Se avessi una macchina del tempo, tornassi a dicembre 2020 e dicessi ad uno che abbiamo passato un DPCM con delle indiscrezioni che guarda caso non son finite nel decreto finale dopo una sollevazione mediatica e che son stati fatti dei chiarimenti al DPCM per FAQ mi direbbe “classico del governo Conte, ormai”. Peccato che, ovviamente, l’abbia fatto il governo Draghi.
Alla vigilia dell’inizio delle elezioni presidenziali, con una concreta, anche se forse non elevata, possibilità che Draghi lasci Palazzo Chigi per un Palazzo più alto, non posso che non commentare l’ultima decisione del governo, il famoso DPCM super Green Pass, che ha lasciato l’amaro in bocca a tanti, anche sostenitori del governo Draghi fino a pochi giorni fa.
La mia valutazione del governo Draghi è sempre stata scettica. Ho riconosciuto i meriti quando presenti, ma ho fatto anche presente gli errori, spesso ottenendo come risposta un “trust the plan bischero” o un “allora era meglio Conte”, spesso da quelli che ora annunciano pomposamente su Twitter che ora il governo ha perso il loro sostegno.
Il mio primo dubbio, ovviamente, l’ho avuto con la riconferma di speranza. C’era lì un competente come Sileri, che era in perfetta continuità ma non era un ipocondriaco che sa solo parlare come molti altri dell’era Giuseppe, ma invece l’esponente del Movimento 5 Stelle è stato addirittura declassato.
“Una scelta di cortesia, poi vedremo chi governerà per davvero”, e chiudono lo sci il giorno prima della riapertura. Poi si poteva chiudere con la gestione liberticida dell’era Giuseppi, togliere l’idiota coprifuoco, iniziare le riapeture e si son tenute misure restrittive inutili per mesi, con il pretesto del “sennò la diamo vinta a Salvini”, il tutto tra il silenzio di certi media che, normalmente, gridano al fascismo se la Meloni si scaccola.
Poi, ad agosto, a casissimo, in un paese all’epoca molto messo bene come vaccinazioni, green pass, in principio solo per ristoranti e discoteche. Onestamente, solo una mossa per andar dietro a Macron, l’Italia ha da tempo questo complesso nei confronti dei “cugini d’Oltralpe”.
Poco dopo, altrettanto a caso, per un “picco” (fatico a chiamarlo così, visto che ormai contagi e ospedalizzati fan quel che vogliono loro), green pass a lavoro, con Brunetta che spiegava il costo psicologico del tampone.
Poi, a dicembre, la definitiva contizzazione dell’esecutivo, con:
- Obbligo di tampone per tutti (alla faccia del costo psicologico) al rientro per fermare Omicron, senza sapere quanto girasse Omicron in Italia
- Decreto salva-Natale annunciato il 23 dicembre (almeno Giuseppi, quando dovette soddisfare gli appetiti sessuali delle sue fangirls squirtanti a Natale che pretendevano in lockdown per “gli assembramenti dello shopping”, lo annunciò qualche settimana prima)
- Mascherina all’aperto ovunque e FFP-2 al chiuso, nonostante sui mezzi, sempre per decreto, potessero salire solo vaccinati e guariti. Sembra quasi un modo di prendere per il naso quelli che “ricordatevi sempre che se fossimo in dittatura ci sarebbe l’obbligo per tutti i cittadini di indossare un simbolo di fedeltà al regime”
- Programmazione settimanale dei decreti URGENTI, perché com’è noto le urgenze si possono programmare
- Chiusura delle discoteche, tanto mica è un settore economico dove la gente lavora e porta il pane a casa
Gennaio non ha mostrato miglioramenti, anzi, solo peggioramenti: ulteriori estensioni del GP, non giustificate dai dati, un obbligo vaccinale criticato pure dai virologi, la riduzione dei posti negli stadi con Sanremo a piena capienza e il ritorno mai richiesto della già citata combo DPCM+FAQ, tant’è che tanti che sostenevano il governo hanno abbandonato la nave.
Era certo accadesse? No! Draghi avrebbe potuto tirare fuori le palle e controllare più duramente i partiti, imponendosi maggiormente e magari minacciando crisi di governo con conseguente “tutti a casa e si va a votare con il Parlamento tagliato”, per quanto non possa avere ovviamente la leva di un Monti che poteva dire “o me o il default”.
Ma era pensabile e addirittura probabile? Certo. E non è certamente una cosa nuova: lo si poteva capire dalla sostanziale continuità con Conte su temi come le restrizioni alle libertà personali, il mantenimento del modello a zone ma soprattutto con l’introduzione del Green Pass in un momento di calma pandemica, come se l’obiettivo fosse quello di rafforzare la posizione del governo e non quello di tutelare la salute pubblica. Ovviamente all’epoca suggerirlo era quasi una bestemmia da complottisti, mentre oggi, con mezza Europa che riapre e annuncia la revoca di molte o di tutte le restrizioni, l’Italia annuncia super green pass, obblighi vaccinali, decreti balenghi, possibili proroghe dello stato d’emergenza e chi più ne ha più ne metta, possiamo dirlo: avevamo ragione
Francamente, chi è deluso ora dal governo Draghi, ma fino ad un mese fa lo lodava per il coraggio nell’agire e nel mettere i bastoni tra le ruote ai no vax, o era un ingenuo o era un fanboy. Sarebbe bastata una minima analisi razionale, o quantomeno non essere completamente inebriati dalla caduta di Conte, per ipotizzare questa deriva.