FEDERALISMO & INDIPENDENZA | Approfondimento Politico

La cura per la sanità lombarda ha un nome: Bismarck decentrato

Il modello lombardo è vicino alla sua fine. Ha retto bene e ha permesso ai lombardi di avere buone cure per 23 anni a costi su PIL relativamente moderati. Ma la crisi del coronavirus l’ha messo in difficoltà su due fronti:

  • L’attacco dei peggiori: chi solitamente vive in condizioni sanitarie precarie vede per una volta “la prima della classe” in difficoltà e ci gode, spesso spinto anche da una visione politica anti-concorrenza nel campo sanitario
  • L’attacco dei migliori: com’è possibile che Stati con un bilancio sanitario paragonabile su PIL alla Lombardia come la Corea del Sud e la Cechia abbiano ottenuto risultati migliori?

In effetti il modello lombardo soffre di un problema principale: conciliare la realtà sanitaria lombarda con le volontà del governo centrale italiano. Nei fatti la Lombardia deve tenere il piede in due scarpe…

La storia del modello lombardo

File:Roberto Formigoni datisenato 2013.jpg - Wikipedia
Roberto Formigoni (Fonte: senato.it)

Ufficialmente la storia del modello lombardo inizia nel 1997 quando Formigoni approva la sua riforma sanitaria fondata su tre principi:

  • Equiparazione pubblico-privato
  • Libertà di scelta del paziente
  • Separazione delle funzioni di programmazione e di cura e pagamento per prestazione

Ma, in realtà, le cose hanno un’origine ben più antica. La sanità lombarda è sempre stata ampiamente privatistica, pensate solo al fatto che il Gruppo San Donato è stato fondato nel 1957, ben prima della riforma Formigoni, il San Raffaele nel 1969, il Poliambulanza nel 1903, insieme alla clinica Gavazzeni, oggi dell’Humanitas, mentre il San Giuseppe di Milano addirittura al 1874.

E, inoltre, era ancora molto diffusa l’usanza di costruire ospedali “semi-pubblici”, ossia con partecipazione pubblica ma sviluppati dall’iniziativa di privati medici e pagati con lasciti, un esempio: la Mangiagalli.

In sostanza l’ampia presenza della sanità privata in Lombardia ha portato alla nascita del modello lombardo, non l’inverso.

E, ricordiamocelo, i sistemi sanitari si creano sempre dalle basi che ci sono: se per esempio la Corea del Sud ha più del 90% degli ospedali privati non è perché è bello ma perché la dittatura se ne fregava di costruire ospedali e lo facevano i privati, mentre in Germania lo Stato costruiva ospedali e quindi circa la metà dei posti letto son pubblici (ma gli ospedali pubblici lì son gestiti da aziende).

Fino agli anni ’70, in Italia, vigeva il sistema mutualistico: i cittadini pagavano delle mutue (e infatti ancor’oggi il SSN viene spesso chiamato “la mutua”) e queste davano loro le cure mediche.

Le mutue avevano dei problemi: prima di tutto erano legate alla professione, in sostanza non c’era la possibilità di scegliere la propria mutua ma era “imposta”. Inoltre esse erano scarsamente controllate e alle volte politicizzate, portando a grossi debiti e a scarsa copertura.

E la nascita del SSN…

File:Tina Anselmi 3.jpg
Tina Anselmi, “madre” del SSN (fonte: Camera dei Deputati)

A Roma decisero quindi di risolvere il tutto seguendo la strada seguita nel Regno Unito qualche decennio prima: abolire le mutue e passare a un sistema sanitario unico.

Tuttavia, rispetto al modello adottato nel Regno Unito dai laburisti il governo italiano scelse di essere più “fedele” all’idea originale che portò alla nascita del SSN: l’inventore della sanità pubblica universale, Lord Beveridge, voleva infatti una sanità su base locale ma i laburisti ottennero che fosse statale mentre in Italia, per fortuna, abbiamo assistito ad un modello regionalizzato.

E in quasi tutte le Regioni l’offerta pubblica andava per la maggiore, rendendo più agevole l’implementazione di tale SSN. Ma Lombardia e Lazio erano l’eccezione, la prima per la sua storia privatistica che rendeva impossibile completare il sistema senza privati e la seconda per gli istituti religiosi.

