Da domenica, in Italia l’uso della mascherina non è più obbligatorio in molti casi: resta raccomandata negli spazi chiusi ma, escludendo teatri, cinema, ospedali e poco altro è un semplice consiglio.
Proprio il primo maggio, approfittando della visita a una fiera di paese vicino a un supermercato sono andato a prendere qualche provvista e non ho messo la mascherina.
Ero l’unico, escludendo un signore che sembrava più un surfista e l’immancabile sciora con la mascherina sotto al naso, che non so se contare con o senza mascherina. Per fortuna nessuno mi ha rotto le balle, cosa che ho letto che è capitata a qualcuno che ha osato compiere l’insano gesto di entrare in un locale senza mascherina.
Anche nei giorni successivi, per quanto qualcuno senza mascherina in più l’abbia visto, la stragrande maggioranza la indossava.
Non mi sento, onestamente, di giudicare chi ha la mascherina come fanno alcuni: magari è malato e non vuole infettare gli altri, magari è immunodepresso e il Covid per lui è pericoloso o magari ha paura di prendere il virus e finire in quarantena con annessi problemi lavorativi: in effetti è un pochino assurdo dire “basta mascherine” chiudendo in casa però i tridosati se prendono il virus, ma vabbè.
Voglio però approfittare della fine dell’obbligo per parlare di alcune cose relative all’Italia come concetto sociologico.
Prima di tutto gli italiani vivono in una dimensione autovittimista. Erano convinti da media che definivo lecca-Conte di essere la vergogna di Europa, incapaci di rispettare le regole, che avevano bisogno del pugno di ferro per capire le cose.
In realtà gli italiani sono stati tra i popoli più regolamentati e più rispettosi delle regole. Basta guardare qualsiasi foto dell’epoca per vedere un rispetto quasi religioso dell’obbligo di mascherina, anche all’esterno. Per chi, come me, consuma media stranieri il paradosso era ancora più accentuato: vedevo la gente che stava tranquillamente all’aperto senza mascherina in video ma se ciò fosse capitato nello Stato in cui, mio malgrado, vivo, sarebbero arrivati i carabinieri a sirene spiegate, manco fosse tornato il mostro di Firenze.
Passato il periodo in cui il cervello collettivo della nazione italiana diceva “Mascherina uguale Lombardia uguale brutto”, la mascherina è diventata una sorta di emblema della lotta alla pandemia, non indossarla, anche in contesti dove non aveva assolutamente senso, era malvisto, come se una persona stesse tradendo la causa, siamo arrivati ad assurdi quali l’obbligo di mascherina FFP2 sui mezzi pubblici quando potevano solo salire le persone col Super Green Pass, per capirci.
E nonostante ciò, nonostante l’essere stati i più regolati e i più rispettosi, la manfrina degli “italiani irresponsabili che non si meritano la libertà” ha portato enorme successo a giornalisti e simili che, in un paese che davvero ha un minimo di nobiltà d’animo e amore per la libertà, verrebbero trattati come i putiniani di ferro.
Qui, invece, convincono il governo a fare il lockdown a Natale perché i cattivissimi italiani sono andati, col permesso e i soldi del governo, a fare shopping in centro. Con la mascherina.
In ogni caso, sarà che ho sia la barba che gli occhiali, che non sono particolarmente amici della mascherina, se potevo non metterla lo facevo volentieri. E ciò, alle volte, voleva dire più sicurezza: meglio vedersi con tre amici al parco senza mascherina o al centro commerciale, con la mascherina? La prima, ve lo assicuro.
Ma per l’italiano medio dire che la mascherina può essere piacevole quanto una rettoscopia con una pigna era blasfemo e veniva accolto con grida di “ah, anche l’intubazione è scomoda” o che “i chirurghi le tengono sempre e non sono scomodi”.
Ah, ci tengo a sottolineare: per l’italiano medio d’area pro-tutto, quello no-tutto ovviamente diceva che nelle mascherine c’era l’ossido di chittemmuorto, perché in questo fallimento sociale a cielo aperto trovare posizioni moderate è difficile, mediamente o c’è gente che si sarebbe messa un beacon Bluetooth su per il retto con trasmissione 24/7 dei discorsi del competente ministro per favorire il tracciamento o c’è gente che dice che il Covid è stato creato nei laboratori della CIA in Ucraina e questa è la ragione per cui San Putin la sta invadendo.
Senza parlare di quelli che han fatto il giro e nel marzo 2020 chiedevano esercito a distribuire il cibo e sanificazione delle strade e ora son no vax…
Sempre a tema reazioni assolutamente moderate, ricordo bene quando alcuni genitori in Sudtirolo, per non mandare i figli a scuola tra DAD e mascherine hanno scelto di istruirli a casa per un anno.
E hanno fatto bene. Ho ben visto, grazie ad amici ancora a scuola e a parenti con figli piccoli, che tra DAD e interruzioni per positività e docenti sospesi non si impara un cazzo, scusate il francese.
Che male c’è nel garantire continuità didattica ai propri figli? C’è qualche matto che decide di seguire strane teorie sull’unschooling, ma si dà il caso che li siano gente seria e hanno approvato una legge provinciale per evitarlo.
Non va bene però all’italiano medio, che deve sbraitare, chiedere l’abolizione in un sol colpo di educazione parentale e autonomia all’Alto Adige prendendo centinaia di like, il tutto non sotto “il Primato Nazionale” ma sotto un rispettatissimo giornale i cui lettori sono nell’area di centrosinistra.
Qualcuno si scandalizza per via Sepp Kerschbaumer ad Appiano sulla Strada del Vino, ma ricordiamoci che – a detta di Silvius Magnago – è solo grazie a lui e ai suoi compagni di lotta che i sudtirolesi non son governati da gente del genere, quindi direi che dovrebbe avere una via in ogni città. D’Europa, non del Sudtirolo.
E cito il dettaglio centrosinistra per una ragione: l’Italianità, come costrutto sociologico, è stata (ri)fatta da Mussolini e mai abolita.
Nei fatti, il maestro romagnolo è stato probabilmente uno dei migliori sociologi del mondo: ha preso vari popoli, ne ha unito alcune caratteristiche insieme a un po’ di mito della Grande Roma e ha ottenuto un popolo che dipende da Mamma Stato per tutto e che, nei tempi grami, si incolpa di tutto, per non essere abbastanza fedele alla linea, e chiede allo Stato di essere più duro e meno di diritto, trovando in ogni piccola o grande cosa una scusa per unirsi contro qualche immaginario nemico.
Il sogno di ogni camicia nera vive ancora in tutti i cuori, nonostante Dongo, Piazzale Loreto e più di 70 marce del 25 aprile: gli italiani sono ancora quelli che nel 1922 accettarono senza problemi l’arrivo di Mussolini al governo.
Anzi, ancora peggio, sono quelli formati, istruiti, giudicati e governati da chi è stato per primo italianizzato dal Regime.
E appena cade la copertura della necessità di essere una democrazia liberale l’Italia si svela per quello che è: un Paese che, lasciato solo, diventerebbe alla svelta una sorta di democrazia organica governata per decreto da un comitato centrale.
Anche per piccole cose come un pezzo di tessuto su naso e bocca.