FEDERALISMO & INDIPENDENZA | Approfondimento Politico

Zelens’kyj: cosa ci insegna un servitore del Popolo?

Pochi giorni fa ho terminato la visione della prima stagione di Servitore del Popolo, la serie TV di Volodymyr Zelens’kyj, il presidente dell’Ucraina, dove interpretava un docente di liceo (in realtà in Ucraina i licei son più istituti tecnici, cosa comune nei paesi ex-URSS) che viene eletto alla presidenza a sorpresa dopo un video virale di incazzatura con la situazione politica nel Paese.

Purtroppo, coi sottotitoli in inglese, ho trovato solo quella e il film (che vedrò, più avanti), per le altre stagioni attendo con trepidazione.

Oltre che significativa per la questione guerra tale serie è interessante politicamente, poiché si tratta dell’unica serie televisiva che è terminata perché… Dalla TV è passata alla realtà. Il presidente Holoborodko della finzione è divenuto il presidente Zelens’kyj della realtà.

E la cosa spettacolare è che nessuno sa se sia stata una intricata campagna elettorale sin dall’inizio o se la decisione di candidarsi sia arrivata dopo!

Permettetemi, dunque, questa piccola recensione da un punto di vista politico: proverò ad evitare gli spoiler perché, a mio parere, è una serie che chiunque sia appassionato di politica dovrebbe guardare. Potete trovarla su YouTube, su alcune piattaforme di streaming e, se mi contattate, posso darvi altre… informazioni utili.

È una commedia, ma non aspettatevi nulla in stile italiano dove Boldi sente un movimento intestinale, apre la porta del bagno, però era uno sgabuzzino e tira uno scurreggione addosso a De Sica che dice “ma che è? Un elefante in decomposizione?”: ti lascia il sorriso alla fine di ogni puntata, ma ci sono momenti drammatici, tristi e tesi, così come intrecci romantici e sentimentali, che alla fine sono il sale della serie.

C’è anche un uso sapiente dei flashback e delle visioni del Presidente con personaggi storici e i colpi di trama non sono indifferenti, anche se alle volte – con un po’ di psicologia – si può prevedere cosa succederà.

Piccola nota, per apprezzare al meglio la serie, è necessario capire un minimo di politica ucraina: ripassarne la forma di governo e un po’ di storia recente è utile, oltre che al capire la corrente “operazione speciale”, anche a capire varie battute o a capire chi faccia cosa.

Io, ad esempio, nella prima puntata, credevo che il premier fosse tipo un consigliere del presidente…

Servant of the People (TV Series 2015–2019) - IMDb
Il primo ministro Chuyko con il presidente Holoborodko

In ogni caso, sia il presidente televisivo che quello reale seguono un’ideologia di estremo centro, giusto per fare qualche esempio dalla serie Holoborodko decide di abbassare le tasse per ristrutturare il sistema fiscale, ma al contempo metterà una tassa sui super-ricchi e sulla birra quando si dovrà ripagare un grosso debito, sempre a tema debito l’obiettivo del presidente è evitare di cadere nella trappola del debito e ripagare i creditori internazionali, a differenza della classe politica che, invece, preferirebbe andare avanti a debito eternamente e vede nel default una benedizione.

In sostanza, non policy dettate da una specifica ideologia, se non il far funzionare lo Stato e, ovviamente, la lotta alla corruzione. Pragmatismo alla massima potenza.

Essenziale alla trama, e politicamente interessante, è il premier Chuyko: in politica dall’indipendenza del Paese – forse premier per tutti i venticinque anni – è una persona ampiamente esperta e navigata, ma al contempo fortemente collegata agli oligarchi e ad una politica corrotta: si rivelerà un amico-nemico del Presidente, consigliandolo sì in modo molto sensibile in molti casi, arrivando alle volte a dirgli che alcune misure erano così estreme che sarebbe stato bene avere una “guardia di confine patriottica e con idee simili” e rendendo essenzialmente possibile il suo lavoro, ma al contempo risponde (e non solo) al sistema di corruzione, provando sempre a garantirne l’esistenza, che probabilmente ritiene funzionale all’esistenza dello Stato stesso.

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Una scena… parecchio animata del trailer del film

Chuyko è essenzialmente una botta di realtà e di strategia che ricorda che, alle volte, perché le cose vengano fatte serve qualcosa in più rispetto alla pura onestà, specie se ad essere corrotto e marcio è il sistema stesso. E, soprattutto, che la politica non è sempre rose e fiori.

Particolarmente interessante è anche la scelta dei ministri: il presidente vorrebbe nominare quelli di sua competenza – su suggerimento del premier – tramite dei veri e propri colloqui di lavoro, ma il risultato porta a nomi già noti e stereotipati, così decide di rivolgersi alle proprie immediate conoscenze.