Purtroppo non si trovano dati precisi dall’istituzione precisa del SSN ma vi sono dati di pochi anni dopo, nel 1995 (quindi prima del vituperato modello lombardo) che mostrano come il privato sia sempre stato importante per la Lombardia, ma aveva anche della “concorrenza”: Lazio ed Emilia-Romagna avevano un bel po’ di sanità privata anch’esse, paradossalmente la Lombardia era la regione con più pubblico in valore assoluto mentre il Lazio aveva più privato che pubblico e, in generale, più privato che tutto. E, ancor più paradossalmente, la Regione con più ricoveri privati era la Calabria.

E, alla fine, erano dati abbastanza coerenti anche per oggi: il mito della “sanità lombarda totalmente privata” è, appunto, un mito: anche oggi il pubblico in Lombardia è, seppur leggermente, preponderante sul privato. 

In ogni caso si era già consci della specialità lombarda: era normale nei report dell’epoca leggere frasi del tipo “in Italia e in Lombardia”, a rimarcare come il sistema sanitario lombardo sia sempre stato un qualcosa di diverso da quello della Penisola.

Inoltre la riforma del 1997 non venne fatta da Formigoni perché si era svegliato bene al mattino ma perché Roma si rese conto che senza finanziamento a prestazione il sistema sarebbe andato rapidamente in malora e quindi voleva introdurre tale modello di pagamento, la Lombardia accettò ben volentieri di implementarlo per prima.

E la divisione tra “poteri” ha avuto effetti positivi, come fa notare l’AIOP nel suo report del 2016:

Questa soluzione evita che si verifichi in Lombardia la condizione paradossale, ma normale in tutte le altre Regioni, dove ispettori dell’Asl controllano ospedali della stessa Asl e riferiscono al Direttore Generale della stessa Asl che potrebbe dover adottare provvedimenti contro se stesso. La separazione fra Asl e Aziende ospedaliere, invece, consente di realizzare un contradditorio permanente fra Asl ed erogatori ospedalieri, che ha prodotto innumerevoli correttivi

In sostanza sì, c’è del marcio anche in quel di Milano ma ci sarebbe potuta andare molto, molto peggio se avessimo fatto come molte altre regioni dove tutto dipende dagli stessi uffici.

Obiettivamente se l’unico scandalo nella sanità lombarda è stato così raro che se ne parla ancora adesso mentre in altre Regioni è quotidianità c’è una ragione: la nostra sanità regionale è più controllata, nei fatti, e fare le cose “aumma aumma” richiede che tante persone chiudano due occhi.

Ma qualcosa cambiò nel 2015.

Territorio, Tamponi, assessorato unico: le criticità più grandi

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Mappa delle AST della Lombardia dopo la riforma del 2015 (Autore:
MikkoGambaIT)

Nel 2015 venne infatti approvata una nuova riforma sanitaria che in sostanza faceva tre cose:

  • Riformava l’aspetto territoriale: La Lombardia venne divisa in ATS, con funzioni di programmazione, acquisto e vigilanza, e ASST, ossia le aziende ospedaliere, con funzioni locali e di fornitura effettiva delle prestazioni
  • Istituì la “presa in carico” per i pazienti cronici, ossia essi possono scegliere di affidarsi a un ente medico per la programmazione delle proprie cure
  • Creò un assessorato unico al Welfare

Penso che qui abbiate notato un problema non da poco: la rete territoriale è debole. L’ATS si occupa di aspetti amministrativi, l’ASST, che corrisponde all’ospedale, di aspetti medici.

Manca un soggetto come la classica ASL che si occupa di coordinamento sanitario e di presenza sul territorio, il compito è confusamente partito tra questi nuovi enti.

Abbiamo in sostanza una sanità forte in quanto a ospedali e cure ma poco “legata” al territorio, cosa che si rivelerà decisamente scomoda nel gestire l’emergenza.

Ma, soprattutto, questa cosa ricorda nei fatti un’aziendalizzazione del servizio sanitario regionale. Tant’è che il primo assessore unico, Giulio Gallera, è un manager con esperienza.

Chiariamo subito una cosa: non siano “grillini” per cui “se solo ci fosse stato il politico giusto…”, anzi, a me Gallera sta anche simpatico e sono sicuro che messo alla guida della “Sanità Lombarda SpA” otterrebbe grandi risultati. Infatti io contesto un problema sistemico, non un problema personale.

