Così siamo giunti al provvisoriamente denominato Movimento Autonomista Lombardo, con obiettivo le regionali. Che, detto tra noi, sono anche un buon trampolino di lancio, d’altronde, per quanto condivida il discorso fatto da Gianni (che potete ascoltare qui) sull’essere post-ideologici e sul non seguire i partiti è ben probabile che qualcuno dica “voto volentieri gli autonomisti MA di Fontana ancora presidente non se ne parla/di dare la Regione ai sinistri non ci penso nemmeno”, quindi il voto disgiunto, permesso alle regionali, permette di votare una lista in modo più sincero rispetto alle politiche, dove votare una lista minore può essere percepito come uno spreco.
Comunque, ci sono varie opzioni sul tavolo. Una visione “naive” (senso matematico, non artistico) potrebbe portare – specie se si crede nella sua vittoria – a stare con Fontana. D’altronde, se anche si riesce a strappare solo l’assessorato alla cultura e alle autonomie, magari superando la fase suicida di Stefano Bruno “esistono quattro lingue lombarde” Galli si potrebbe fare del bene.
Ma c’è il problema che farlo, come già dicevo per il Terzo Polo quando voleva attaccarsi al PD, vorrebbe dire diventare una sorta di gamba del centrodestra. Un movimento grande e radicato può resistere alle gravitazioni partitiche e fare alleanze di convenienza, uno piccolo che sta nascendo no. Per di più si sarebbe in un ambiente ostile, con una Lega Salvini che difficilmente proverebbe simpatia per quelli che considera concorrenti scissionisti e una FdI che l’autonomismo lo tollera ma, di sicuro, non vuole incentivarlo.
Poi c’è l’opzione Moratti: escludendo qualsiasi valutazione – al momento non necessaria – sulla candidata, l’areale “Terzo Polo” ha senso per un movimento come quello che si va a sviluppare: lontano sia dal moralismo etico della destra che dal moralismo pauperista della sinistra anti-produttività, una visione non dissimile da quella del Terzo Polo. Per di più molti terzopolisti hanno già una visione abbastanza simile alla nostra, anche in termini di autonomia (quindi è conveniente per la Moratti in primis esserlo) ma anche questa opzione non è priva di rischi.
Prima di tutto, per quanto il rischio di attrazione sia minore in una coalizione dove quasi si è pari, c’è sempre.
Poi, comunque, questi partiti rispondono sempre a logiche romane: Renzi era quello che voleva togliere potere alle Regioni ridando allo Stato le materie concorrenti, parlando di sanità gestita allo stesso modo da Milano a Reggio Calabria. Calenda è un po’ meglio, ma ha una visione molto poco chiara sul tema federalismo e autonomie e ha dentro gente come la Carfagna, ex ministra del Sud di un governo che spesso ha mostrato le parti meno nobili alla Lombardia e che parla come solo un ministro del Sud può parlare.
Qual è il limite di autonomismo che il Terzo Polo può permettere prima che i voti portati dagli autonomisti lombardi non inizino a danneggiare le proprie prospettive elettorali? Specie considerando che è un attimo che quello che al Sud vota Calenda salti verso il M5S se gli tocchi certe cose, mentre è probabile che l’elettore autonomista, tenendo tutto in mente, si turi il naso e voti il Terzo Polo.
Poi c’è l’opzione di correre da soli: presidente competente, buon programma, buoni candidati, ma chiaramente se si entra in Consiglio Regionale c’è da accendere un cero alla Madonna. Non ci si compromette ma si rischia di non contare nulla.
Cosa fare? Boh, io sono un umilissimo informatico, so che a Scienze Politiche, quando non okkupano contro questo o quel male del mondo, hanno gente che dovrebbe studiare queste cose e darvi risposte.
Posso solo dire che dipende anche da ciò che si intende per autonomismo: le ventitrè materie? Tenere il residuo fiscale? Una riforma costituzionale generale che dia più potere alle Regioni, tutte o alcune? Lo Statuto Speciale? Qualcos’altro? Il federalismo?
Intendiamo un movimento esclusivamente politico o anche culturale, che voglia difendere ed esaltare la lombardità, la lingua e la cultura lombarda e la storia della Lombardia?
Vogliamo che ottenga un risultato alla svelta e si sciolga o che sia un movimento di lungo periodo, un vero e proprio sindacato territoriale stile SVP?
Tutte queste questioni porteranno alle decisioni da prendere: pensiamo per assurdo se per autonomia si intendono solo le 23 materie, è l’unico obiettivo e non si ha alcuna pretesa culturale tanto vale attaccarsi a chi vince, ottenere l’assessorato all’autonomia, sfruttare il centrodestra al governo e ottenerla, tanti saluti e si va a mangiare in osteria.
Se si vuole invece un movimento nazional-culturale come la vecchia Lega la scelta migliore probabilmente sarebbe correre da soli, puntare al radicamento sul territorio, eleggere sindaci, consiglieri comunali, mettendoci anche una decina d’anni come le prime leghe, ma parlando anche di cultura, lingua, identità, autogoverno non come mera questione politica ma anche sociale e culturale, di federalismo a ogni livello, come obiettivo finale.
La questione, banalmente, è che un partito non è un bit: non si sceglie solo tra la prima situazione e la seconda, ciò che vorrà essere sarà sempre a metà tra queste due situazioni… Quindi, che dire se non chi vivrà vedrà?