L’aborto non è un diritto e la vita è degna di tutela sin dal suo inizio, bisogna riconoscere il valore sociale della maternità: lo scopo principale dello stato dev’essere quello di prevenire l’aborto e, se proprio non si trova l’alternativa, concederlo.
No, non è il manifesto di un’associazione pro-vita, è una sintesi, seppur estrema, della legge 194. Ne abbiamo parlato con Enrico qualche giorno fa, la 194 è sicuramente una delle leggi meno applicate in Italia, ma anche una delle meno conosciute e, con una nota sarcastica, direi che chi dice “la 194 non si tocca” spesso, coerentemente, non l’ha mai toccata per leggerla.
Non vi piace? Non l’ho scritta io e ambasciator non porta pena (anche se ammetto che l’avrei scritta molto simile a quella che c’è oggi).
In ogni caso, oggi parliamo dell’emendamento di FdI al decreto Pnrr approvato alla Camera
Le Regioni, nell’organizzare i servizi dei consultori, possono avvalersi, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, anche del coinvolgimento di soggetti del terzo settore che abbiano una qualificata esperienza nel sostegno alla maternità
Chiunque abbia letto la legge 194 sa che tale evenienza è prevista esplicitamente all’articolo 2 (e, sottintesa nel 5) e, in tutta onestà, non si vede dove si parli di pro-vita: il sostegno alla maternità è un qualcosa che esiste e, in varie regioni, vi sono anche associazioni arcobaleno classificate come tali, così come anche collettivi femministi hanno richiesto di entrare nei consultori per la medesima ragione.
Ironia della sorte, l’argomento che un emendamento del genere sia un favore ai pro vita è un qualcosa di problematico per chi lo sostiene, dato che:
- Presuppone che essere a favore della vita sia un qualcosa di negativo, che vita sia una parolaccia, quando invece la legge 194 stessa potremmo dire che è pro vita, dato che preferisce che la gravidanza venga continuata (il Ministero della Salute dice abbastanza chiaramente che “Obiettivo primario della legge è la tutela sociale della maternità e la prevenzione dell’aborto attraverso la rete dei consultori familiari”: se l’aborto fosse inquadrato come diritto o fenomeno non problematico non si dovrebbe certamente parlare di prevenzione)
- Ammette la totale desistenza nel campo del sostegno alla maternità di chi vuole portare avanti la gravidanza, dicendo che l’unica offerta che possono fare loro ad una donna in difficoltà è l’IVG
Nonostante ciò la Repubblica sostiene che “la destra all’attacco della legge 194”, il PD urla a gran voce che la Meloni sta provando ad abolire quella legge, più e più volte, per bocca di più e più esponenti che, legittimamente, porta a chiedersi se ci sono o ci fanno, e altri partiti d’opposizione seguono la stessa dubbia china. Sui social dilaga la bufala che si tratti di fondi del Pnrr ai pro vita, mentre è chiaro sin dall’emendamento che si tratta di una misura “senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”.
La legge 194 è chiarissima nel ruolo dei consultori: non sono principalmente strutture per abortire, ma per evitare l’aborto. Informano la donna dei propri diritti, contribuiscono “a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all’interruzione della gravidanza” e, nei casi particolari, mettono in collegamento le istituzioni e i servizi sociali con la donna. Quando proprio non è possibile, si rilascia l’attestazione della richiesta che consentirà poi l’accesso all’IVG.
Se il ruolo della 194 è anche quello di ridurre gli aborti è abbastanza ovvio che un’associazione che collabora con essi dovrà proporre un’alternativa concreta all’IVG: chi si aspetta che ad una donna che arriva in consultorio venga fatto un discorso su quanto sia una scelta liberatoria e una forma di empowerment e che non deve ascoltare chi le offre un’alternativa non ha capito nulla di questa legge, che anzi invita la donna, esclusi i casi di urgenza, a soprassedere (di tutti i verbi, l’unico che può voler anche dire evitare) per sette giorni.
Se anche fosse vero l’assunto che tutte le associazioni del genere se potessero farebbero volentieri a meno della facoltà di abortire il problema non è loro, ma di chi non ha sviluppato un’alternativa che, riconoscendosi nella 194 nella sua interezza, propone di offrire sostegno alla maternità e corretta informazione per ridurre l’uso dell’IVG senza ritenerla un male assoluto. Se esistesse, ditemelo che mi tessero.
Sembra che per qualcuno, oggi, il problema sia l’idea stessa che la vita sia da preferire all’aborto, o che addirittura di vita si possa parlare, e di come le misure che lo contrastano siano ben più elevanti per le donne rispetto all’IVG: la possibilità di poter sostenere una gravidanza e crescere un figlio in qualsiasi condizione economica, l’essere libera di decidere senza dover temere che portare avanti la gravidanza possa portare a conseguenze date da complicate situazioni relazionali o familiari o da partner minacciosi… Per non parlare del diritto (questo sì) alla procreazione cosciente e responsabile, che si può e si deve attuare anche con una contraccezione sicura, accessibile e informata, così da evitare che l’aborto sia usato come mezzo per il controllo delle nascite, cosa condannata dalla 194 medesima.
Tutte cose condivisibili, dove il mondo dell’associazionismo può indubbiamente aiutare, ed è anzi peccato che intere visioni del mondo si autoescludano perché temono la parola vita: pensiamo al fatto che molte associazioni per la famiglia e la maternità sono cattoliche, cosa che porta ad una visione della contraccezione che, per quanto funzionale per chi vede nella castità un valore, non è certamente sufficiente per garantire la salute e l’autonomia riproduttiva di chi non condivide tale visione.
La 194, seppur applicata imperfettamente, funziona abbastanza bene. Il tasso di abortività italiano è uno dei più bassi in Europa ed è, dall’approvazione della legge medesima, in calo. Non è difficile immaginare come un’attuazione ancora più completa della legge possa ridurre ulteriormente questi tassi.
Poi sia chiaro, la 194 prevede anche che vi siano delle misure per garantire l’accesso all’IVG come la mobilità del personale. Anche queste vanno applicate. La legge 194 deve garantire sia la possibilità di portare avanti una gravidanza sia quella di non portarla.
Nel riconoscere l’importanza della maternità e del suo ruolo sociale e di tutelare la vita sin dal principio pur dando una via alla donna che ha impedimenti non superabili di poter prendere la decisione di interrompere la gravidanza, la 194 è riuscita a mettere d’accordo la stragrande maggioranza degli italiani.
Italiani che si son dimostrati attenti alla vita ma anche attenti alla salute delle donne, dopo che anni di esperienza empirica hanno dimostrato che alla criminalizzazione dell’aborto corrisponde l’aborto abusivo. Nessuno vuole tornare ai ferri da calza.
Caratterizzando l’accesso all’IVG non come un diritto ma come una lecita extrema ratio da evitare con azioni sociali, noi come stato, come associazioni e come cittadini siamo incentivati ad agire non con la coercizione, ma con la proposizione e il sostegno, così che ci possa essere una vera libertà di scelta sulla propria maternità, che non sia solo il diritto di accedere all’IVG, ma anche di non accedervi. Che è proprio lo spirito della bella 194.
Con una nota abbastanza diretta, concludo semplicemente ricordando il titolo della 194: Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza.
“e sull’interruzione volontaria di gravidanza” è subordinata. Se crolla la tutela sociale della maternità, non ci si può stupire se crolla anche l’interruzione volontaria di gravidanza.