Inoltre l’aziendalizzazione della sanità non è affatto un male come vorrebbero intendere alcuni. In Germania molte delle aziende ospedaliere dei Länder sono effettivamente delle GmbH. Basta farlo bene come descriverò più avanti.

C’è anche da considerare un elemento molto importante: la Lombardia ha fatto pochi tamponi. Ciò da un lato giustifica la mortalità apparentemente elevata, che nemmeno i più accaniti contestatori di Gallera e Fontana che vivono nella realtà credono essere tale ma attribuiscono semplicemente ad una stima decisamente molto bassa del numero di contagiati, ma dall’altro porta a chiedersi come mai sia accaduto.

Come mai? Risposta semplice: pochi laboratori e poca volontà. A inizio emergenza la Lombardia aveva solo tre laboratori, oggi sono circa 25. Poi ci si è messa anche Roma a dire di non fare troppi tamponi ed è stata la ricetta per una diffusione incontrollata. E, poi, il virus già girava specie nella Provincia di Milano e limitrofi da ben prima dell’emergenza, ma senza sierologici non possiamo misurare quanto.

Altri Paesi invece hanno tenuto sotto controllo il virus, o quantomeno lo hanno tracciato con dati che non sono completa spazzatura matematica, facendo tanti tamponi. Ad esempio la Corea del Sud e, in Europa, l’esempio più noto è la Germania. Ma anche la Repubblica Ceca, dove COVID-19 ha apparentemente avuto poca diffusione (ma bisogna dire che si sta facendo uno studio sierologico statistico per capire quanto abbia, in effetti, colpito) ha eseguito un numero ragguardevole di test tenendo in conto la loro situazione epidemiologica, alle volte facendo in un giorno metà dei tamponi della Lombardia, con una frazione dei morti. E infatti la Cechia aveva circa 100 laboratori adatti a fare test, e tanti facevano anche test privatamente per chi, ad esempio, voleva viaggiare all’estero e necessitava di una “patente sanitaria”.

Certo, un centinaio è nulla rispetto alle varie centinaia di Berlino e Seul, ma resta il fatto che la Repubblica Ceca sia uno stato di dimensioni paragonabili alla Lombardia e, per quanto ricco e sviluppato, non è ancora classificato come motore d’Europa.

Tuttavia c’è un’enorme differenza tra la Germania (ma anche la Cechia) e la Lombardia: in quei Paesi esiste il sistema Bismarck, in Italia no, perché c’è Beveridge.

Un piccolo breviario di sistemi sanitari

Presumo che molti italiani, anche quelli che un questi giorni assiduamente parlano di sanità ed esprimono la loro “informata opinione” se sentono Bismarck pensano alla bistecca e se senton Beveridge a Ridge Forrester alticcio, eppure sono sistemi sanitari.

Ma spieghiamo subito le cose in sintesi:

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Bismarck (Fonte: Archivio Federale Tedesco)

Il modello Bismarck nasce nel 1883 quando il cancelliere Ottone di Bismarck decise di dare una sanità a tutti i lavoratori del suo Paese. I lavoratori pagavano una cassa legata al proprio lavoro e ottenevano in cambio le cure. Il governo interveniva, il meno possibile, solo per gli indigenti.

Tale modello venne poi implementato in Italia. Sì, paradossalmente abbiamo avuto anche noi Bismarck, nella variante originale corporativa.

Tuttavia nel 1946 qualcosa cambiò: in Inghilterra il liberale (in senso inglese, quindi keynesiano) William Beveridge suggerì che la sanità divenisse affare pubblico. Come accennavo negli scorsi paragrafi lui la voleva locale ma la politica inglese dell’epoca volle renderla statale.

Beveridge sembrava correggere tutti i problemi di Bismarck: nessuna mutua in debito, nessun ospedale in dissesto, accessibilità per tutti.

E allora come mai i paesi Bismarck non hanno abbandonato il loro modello per passare a questo?

Semplicemente perché sono stati in grado di risolvere i problemi di Bismarck dentro Bismarck, mantenendone i pregi quali bassi tempi d’attesa per le cure e alta accessibilità.

Col tempo i sistemi Bismarck sono migliorati: lo Stato ha offerto una copertura migliore per i poveri, in vari Paesi la mutua è di libera scelta e non legata alla professione ed esse possono avere più o meno concorrenza nei servizi che offrono a seconda dell’ordinamento, in sostanza Bismarck ha preso i “fondamenti ideologici” di Beveridge, li ha fatti suoi e ha ottenuto di meglio.

