FEDERALISMO & INDIPENDENZA | Approfondimento Politico

Difendiamo la 194: l’alternativa è l’aborto libero (sicuro o meno)

Oggi la 194/78, legge sulla tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria di gravidanza, compie 46 anni. Una legge indubbiamente di successo, che è stata in grado di ridurre significativamente il numero di aborti in Italia rendendo sicuri quelli che son stati fatti.

E qui bisogna subito chiarire una cosa: la 194 è una legge per l’aborto legale (e in realtà per la sua prevenzione, come fa notare il ministero della Salute), non per l’aborto libero. E la differenza conta: le sigarette sono legali, si possono comprare in certi luoghi, non si possono fumare in altri, ci sono dei limiti di età e lo Stato agisce in modo da ridurne i costi sociali: non arrestando chi fuma ma offrendo alternative, educando alla salute e in certi casi ponendo dei paletti.

Sono libere invece le droghe illegali. In certe zone vengono allegramente proposte a chiunque, senza che nemmeno debbano chiedere o ci siano controlli sull’età. Certamente i pusher, che sono spesso anch’essi parte della catena, non hanno alcun interesse ad aiutare chi vuole ad uscirne. Lo stato reprime e lo fa da decenni ma il fenomeno non migliora, anzi…

Questo articolo voglio farlo cominciare come riflessione su qualcosa che scrissi tempo fa parlando di aborto a pagamento in chiave prettamente economica, argomentando che slegare lo Stato dal pagamento della prestazione renderebbe meno attaccabile l’IVG. Il che è vero, ma mi son reso conto di guardare il dito e non la luna.

In realtà, chi paga l’aborto è sostanzialmente la risposta a come lo consideriamo: una questione sociale o individuale?

La 194 risponde chiaramente: è una questione sociale. La maternità è sempre da favorire, la riproduzione consapevole idem e lo Stato agisce in modo che si superino le cause che possono portare all’IVG (il come, specie fuori dai consultori, è parecchio discutibile). Se proprio non si può, invece di lasciare le donne in mano a chissà chi, si istituisce l’aborto legale.

Ovviamente, data la presunzione che l’accesso all’IVG derivi da una situazione di grave difficoltà, non ci si sogna nemmeno di farlo pagare a chi lo richiede, cosa che probabilmente aggraverebbe questa situazione. Questo risponde anche magistralmente alla tematica, divenuta d’attualità da qualche tempo, di fare ascoltare il battito fetale prima dell’aborto: chi va ad abortire, in questo sistema di cose, sa benissimo che sta eliminando della vita e ha preso questa difficile decisione dopo aver analizzato, magari emozionalmente ma comunque con tutto il sostegno possibile, le alternative. C’è proprio bisogno di ricordarglielo?

La legge 194 è, appunto, una legge per la prevenzione dell’aborto, sia prima del concepimento (ad esempio ha disposizioni sull’educazione sessuale decisamente all’avanguardia per il ’78) che dopo, dando assistenza per la maternità difficile, e possiamo dire che ha funzionato ragionevolmente bene: l’Italia ha uno dei tassi di abortività minori d’Europa e, dalle stime di più di un milione di aborti l’anno prima della sua approvazione, il trend è sempre stato in calo.

Certo, non è tutto merito della 194 per se, ma possiamo parlare di una sorta di “consenso della 194”, dove si considera l’aborto un qualcosa di eticamente negativo ma lo si permette per evitare un male peggiore (l’aborto clandestino) e, in un certo senso, ogni aborto è un fallimento della società nel sostenere la maternità e la procreazione consapevole e si preferisce farlo pesare sull’anello più debole, ossia l’embrione.

Per questo a me la 194 piace molto. È una legge realista che, riconoscendo l’importanza della tutela della vita e della maternità, pragmaticamente riconosce anche che l’accesso all’aborto legale, se non sono superabili gli ostacoli alla maternità, è la cosa al momento migliore per la donna e la società nel complesso. Vi è anche un monito contro l’uso dell’aborto come forma di controllo delle nascite, ma nessun impedimento, perché nessuno vuole una Stasi sessuale che indaga su ogni donna che si reca in consultorio.

Vietare l’aborto è praticamente impossibile, è come vietare al vento di soffiare. Dei milioni di aborti che avvenivano in Italia prima della 194 le donne condannate facevano notizia. L’aborto prima della 194 era sostanzialmente libero e chi lo praticava non aveva alcuna ragione per offrire un’alternativa alla donna, dato che era un business anche redditizio.

