L’Italia è stato il primo paese europeo ad avere il dubbio onore (o onere?) di esser governato da una maggioranza composta da Lega e Movimento 5 Stelle, che si definiva esplicitamente “populista”, tant’è che premier designato Giuseppe Conte si è autoinvestito del titolo di “avvocato del popolo”. Il populismo è l’oggetto dell’analisi di un libro di Marco Tarchi dal titolo “Italia Populista”, nel quale il focus è diretto sull’Italia che dall’autore è definita un autentico “laboratorio del populismo”. Marco Tarchi è stato tra i principali esponenti italiani della “Nuova Destra”, la corrente di pensiero che negli anni 70 si era posta l’obbiettivo di rinnovare l’elaborazione culturale della destra, abbandonando la narrazione reducistica che all’epoca era egemone all’interno dell’MSI, movimento di cui fece parte e dal quale fu espulso nel 1981. Ha dedicato i suoi studi al fenomeno del populismo e alla democrazia diretta e “Italia populista” è un’ottima summa del suo lavoro. E’ diviso in due parti: i primi due capitoli sono di carattere teorico e l’autore vi fornisce la sua definizione del fenomeno, i sette successivi invece sono un excursus storico dei movimenti che in Italia sono in qualche modo stati accostati al populismo, fino ad arrivare all’esperienza di M5S.
Tarchi innanzitutto si chiede cosa sia il populismo, se un’ideologia, uno stile politico oppure una mentalità. Gli studi di teoria politica non sono unanimi in merito e se vi sono importanti studiosi che interpretano il fenomeno come un’ideologia, seppur ”debole”, ve ne sono altri che lo leggono come uno stile politico. La definizione che ne dà Tarchi è la seguente: “Definiamo perciò il populismo come la mentalità che individua il popolo come una totalità organica artificiosamente divisa da forze ostili, gli attribuisce naturali qualità etiche, ne contrappone il realismo, la laboriosità e l’integrità all’ipocrisia, all’inefficienza e alla corruzione delle oligarchie politiche, economiche, sociali e culturali e ne rivendica il primato come fonte di legittimazione del potere, al di sopra di ogni forma di rappresentanza e di mediazione.”
Il populismo quindi non sarebbe quindi uno stile e nemmeno un’ideologia, in entrambi i casi i suoi caratteri dovrebbero essere in qualche modo strutturati o codificati, mentre l’essenza del populismo è difficilmente afferrabile e si presenta sotto diverse forme, quanto piuttosto una mentalità. Ciò spiegherebbe in maniera molto convincente la sua trasversalità che lo rende “l’ospite inquietante” di esperienze politiche sia di sinistra che di destra.
Dire che il populismo è una mentalità che pone il popolo al centro del suo operare tuttavia non spiega completamente il fenomeno, se non per il fatto che non è ben chiaro che cosa definisca il termine “popolo”. Tale termine soffre dell’indeterminatezza che caratterizza i concetti politici più utilizzati, a partire da quelli di “nazione” e “democrazia”. Chi o cosa è il “popolo” si chiede Tarchi? Una “comunità coesa”? “la massa degli umili e diseredati”? “la gente comune”? la “base etnica della nazione”? il “popolo sovrano”? il popolo inteso come “classe” in senso marxista? Il “popolo intero” oppure “autentico”? dall’impossibilità di darne una definizione univoca secondo Tarchi deriva una delle caratteristiche principali del populismo: quella di assumere caratteristiche diverse a seconda dell’accezione del termine “popolo” a cui si fa riferimento. Detto questo, non significa che il populismo non abbia delle caratteristiche comuni ben individuabili.
Queste sono in primo luogo, l’esaltazione “dell’uomo comune” in contrapposizione alle élites, rappresentate dagli intellettuali, dai politici e dai non meglio precisati “poteri forti”, secondo uno schema dualistico che nella narrazione populista contrappone il cosiddetto “buon senso” alla competenza. Tale tendenza porta alla separazione manichea tra “il popolo”, considerato in un’accezione positiva nella sua “genuinità” a prescindere e i suoi “nemici” ovvero tutti coloro che sono al di fuori dell’insieme denominato “popolo”. Tarchi afferma che “Nel pantheon populista dei nemici del popolo il posto d’onore spetta al mondo della politica, popolato esclusivamente di parassiti, che sfruttano i sacrifici della gente semplice per il proprio esclusivo tornaconto, e da usurpatori, che hanno sottratto al popolo la sovranità che gli spetterebbe”.
Altra caratteristica fondamentale del populismo è la sfiducia verso la democrazia rappresentativa, alla quale si contrappone l’esaltazione della democrazia diretta esercitata dal “popolo”. Infine, caratteristica fondamentale del politico populista è quella di autoproclamarsi rappresentate assoluto del “popolo” con una sorta di autoinvestitura che deriva la sua autorevolezza dalla proclamazione tautologica di essere il rappresentante del “popolo” stesso, pur senza alcuna sanzione definita da passaggi elettorali.
Molto interessanti i capitoli dal terzo al nono, nei quali con una chiave di lettura “storica” Tarchi dipana il filo rosso del populismo in Italia, partendo dall’esperienza postbellica de “l’Uomo qualunque” di Guglielmo Giannini, passando per gli anni di tangentopoli e i populismi “viola” rappresentati dai girotondini e dal Dipietrismo. fino all’ultima manifestazione in ordine di tempo, il movimento di Beppe Grillo. Un’utile guida per capirne di più di uno dei termini più usati (e abusati) non solo dal moderno lessico politico ma anche dai mezzi di informazione.