Accessibilità nell’EHCI del 2015

Nel mentre i sistemi Beveridge, con limitate eccezioni (ad esempio la Scandinavia e la Macedonia, per quanto essa partisse da un livello basso) hanno iniziato un lento degrado, portando l’Euro Health Consumer Index a definire dal 2014 “Bismarck Batte Beveridge” una caratteristica permanente del panorama sanitario europeo.

C’è anche da dire una cosa: Regno Unito a parte, che conserva Beveridge “duro e puro” ormai i sistemi tendono a “compromettersi” e potremmo dire che sarebbe meglio parlare di sistemi sanitari ispirati a Beveridge e ispirati a Bismarck, dove la differenza è principalmente una: nei primi c’è un sistema pubblico che si occupa di curare la popolazione, il tutto finanziato dalla tassazione e il privato che vi opera viene equiparato al pubblico, nel secondo invece vi sono operatori sanitari in concorrenza tra di loro per ottenere il pagamento per il servizio.

Per amor di precisione esiste un terzo sistema che si chiama “mutua nazionale” e prevede in sostanza che lo Stato raccolga il denaro tramite contributi e lo usi per curare le persone in cliniche di propria scelta. Non se ne parla molto perché nei fatti non esiste e tende a passare molto rapidamente verso il tendere ad un altro sistema: per esempio Canada e Corea del Sud hanno formalmente delle mutue nazionali ma in pratica il Canada ha così tanti ospedali pubblici che ha un Beveridge mentre la Corea del Sud ha una tale permeazione delle mutue private che ha molti elementi bismarckiani.

Esistono invece sistemi misti che hanno elementi della mutua nazionale in Europa come quello francese, ungherese e, per certi versi, anche quello lombardo, che condivide il presupposto “il pubblico è il migliore per pagare ma non il migliore per fare”, ma sono tendenzialmente classificabili in altri modi, anche con un po’ di controversia (c’è chi ritiene il sistema francese un Beveridge con tendenze bismarckiane mentre c’è chi argomenta che sia un Bismarck con una forte presenza del pubblico negli ospedali e nel finanziamento di base).

Per chi fosse interessato ad un approfondimento dei sistemi sanitari ne ho parlato, con l’aiuto di un medico, per l’Istituto Liberale qui.

Perché Bismarck si adatterebbe bene alla Lombardia?

Per capire perché un ritorno a un Bismarck aggiornato avrebbe senso per la sanità lombarda dobbiamo partire da alcuni presupposti:

  • La Lombardia i privati li ha, li ha da ben prima che il SSR fosse nato e fanno parte del sistema in modo ormai inscindibile
  • La sanità lombarda offre certi livelli di accessibilità solo grazie ad una stretta collaborazione coi privati
  • È bene che i privati siano accessibili a tutti e spesso lo sono, tra SSR, privato agevolato e simili, ma spesso lasciano fuori i più deboli (se io ho bisogno di una visita che con SSR mi costa 40€ ed è tra tre mesi mentre con l’agevolazione viene 50€ tra due settimane vado come agevolato, una persona in difficoltà esente dovrebbe pagare 50€ in più rispetto a quanto pagherebbe normalmente e potrebbe non poterlo fare)
  • In Lombardia è visto come una cosa positiva avere una mutua integrativa come beneficio nel contratto di lavoro e praticamente tutti quelli che ce l’hanno ne fanno ampio uso
  • I costi di libero mercato delle visite sono minori rispetto a quelli pagati effettivamente in regime di convenzione, ossia quando i privati vengono parificati al pubblico
  • La Regione ha mostrato difficoltà nel gestire insieme la parte di gestione imprenditoriale e quella di gestione sanitaria

Andiamo per gradi analizzando la questione su più punti

Quale Bismarck?

Prima di tutto chiariamo: Bismarck non è un dogma e ne esistono varie applicazioni. È comprensibile che dopo anni di sistema Beveridge non si voglia fare un cambiamento radicale nella parte di finanziamento.

Ma è infatti possibilissimo sviluppare un Bismarck con una certa copertura pubblica: in Olanda per esempio lo Stato copre certe spese sanitarie (ad esempio le lungodegenze) mentre lascia ad assicurazioni private la restante parte della sanità, che viene esercitata in strutture largamente private.