La 194 ha posto fine all’aborto illegale ma libero creando quello legale ma sicuro, salvando vite, prevenendo gravidanze indesiderate e permettendo di portarne a termine in casi di maternità difficile. Scusate se è poco.

Ed è dal dimenticare la 194 e la sua storia che sorgono le posizioni estreme: pensiamo agli anti-abortisti, certamente condividono con essa l’idea di tutela della vita e della maternità, ma si dimenticano perché c’è, perché prima morivano ben più donne ed embrioni che dopo, il tutto con una oscena differenza sociale tra le donne più povere, costrette alle mammane, e quelle più ricche, che potevano espatriare o trovare un medico compiacente a prezzi spesso esorbitanti.

Ma c’è anche l’abortismo, che risponde alla domanda al principio dell’articolo con “individuale”. L’aborto non è una cosa negativa, né un qualcosa da prevenire, anzi, offrire alternative è un attacco alla libertà di scelta della donna, guai a parlare di una decisione dura o difficile. Nell’utero non c’è vita e, per questo, gli uomini nemmeno dovrebbero avere un’opinione!

Si potrebbe dire molto sull’etica di questa posizione, ma siamo pragmatici come abbiamo fatto con gli anti-abortisti: siamo tutti d’accordo che se non ho l’utero e non posso parlare, allora non devo pagare?

Ossia, formalizzando la posizione: se l’aborto è un tema strettamente individuale, perché la collettività deve farsene carico? Non c’è valida ragione. Qualcuno tenta di abbozzare ragionamenti, ma che finiscono a essere incoerenti, circolari (del tipo “l’aborto dev’essere pagato dalla collettività perché è giusto così”) o semplicemente insensati, qualcun altro ti manda direttamente a quel paese o ti dà del fascista perché non sa argomentare.

Se “l’utero è mio e decido io”, ne consegue che “pago io”. Basta vedere gli Stati Uniti, che per quasi 50 anni hanno operato sotto l’assunto di Roe e Casey del diritto all’aborto derivante dal diritto alla privacy: il governo federale non può finanziare aborti che non siano per incesto, stupro o pericolo di vita per la donna, qualche stato è un po’ più generoso e copre alcuni casi medici, ma gli aborti elettivi sono a pagamento, e nemmeno coperti da tutte le assicurazioni.

Non si tratta di una particolarità americana, ovviamente, in Europa orientale, e in realtà anche tra Germania e Austria con eccezioni, è il modello utilizzato. Perché oggettivamente è ciò che ha più senso se si decide di eliminare la dimensione collettiva della maternità per darsi ad una visione meramente individualistica.

Ma a me, quest’idea, ricorda tanto una legalizzazione del cucchiaio d’oro, per quanto sicuramente a prezzi ridotti per ovvie leggi di mercato: la donna ricca ha sempre la possibilità di scegliere se portare avanti o meno la gravidanza, mentre la donna povera si trova impossibilitata a portare avanti economicamente la gravidanza ma deve procurarsi una somma di denaro non indifferente per terminarla.

Si elimina solo il problema delle donne morte per mano delle mammane, senza nemmeno provare a superare le cause dell’aborto. E infatti, nei già citati Stati Uniti, non c’è d stata una flessione come quella italiana.

Qualcuno potrebbe proporre la soluzione presente in alcuni land austriaci: finanziarlo solo a chi è in particolari condizioni economiche. Ma non è forse anche questa una sorta di costrizione che non lascia la possibilità di proseguire se lo si desidera dato che l’alternativa sussidiata è solo una?

Allora dico io, perché crucciarsi su questi temi rischiando di fare passi indietro quando abbiamo una legge che ha dimostrato di funzionare, coniugando due temi apparentemente inconiugabili come la tutela sociale della maternità e la possibilità di interrompere una gravidanza e che, magari con qualche piccola modifica legata all’evoluzione della scienza medica (si veda la RU486 o gli aborti terapeutici), può essere perfettamente attuale ancora oggi?

Oggi compie gli anni la 194. Con un po’ di simpatia, posso dire “194 di questi giorni”?

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Informatico di giorno, spietato liberista che brama la secessione del Nord di notte. Con la libera circolazione, dato che amo la pizza.

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