Ciò può aprire una questione non indifferente: solitamente nominare gli amici in politica è un esempio di clientelismo, però, se si crede che i ministri sono prima di tutto consiglieri del Presidente più che servitori dello Stato e si rende tale nomina non un comodo posto con villa a Montecarlo e salario garantito ma un onere il discorso può cambiare: in un paese dove tutta la politica è corrotta e le persone davvero oneste di cui ti puoi fidare possono scarseggiare chi puoi nominare altrimenti?

Il presidente col premier e vari ministri (nella finzione)

A mio parere la distinzione tra clientelismo e politica onesta è la ragione della nomina: se un mio amico diventasse premier e mi nominasse ministro dell’ambiente giusto perché non sa chi nominare e vuole ringraziarmi perché l’avevo aiutato una volta è clientelismo, visto che nei fatti mi ha semplicemente dato un posto pubblico, ma se un mio amico fosse premier e mi nominasse ministro dell’istruzione perché pensa che io possa licenziare gli statali in sovrannumero e rendere le scuole tecniche degne di tal nome meglio di ogni altra persona che conosce sarebbe politica onesta.

D’altronde, anche i partiti sono grossi circoli, quindi perché nominare – per le competenze! – un compagno di partito è ok mentre un amico no? Più che altro, il problema può essere nella cardinalità dell’insieme: meno sono i papabili, più è difficile avere troppe competenze ed è più facile avere nomine non di qualità.

I rapporti tra i nuovi ministri “laici” e il mondo politico, con intrighi, consulenti (nessuno è bravo come la nostra Michela) assistenti, dignitari, imprenditori e partiti sono anch’essi molto interessanti, oltre che divertenti, e quasi formativi, ma ve li lascio da esplorare nella serie, per non spoilerare troppo 🙂

Mi permetto solo di citare brevemente il ministro degli esteri, Mukhin, inizialmente ben poco istituzionale, con gaffes (ebbe a dire di un golpe in Africa che “anche i negri sono esseri umani, lasciateli golpeggiare”) e battute poco pacate, grazie all’aiuto della sua assistente diventa presto una figura apprezzata e di rilievo, riuscendo a consigliare e anche a correggere il Presidente quando necessario. Per di più, grazie al suo savoir faire maschile, riesce ad ottenere anche incontri diplomatici… Molto privati. Ma vi ho già detto troppo.

Anche la concezione personale del presidente interpretato da Zelens’kyj è interessante: egli ritiene di essere un cittadino comune e quindi di non necessitare di sicurezza (accetterà poi di avere una guardia autista tuttofare), residenze e trasporto su strada con scorta: questa visione è onestamente un po’ populista: se posso capire il non usare una residenza lussuosa ha senso averne una ufficiale, che sia utilizzabile per scopi istituzionali e facilmente controllabile, idem sul trasporto e la sicurezza e Holoborodko stesso dice la ragione: “è un dirigente del Paese”.

Ma i dirigenti hanno il trasporto privato e la sicurezza per una ragione: il loro tempo è denaro e meno se ne spende in trasporto meglio è. Quattro incontri in un giorno invece di tre può significare ricevere un importante finanziamento o firmare un accordo commerciale rilevante. Idem la sicurezza: il ferimento di un dirigente importante o di un capo di stato o di governo può portare a non pochi problemi, giustificando il costo della sicurezza.

Non tutta la famiglia di Vasilij Petrovič, però, segue questa filosofia di vita: qualcuno vorrebbe ristrutturare casa e fare la bella vita usando l’influenza dell’essere famiglia presidenziale, qualcun altro vorrebbe trovare un lavoro, semplice o politico, così da vivere comodamente o addirittura di mazzette, portando a conflitti familiari non indifferenti, acuiti dalle decisioni del presidente e della loro influenza sulla vita quotidiana.

Per concludere, è anche interessante un qualcuno contro cui Holoborodko si scontra spesso: il popolo.

Triste verità della democrazia è che chi ti elegge è spesso il tuo primo nemico. Se uno Stato funziona il buon funzionamento dello Stato e il benessere della cittadinanza son solitamente cose che vanno fianco a fianco, ma se lo Stato ha problemi come debito, clientelismo, voto di scambio e simili le riforme che servono nel lungo periodo possono far star male i cittadini nel breve: immaginate un aumento delle tasse, sussidi minori, licenziamento di dipendenti pubblici, pensionamenti posticipati e bollette più alte, sono cose che uno Stato potrebbe dover fare per salvarsi e garantirsi un futuro ma che, chiaramente, sono impopolari e possono portare a perdere le elezioni o peggio.

