(Dal nostro inviato)
Sono a cena con alcuni colleghi al Martinez. Una terrazza speciale che domina Barcellona all’uscita dalla teleferica che conduce n mezzo alla natura e sulla vetta del Montjuïc. Mi capita spesso di tornare qui.
Adoro questo posto ed ho la fortuna di tornare spesso a Barcellona per lavoro e riscoprire sapori e abitudini che amo. La cucina catalana, il panorama mozzafiato, il locale sobriamente elegante in stile locale e soprattutto le chiacchiere. Copiose chiacchiere che ti inondano la testa da quando entri e soprattutto discussioni animate fra gli astanti. E stasera qua si parla di politica.
Difficile ti possa capitare la stessa cosa in Italia, quasi impossibile in Padania, ma qua oggi tutti discutono animatamente di politica! Avevo dimenticato la sensazione, più del gusto dello spettacolare joselito con pan y tomate, del pimiento del paron o del leggendario arroz negro. Qua fra le pietanze straordinarie della cucina locale più tradizionale, si parla animatamente di politica. E lo si fa perché è un giorno speciale questo: il giorno dopo le elezioni. E a modo suo la Catalunya ha vinto anche stavolta. Ha vinto perché i 14 deputati indipendentisti (di destra e di sinistra, sette più sette in realtà) saranno determinanti per dare un governo al paese.
E poi quelle di ieri non sono state elezioni “normali”. Sono successe molte cose che provo ad elencare a margine del vivace dibattito serale del Martinez:
⁃ sondaggisti cambiate mestiere! E’ finita per sempre l’era dei sondaggi in Spagna. Anche qua possono dire che i sondaggi elettorali sono un po’ come gli oroscopi. In sostanza si fanno per chi ci crede a prescindere….per il resto avevano predetto una larga vittoria del partito popolare, una crescita impetuosa del movimento populista e neofascista di Vox e il tracollo del partito socialista, costretto dall’afasia del precedente governo a portare il paese ad elezioni anticipate. Bene, un record assoluto: non ne hanno azzeccata una che sia una! La gente dimostra ancora di votare diversamente da ciò che racconta al telefono alle gentili signorine che lavorano per gli istituti demoscopici. Quasi come se fosse diventato uno sport globale quello di fare cose e dirne altre.
⁃ Fascisti e populisti continuate pure così che siete la più grande garanzia per i partiti tradizionali! Anche stavolta (e capita da decenni ormai) il vento sovranista soffia nelle urne impetuoso come la ventola di aspirazione di un cesso d’autogrill. Il copione si ripete. Per mesi si riempiono i titoli dei giornali e i commenti di improbabili alleati italioti che gridano al miracolo e poi si vota e tutto svanisce. Sono abbastanza vecchio ormai da ricordare quello che succedeva in Italia nei favolosi anni ‘80 col partito comunista. In quanti ricordano l’anno del sorpasso e della spallata di Berlinguer al penta partito? Anche in quel caso come oggi, i partiti che promettono svolte estreme piacciono un sacco quando il voto non conta un tubo. Quando si annunciano orientamenti al bancone pieno di pintxos a Donostia o pieni di tapas a Barcellona. Ma quando il voto diventa utile allora tutto cambia. E proprio in Catalunya dove solo poche settimane fa il partito socialista ha tenuto senza brillare nelle consultazioni amministrative, lo stesso raggiunge il risultato con la crescita maggiore a dimostrazione del fatto che il Psoe qua ha preso una valanga di voti da gente che lo ha considerato il più autorevole argine ai fascisti di Vox. Qua vogliono tutelare almeno l’autonomia che hanno ottenuto faticosamente in attesa di rilanciare la battaglia indipendentista. Molti dei naturali elettori di coloro che portano avanti proposito dichiaratamente indipendentisti hanno privilegiato l’idea di fermare i populisti centralisti che chiedono di riportare la Spagna agli oscuri anni del franchismo.
