tali convinzioni riguardano la salute.
Non metto in dubbio che possa essere interessante conoscere la storia della filosofia: io sono appassionato di storia dell’informatica – che utilitaristicamente non serve a niente – e come dico sempre, citando l’esempio di Cattaneo, una società prospera necessita sia di scienziati che di tecnici che di umanisti, ma qui parte la mia seconda critica: questo articolo segue la tipica visione italian-gentiliana, per cui la cultura umanistica è indubbiamente superiore, che ci irraggia per bontà loro, ci concede la filosofia, come se fosse un prezioso regalo o come la mamma ci concede di comperare un gioco dopo aver preso nove, quando in realtà nessuno l’ha chiesto, se non i laureati in filosofia che hanno mostrato di essere in grado così tanto di pensare da fallire nel mondo del lavoro tanto da necessitare la cattedra di Mamma Stato.
La cultura umanistica non è in alcun modo superiore a quella tecnico-scientifica, checché ne potesse dire Benedetto Croce, e filosofia resta una materia inutile all’istituto tecnico, dove il ruolo umanistico resta in mano alla storia, e dove la chiave per capire il mondo è nelle materie tecniche e scientifiche, insieme a diritto ed economia, materia che, per di più, nei licei non c’è: come mi piace scherzare, non è un caso che tutti dovrebbero studiare la materia che ti spiega in gran dettaglio il pensiero di Marx mentre si tende a limitare quella che ti spiega perché il marxismo è una boiata.
Filosofia serve solo a decine di migliaia di laureati convinti di diventare parte, dopo le promesse gentiliane, di chissà quale élite che, sbattuto il muso contro la realtà, ora pretendono un lavoro semplice e subito.
E qui c’è una terza critica: in Italia abbiamo questa tendenza a voler far sembrare bella qualsiasi assunzione clientelare: abbiamo letto articoli a favore dei navigator o addirittura a favore dei forestali siciliani e calabresi, chiedendo più assunzioni, e penso che molta gente lo faccia involontariamente, pensando che sia davvero un bene, e ciò è specialmente vero per filosofia, che ha quest’aura di materia utile, che serve a chissà che cosa, quando così, come abbiam già visto, non è.
E proprio per concludere con un quarto punto, finalmente una risposta diretta all’articolo:
La Gen Z sa fare i conti, quasi per innatismo, con l’articolazione della verità del filosofo Vladimir Jankelevitch per il quale “Essa dev’essere graduata, la si deve somministrare come un elisir potente, aumentando la dose di giorno in giorno”, e ha pure familiarità con il peso soggettivo della Veritas di certi patetici filtri sui social, ma l’intuito ha da essere allenato per affinare l’attitudine. Difficilmente la persuasione coercitiva può attecchire sulla mente filosofica adusa a speculare. Ma il loro ambiente mediatico nativo orienta scelte politiche, crea tendenze, modifica abitudini, alimenta bisogni, genera consumi e indirizza l’opinione pubblica spesso verso prospettive unilaterali. Basti pensare alle informazioni distorsive su Covid e vaccini che mettono a serio rischio la ripresa di un intero paese.
Scusate, è una barzelletta che non fa ridere? La gran parte della disinformazione sul Covid che vediamo proviene da filosofi o da persone d’area umanistica, e la lotta alla disinformazione proviene da settori tecnico-scientifici.
Cacciari è forse un perito chimico? Paragone è un elettrotecnico? Freccero è laureato in ingegneria civile? E non ditemi che bisogna esser filosofi per capire le rare posizioni che non mettono in dubbio l’efficacia dei vaccini ma riguardano solo questioni etiche, come quella di Lottieri…
Così come la gran parte delle proteste nel mondo universitario son venute da quel mondo: filosofia, filosofia, filosofia, filosofia e “student* e opera*” non ci credo nemmeno se lo vedo che non è una facoltà umanistica. Tutti no vax? No di certo, ma siamo realisti, e lo dico da persona che è contro l’obbligo di green pass da agosto: molti lo sono.
Gli STEM, d’altro canto, possono anche essere contro gli obblighi – e spesso lo sono! – ma molto difficilmente saranno effettivamente coinvolti dato che i dati sono chiari, li san leggere e fanno l’ovvia scelta di vaccinarsi e, per quanto possibile, di fare informazione corretta sul tema.
D’altronde, per far vedere gli inequivocabili rischi del Covid – anche per i più giovani – e i benefici del vaccino in rapporto ai rischi non serve sapere Platone o dibattere sul fatto che lo Stato debba avere o meno la facoltà di imporre obblighi: basta un minimo di statistica.
Cos’è, la filosofia prima forma gente che fa disinformazione scientifica e poi ci vende la cura del “saper pensare”? È una disciplina umanistica o uno schema piramidale?
Ironie a parte, non posso non rispondere anche alla considerazione finale:
La differenza tra popolo e sciame consiste nell’allenamento del pensiero. Perché per i nostri ragazzi degli Istituti Tecnici deve essere un no a priori?
- Perché ci alleniamo a pensare tutti i giorni, con materie tecnico-scientifiche, a differenza, ad esempio, dei ragazzi del classico che imparano tantissimo su ciò che pensava qualcuno nel 1700 ma poi non sanno fare le equazioni di secondo grado non riducibili al primo
- Perché, se si deve potenziare qualcosa, si deve potenziare la parte scientifica, purtroppo abbandonata dopo il “biennio comune”, un’aberrazione da eliminare: si parta subito con il programma pieno e con due ore di scienze applicate per tutte le superiori.
- Perché se i risultati sono cose come la classe politica italiana, che da quando esiste vive dell’abbinata liceo classico e laurea umanistica, è meglio non pensare che pensare come loro.