FEDERALISMO & INDIPENDENZA | Approfondimento Politico

Non tutto il Parmesan viene per nuocere

Nuova surreale polemica in Italia per via dell’intervista fatta dal Financial Times ad Alberto Grandi, a me già noto per l’interessante Denominazione di Origine Inventata, un libro in cui viene analizzata criticamente l’origine della cucina italiana, proprio mentre il governo candida la cucina italiana come patrimonio dell’UNESCO (LOL).

Nell’intervista, intitolata “tutto ciò che io, un italiano, pensavo sul cibo italiano è sbagliato“, vengono dette delle realtà che però non tutti vogliono sentire: per qualcuno “Alberto Grandi ridicolizza la cucina italiana sul Financial Times“, per altri “il Financial Times demolisce la cucina italiana“, mentre il Corriere, con moderazione, dice che “il Financial Times spiega le bufale sulla cucina italiana“.

Ma, appunto, sono realtà. Pensiamo alla tanto vituperata frase sul Parmesan: in inglese il termine è attestato dal sedicesimo secolo e, se vogliamo credere ai dizionari inglesi che parlano di origine italiana, proviene palesemente dal gallo-italico (ma, attenzione, potrebbe venire anche dal francese). Un formaggio a pasta dura, in quella zona, si fa almeno da quell’epoca.

Non poche persone sono emigrate negli Stati Uniti da terre dov’era tradizionale farlo e hanno portato con sé la propria ricetta. Considerando che i disciplinari del Parmigiano sono degli anni ’30 e quelli del Grana degli anni ’50, ed è noto che vi siano dei “Grana Perduti” come il Granone Lodigiano. Dunque, per quale ragione dovremmo considerare questi formaggi, dal cuore padano, come delle imitazioni, quand’è ben possibile che qualcuno abbia una ricetta più vicina ai Grana del 1800 rispetto all’omologo italiano?

Poi, vero, esistono anche persone che hanno acquisito il know how e hanno iniziato a creare formaggi analoghi: il buonissimo Gran Moravia di Brazzale e il Rokiškio sūris lituano sono degli esempi, ma non è una cosa normale? Quanto kebab italiano, paella italiana, formaggio stile cheddar/emmenthal italiano e simili avrete visto al supermercato?

E, potremmo dire, con un’analisi (corretta) del Panettone l’interessamento a Nord finisce. Viene smentita la Sacra Ricetta della Carbonara, mostrando come in Italia fosse fatta in modo molto variegato e come si stata standardizzata oltreoceano. Il guanciale? Si è imposto negli anni ’90.

Viene anche tirata in ballo una sua vecchia dichiarazione sulla pizza, pubblicata (con molta meno polemica) nel 2022, dove dice che, se la pizza come concetto è nata a Napoli, era un cibo di strada e fu in America, dalla comunità migrante, che venne riadattata, resa un cibo da mangiare seduti e riportata in Italia.

Alla fine, secondo Grandi, l’Italia, trovatasi in un momento di passaggio, ha sfruttato la cultura culinaria per crearsi una nuova identità. E considerando che l’Italia è culinariamente molto disunita, molto probabilmente un valtellinese nel 1900 non avrebbe nemmeno identificato come edibile il pasto di un coevo siciliano, gli Stati Uniti, dove le varie culture italiane si sono mischiate e hanno potuto produrre in un ambiente mediamente standardizzato, hanno dato un buon punto di partenza per questa nuova cucina italiana unificata…

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Informatico di giorno, spietato liberista che brama la secessione del Nord di notte. Con la libera circolazione, dato che amo la pizza.

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