Ad oggi la sanità dei Paesi Bassi è ritenuta una delle migliori del continente per il servizio all’utente (qui ne parla Vox, un giornale online americano tendenzialmente liberal ma intellettualmente onesto, quindi non è che abbia particolare beneficio a difendere il privato) ed offre cure di buona qualità, anche se alle volte manca di alcune apparati specialistici.

È un sistema perfetto? No, ma tenendo conto anche di altri esempi si può arrivare ad un sistema che non fa paura alla popolazione, che spesso sentendo “assicurazioni sanitarie” pensa “all’America dove se hai l’assicurazione bronze ma l’ospedale dove ti portano è silver muori fuori dall’ospedale” ma pensando invece all’esperienza positiva delle mutue integrative che vengono estese per coprire tutti i cittadini: lo Stato mi copre se succede qualcosa di grave, lo Stato controlla che l’assicurazione non mi frodi portando i miei soldi alle Cayman ma le mie cure ordinarie me le scelgo io e le paga l’assicurazione.

Se poi ci troviamo bene nulla ci vieta di andare avanti e attuare un piano più marcato.

Come gestire gli ospedali pubblici?

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Ospedale della Vivantes, azienda che gestisce gli ospedali pubblici berlinesi (Autore: Dirk Ingo Frankie)

Resta aperta la questione di cosa fare delle attuali ASST. E qui le opzioni sono potenzialmente tre, che potrebbero anche mischiarsi tra di loro:

  • Soluzione ceca: decentrare la gestione della sanità ad enti il più possibile locali, adeguando il tutto alle loro necessità (quindi ad esempio passando un grande ospedale provinciale alla provincia mentre un piccolo presidio montano alla comunità montana)
  • Soluzione tedesca: fondare la “Sanità Lombarda SpA”, darle tutti gli ospedali pubblici odierni e lasciarla libera di funzionare, magari fa anche un profitto
  • Soluzione individualizzata: valutare ognuna delle ventisette ASST individualmente ascoltando politici locali, medici e cittadini per decidere cosa fare di ogni singola ASST: mantenerla pubblica, renderla un’azienda autonoma, darla ai territori o venderla

Sicuramente è anche possibile una totale privatizzazione, ma molto probabilmente le persone, posto che gli ospedali funzionino, non la vorrebbero. La questione è principalmente se sia preferibile un’unica gestione aziendale a livello regionale, una gestione aziendale a livello locale o una gestione pubblica. Non è una risposta scontata e, onestamente, nemmeno unica per tutti i presidi del territorio.

Rapporto tra fornitori e mutue

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Scritta “Cassa Malati” in Germania (Autore:Helfmann)

Può in effetti sconvolgere che, sto usando dati inventati ma realistici, la Clinica Pincopallo chieda 90€ a chi paga cash per un esame che il SSR rimborsa a tariffa pubblica di 190€.

Ebbene, nei sistemi Bismarck le mutue possono negoziare i prezzi. Per carità, lo fa anche l’ATS (qui un esempio per dirvi che Sanità Lombarda SpA già esiste di fatto, semplicemente sta nel sistema sbagliato perché funzioni davvero bene) ma, proprio a livello sistemico, un sistema con un pelo in più di concorrenza tenderebbe a farlo meglio.

Nulla vieta, però, che l’ATS abbia un ruolo di negoziazione di base per quei casi in cui non vi è una diretta negoziazione tra fornitore e assicurazione ma un assicurato debba fare uso di un servizio di tale fornitore.

E la negoziazione è importante, tant’è che il governo svizzero ha chiesto alle casse malati di negoziare di più (e meglio) per ridurre i prezzi. È vero: alle volte i sistemi Beveridge, sfruttando la posizione di monopolio de facto del governo come assicuratore sanitario, strappano un accordo migliore a livello economico rispetto alle mutue. Ma non chiedetevi poi perché per quella visita, anche dal “privato convenzionato”, dovete comunque aspettare due mesi mentre in altri Stati direbbero che è una lunga attesa anche se fossero due settimane.

Accessibilità (specie per i più deboli)

Io, che posso permettermi di pagare un po’ di più, trovo il sistema lombardo dannatamente accessibile. Posso andare un po’ dove voglio e pagando poco più rispetto al ticket che già pagherei ma andando molto prima rispetto al SSR.

Ma provo dispiacere nel sapere che chi più avrebbe bisogno di una sanità accessibile non ce l’ha e ha come unica alternativa attendere.