⁃ Gli indipendentisti tornano ad essere ago della bilancia. Si apre una fase tutta nuova in quel mondo. Nonostante il fenomeno sopra descritto la forza elettorale del variegato mondo separatista Catalano torna ad essere fondamentale per la nascita di un governo socialista. Ovvio che la parte a destra di Junts per Catalunya non può sperare di entrare in un esecutivo col partito popolare, visto che pone come condizione il fatto che si sottoscriva un impegno politico per le celebrazione di un nuovo referendum per l’indipendenza. Condizione difficile da accettare per Alberto Núñez Feijóo, il leader del Pp non può amare Vox. E’ pur sempre presidente della Galizia (altra regione con una forte e tradizione autonomista, forse meno esasperata rispetto ai baschi o catalani, ma pur sempre con dei vantaggi innegabili statutari). Come possa coniugare il suo status di garante delle, seppur moderate, istanze autonomiste della regione che governa con gli slogan aggressivi e iper centralisti di Vox resta un mistero. Anche se in politica tutto è possibile penso che questa ipotesi reati ancora remota.
Dall’altra parte Esquerra Republicana perde un sacco di consensi e di seggi a favore del partito socialista nazionale di Sanchez, ma credo farebbe fatica a sottrarsi alle sirene di poter sostenere un governo che come minimo possa garantire una tregua alla vera e propria oppressione operata in questi anni nei confronti dei militanti indipendentisti catalani. E i socialisti sono gli unici a dare qualche tiepida garanzia in tal senso.
Nulla da aggiungere: una partita molto ingarbugliata dagli esiti imprevedibili.
Nel frattempo arriva una notizia. Il partito autonomista conservatore basco del Pnv ha annunciato che non sosterrà un governo a trazione popolare. Quelli sono sempre i più scaltri di tutti. Hanno annusato l’aria. E non tira buona aria per in designati vincitori del PP. Anzi….
Temo di dover tornare presto a Barcellona per riprendere la discussione, sperando che nel frattempo l’attuale stallo apparente non porti dritto il Paese di nuovo alle urne.
Nel frattempo nel pomeriggio di oggi è arrivata la notizia che La procura della Corte Suprema spagnola ha chiesto al giudice istruttore Pablo Llarena di emettere un mandato di arresto e di detenzione e un mandato di arresto europeo e internazionale per l’ex presidente catalano Carles Puigdemont e il suo assessore Toni Comín. Piove sul bagnato. Tempismo perfetto. Provate a immaginare come la leggono da queste parti? Le reazioni sono ovviamente di grande smarrimento e di rabbia. Il mio amico Joseph, alle prese con delle spaziali crocchette di chuleta gallega vecchia esclama indignato: “….e io cosa avrei dovuto fare? Dovevo scegliere fra un voto di identità ad un partito indipendentista, come avevo sempre fatto nella mia vita, o provare a fermare Vox votando per l’unico vero antidoto esistente: il Psoe! Si perché a queste latitudini quelli erano gli unici che sembrava potessero fermarlo. Ma lo sai cosa hanno fatto a Valencia quelli di Vox? Hanno fatto togliere i testi in catalano dalle librerie! Ci vogliono portare via la nostra lingua. Il più alto elemento di identità. Io a scuola non l’ho potuta studiare perché i franchisti ce lo impedivano. E questi vogliono tornare lì. Non potevo fare altro che votare per i loro più grandi nemici!” Non sono sicuro della serietà della notizia ma intanto lo scaltro Pedro Sanchez incassa e ringrazia.
Nel frattempo si è fatto tardi, ma qua è normale. Qui si vive tutto più tardi. E forse più lentamente. Vediamo se i tempi della politica locale contribuiranno a risolvere l’intricata questione a breve. Credo di no. Nel mentre prenoto al Martinez per settembre. Pronto a riprendere la discussione da dove l’avevo lasciata. Ormai per appassionarmi alla politica devo venire in Catalunya.