Holoborodko parla con dei cittadini durante una protesta

Quindi, molti politici poco coraggiosi evitano di cambiare davvero le cose adottando misure palliative come “debito per ripagare il debito”, “assunzioni statali per ridurre la disoccupazione”, “alzare le tasse per abbassare le tasse” e simili cose che, soprattutto in Paesi poco sviluppati socio-politicamente come l’Italia, sentiamo tutti i giorni.

Però, chi vuole cambiare le cose rischia di trovarsi contro l’elettorato! In tutta onestà, chi sarebbe contento di pagare bollette più alte, di dover trovare un nuovo lavoro dopo cinque anni in comune o, ancora peggio, dopo anni di supplenze per salire in graduatoria o, magari, di vedere la pensione allontanarsi di qualche anno?

Il presidente Holoborodko si troverà varie volte in conflitto tra la sua coscienza (specie quella storica) e la volontà popolare, col malcontento che cresce e porta il governo ad adottare misure… spaziali per provare a placare il dissenso, diciamola così.

Ma questa è una questione davvero importante per la politica: fregarsene della volontà popolare, affrontare proteste, reprimerle alle volte se sfociano nello sciopero (Reagan e Thatcher docent), rischiando ovviamente di perdere le elezioni, e lasciare cambiamenti duraturi o fare le cose piano, rischiando di non creare cambiamenti rilevanti ma non facendo arrabbiare il popolo?

Non è un mistero che vari esempi di riforme coraggiose derivino da situazioni non classicamente democratiche: possiamo citare il Liechtenstein, dove le riforme sono portate avanti dal Principe – che considera la politica un’oligarchia – e dove il Popolo ha essenzialmente il potere, con la democrazia diretta, di dire no alla politica sempre o no al Principe in toto, e all’altro estremo il Cile di Pinochet, dove il generale decise di delegare l’economia ai famosi Chicago Boys, istruiti da Milton Friedman, che fecero riforme molto coraggiose in campi come l’istruzione, il lavoro pubblico e la previdenza sociale, rendendo il Paese, piaccia o meno, il più prospero del Sud America, con la democrazia che si è rivelata capace di costruire sulle riforme, invece di cancellarle barbaramente (anche se negli ultimi anni questa tendenza c’è, tra presidente di estrema sinistra e riforma costituzionale, chi vivrà, vedrà)

Non sempre serve una dittatura, ovviamente: esempi simili in democrazia? Il New Labour di Blair che mantenne le basi del thatcherismo, i socialisti scandinavi che, tra gli anni ’80 e ’90, accettarono riforme capitaliste non indifferenti dopo aver perso le elezioni in favore di partiti conservatori a causa di vari problemi economici. Così come la Svizzera, patria della democrazia diretta, funziona parecchio bene.

Chiaramente, se non si ha la corona in testa, non è necessario indossare il berretto grigio: bisogna avere il giusto piglio per attuare misure impopolari, provare a ridurne gli effetti sulla popolazione, specie quella più debole, ed essere pronti ad affrontare con durezza chi prova a politicizzare il diritto di sciopero trasformandolo in vile interruzione di pubblico servizio, senza darsi però alla repressione del dissenso.

Ma sorge una questione morale non indifferente: se è il popolo ad accettare la corruzione, a trovarla un comodo sistema per veder le cose fatte, ad apprezzare le assunzioni clientelari, ad essere il primo a sbraitare contro i politici porci mentre è iscritto al concorsone per diventare bidello nella scuola dove il fratello insegna dove verrà preso per raccomandazione, a votare per le forze politiche che promettono lavoro facile, debito a manetta e spesa improduttiva, un servitore del Popolo dovrebbe pensare al miglior interesse di quest’ultimo e fare riforme sgradite o dovrebbe invece fare la volontà del Popolo e lasciare che le cose vadano avanti come sempre?

Soprattutto: è facile sbraitare contro la politica, ma quanti hanno l’integrità e l’onestà di un Holoborodko per cambiare le cose? E, soprattutto, quanti sono disposti a rinunciare alle comodità di una classe politica di manica larga che regala lavoro e sussidi, che pagherà qualcuno più avanti, in favore del prendersi le proprie responsabilità ora e rimboccarsi le maniche?

Queste sono le riflessioni che un, purtroppo, appassionato di politica come me fa dopo aver guardato la serie. Una serie che ho apprezzato come commedia ma, ancor di più, nella sua componente politica e amministrativa.

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Informatico di giorno, spietato liberista che brama la secessione del Nord di notte. Con la libera circolazione, dato che amo la pizza.

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