Come accennavo prima, infatti, per me dieci o venti euro valgono decisamente il risparmio di tempo, mentre, essendo i più deboli esenti da ticket, dovrebbero pagare molto di più (da 0€ a 60€ è una bella differenza) per avere questa possibilità.

Queste persone si trovano quindi davanti a un bivio: mangiare/pagare le bollette/l’affitto o curarsi prima. Ebbene, nel momento in cui si pagano delle tasse per avere una sanità universale questo non dovrebbe succedere.

Ma non bisogna impedirlo vietando a me di curarmi velocemente ma permettendo anche al più povero di farlo.

E, di media, i sistemi Bismarck garantiscono trattamenti veloci a tutti. Sì, potrebbe esistere ancora una disparità tra chi ha l’assicurazione con lo stipendio da manager che gli fa fare tutto il giorno dopo e chi ha l’assicurazione “della mutua” che lo manda a fare la visita dopo dieci giorni. Ma sarebbe comunque una disparità molto, molto minore rispetto a quella che abbiamo oggi.

Ruolo della Regione

Il ruolo della Regione sarebbe decisamente ridotto in queste ipotesi e infatti potrebbe contentarsi su ciò in cui ha avuto problemi: il coordinamento territoriale.

In Germania, per esempio, esistono più di 400 “ASL”, tutte rappresentate da uffici composte da comuni, autonomie locali ed entità rurali: una bella differenza rispetto alle nostre poche ASST e con una politicizzazione ben ridotta rispetto a quelle italiane dove vi è di fatto una nomina diretta.

Se slegassimo definitivamente, e non solo parzialmente, le funzioni di cura, salute pubblica e pagamento delle prestazioni ogni elemento potrebbe funzionare al meglio:

  • Ospedali e cliniche, pubbliche o private, fornirebbero le cure e i servizi sanitari
  • Il sistema mutualistico, più o meno a copertura pubblica, pagherebbe le cure
  • La Regione e gli enti locali programmerebbero le funzioni di salute pubblica che non esisterebbero senza coordinamento pubblico senza per ciò dover programmare funzioni che appartengono alle altre due funzioni.

Per di più mi permetto di fare notare come molti errori in Lombardia siano dovuti all‘eccessivo accentramento delle funzioni sanitarie.

Negli Stati europei di dimensioni paragonabili alla Lombardia hanno tutti un decentramento sanitario: in Austria i Länder, in Cechia le Regioni, solo il Belgio segue la divisione duale tra Vallonia e Fiandre e infatti ha gestito male il tutto.

La Lombardia non ha vere autonomie sanitarie ma solo proprie divisioni amministrative interne e gestire un sistema unico da 10 milioni di abitanti non è facile. Ciò ha portato vari sindaci lombardi a chiedere più potere nella sanità.

E io dico: diamoglieli. Avere più livelli di gestione aumenta il controllo e aumenta le possibilità che se qualcosa vada male vi sia un altro livello a correggere, un po’ come il modello Veneto ha decisamente surclassato il modello Speranza.

Se ci fosse stato anche un modello Gori o un modello Del Bono magari avrebbe corretto i problemi delle scelte regionali e statali.

La struttura ideale (e un po’ di calcoli)

Perché parlare solo di Lombardia e non di tutta l’Italia? Per quanto io creda che Bismarck sarebbe sicuramente benefico per tutta la sanità italiana bisogna considerare che la sanità lombarda ha una struttura quasi ideale per implementarlo mentre nelle altre Regioni andrebbe largamente creata.

Se si volesse riformare in tal senso la sanità a livello nazionale bisognerebbe farlo su due livelli: uno per le regioni già privatistiche e uno per quelle a maggioranza pubblica.

Conti in tasca

Ma facciamo un po’ di conti sul bilancio sanitario. La Lombardia non spende tanto in sanità, meno del 6% del PIL, circa 20 miliardi l’anno, cioè circa i 3/4 del bilancio regionale.

Poniamo caso che tali cifre siano sufficienti (quantomeno nell’ordine di grandezza) e facciamo una stima di come recuperare i soldi. Ah, ricordate una cosa, oggi paghiamo le tasse per il SSN, se ci fosse questo sistema no, quindi dovete tenere in mente che parte delle cifre qui esposte verrebbero già prelevate dal sistema fiscale odierno. Poi, i più polemici, direbbero che 20 miliardi li prendi tenendo il residuo fiscale qui e avanzandone altri 25, ma oggi parleremo solo di sanità.

In Lombardia abbiamo circa 4,75 milioni di lavoratori, quindi in teoria ogni lavoratore dovrebbe versare circa 350€ al mese per la propria assicurazione, coprendo così tutta la Lombardia. Una possibile divisione è semiparitetica, lasciando circa 200€ al datore di lavoro e 150€ al dipendente, ma si potrebbe fare anche un sistema basato su una percentuale del reddito o con detrazioni per chi guadagna meno di un tot e aumenti per chi è più ricco, l’importante è la media.

Ma dovremmo considerare anche una cosa: gli altri andrebbero “a scrocco”? Qualcuno sì, qualcuno no.

Ad esempio abbiamo circa 480’000 pensionati che prendono più di 1’500€ di pensione. Vogliamo chiedere loro 100€ al mese per la sanità? Di sicuro non falliscono, anche perché una parte la vedrebbero come tasse in meno, ma avremmo mezzo miliardo in più per finanziare la sanità.

Nulla vieta inoltre di chiedere anche delle somme adeguate di denaro al reddito di chi non lavora: per esempio una famiglia ad alto reddito con un solo componente che lavora potrebbe permettersi di pagare una somma aggiuntiva, ma non ho i dati per calcolare l’impatto quindi la lascerò come mera ipotesi.

Un’altra cosa da valutare è l’evasione fiscale: il problema dell’evasione dei contributi sanitari esiste, sia chiaro, ma in linea di massima è ben più conveniente evadere il più possibile se si ha la sanità garantita che non pagare 300€ al mese per trovarsi poi con una fattura da 30’000€ per aver fatto un incidente stradale. A proposito, gli assicurati RC auto pagano un contributo al SSN, ma non riesco a trovare sufficenti dati per calcolarlo.

Poi, per carità, in tale analisi si immagina un finanziamento totale del sistema tramite il pagamento delle assicurazioni, ma si potrebbe anche avere un sistema misto come nei Paesi Bassi già menzionati dove l’assicurazione “lungodegenze” è statale mentre quella ordinaria è privata e costa nell’ordine dei 100-200€ al mese e quindi permette un’accessibilità universale a tempi buoni e con alta qualità.

La cosa bella di Bismarck è questa: sono molti i modi per organizzarli ottenendo risultati molto simili e buoni.

Conclusioni

Il modello lombardo soffre di un problema principale: ha una struttura adatta a Bismarck ma è obbligato a mantenere Beveridge, per di più centralizzato.

Ciò obbliga la regione a provare a dividersi i compiti: deve gestire i propri ospedali, deve negoziare con i vari enti e deve gestire la salute pubblica.

Qualcosa non ha funzionato, e l’ho spiegato già estensivamente nell’articolo.

Tutto il mondo politico lombardo avrebbe beneficio ad unirsi a questa battaglia per una sanità più giusta ed accessibile per tutti e meno politicizzata.

Il centrodestra vedrebbe finalmente realizzarsi tutti i presupposti del modello lombardo. Il centrosinistra, che contesta tale sistema in quanto a equità, vedrebbe il sistema molto più accessibile e avrebbe finalmente autonomia locale per i sindaci, spesso di centrosinistra. Il Movimento 5 Stelle vedrebbe una netta riduzione delle forze partitocratiche nella sanità, una vigilanza rafforzata e meno potere agli evasori fiscali.

Non si tratta quindi di una battaglia contro qualcuno ma a favore di tutti i lombardi, che godrebbero di benefici sanitari che oggi sono in mano solo ad una parte della cittadinanza: chi puoi pagare “dalla saccoccia” o chi ha una mutua integrativa, con una copertura pubblica per tutti, lasciando quindi “indietro” meno persone ed estendendo i benefici che il modello lombardo dà a molti a tutti.

Sicuramente una battaglia che prevederebbe un lungo tira e molla con Roma, che vorrebbe imporre anche a noi il suo sistema senza divisioni, tutto in mano alla politica e tutto centralizzato.

Ma è proprio l’inverso di ciò che servirebbe a tutti i lombardi, che siano di centro, di destra o di sinistra.

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Informatico di giorno, spietato liberista che brama la secessione del Nord di notte. Con la libera circolazione, dato che amo la pizza.

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