Leggere un testo federalista del milleottocento oggi è un’esperienza illuminante, che permette di riflettere sia sul periodo specifico che sull’odierno (mal)funzionamento dello Stato italiano.
Per di più, se spesso i testi risorgimentali erano dei deliri estremisti con punte di razzismo, i testi federalisti sono spesso realisti e pragmatici. Non sorprende, dunque, che in un’unità fatta male e di pancia come quella italiana siano stati largamente ignorati.
Ma davanti al quasi sistematico fallimento di uno stato che non riesce a motivare la propria esistenza se non con “qualcuno è morto per farlo”, incapace di produrre ricchezza in 70 anni in territori depressi, sorpassati ormai da tempo da chi si è liberato dal giogo del comunismo da molto meno tempo, ma capace solo di redistribuirla, rallentando in modo inaccettabile chi potrebbe correre, culturalmente arretrato, con una cronica ipertrofia legislativa – spesso di origine fascista – c’è chi si chiede se non sia ora di tornare a queste idee, per provare quantomeno a invertire la rotta.
Sarebbe sicuramente bello, ma difficilmente fattibile. Infatti, come faceva notare nientepopodimeno che Carlo Cattaneo (un’ottima breve analisi del suo pensiero la trovate qui), il federalismo nasce come idea per unire realtà differenti, con governi, economie e filosofie di vita differenti. All’epoca l’Italia non era stata unita da secoli, l’italianità era un vago concetto culturale universalmente condiviso anche dai più contrari all’unità, si pensi a Metternich, che riconosceva l’esistenza di un’espressione geografica italiana, o a Giovanni Battista Bolza, maestro d’italiano di Francesco Giuseppe, che nelle sue poesie dialettali accusava chi era contrario agli Asburgo di non essere nemmeno degno d’essere italiano.
Ma oggi l’Italia è unita, da più di 160 anni. Il modo in cui il Paese è stato (mal)governato ha influito su tante cose come la gestione politica, l’economia ma soprattutto il modo di pensare!
L’Italia è ancora oggi uno stato variegato in qualsiasi termine possibile. Eppure il federalismo non si è mai fatto, qualsiasi blanda forma di decentramento viene additata come tale e spesso accusata di fallire, parlarne vuol dire schierarsi politicamente, un referendum per creare uno pseudofederalismo, con un premierato molto controverso, è stato rifiutato dalla maggioranza della popolazione – escludendo Lombardia e Veneto – e oggi, nella politica mainstream non ne parla nessuno, si parla al massimo di autonomia (anch’essa criticata a destra e a manca).
Se l’Italia ha fallito in tante cose ha sicuramente avuto successo non nel fare gli italiani, ma nel convincerli della loro esistenza e unità a dispetto delle differenze e del malgoverno italiano. Per capirci, la principale ragione per cui tanti, da destra a sinistra, si oppongono al federalismo è che “siamo un’unica nazione, non si può lasciare qualcuno indietro, è meglio fare le cose insieme, dove volete andare da soli”, il tutto quando alcune delle nazioni più prospere (e sicuramente meno contestate dell’Italia) sono federazioni, l’Italia abbia sistematicamente fallito nel sollevare dalla povertà le regioni più povere, mentre la Germania è riuscita a rendere quantomeno vivibili le regioni dell’Est in molto meno tempo e l’inefficienza del governo romano in praticamente qualsiasi cosa è patente e davanti a tutti.
Ognuno abbia da ora in poi la sua lingua e secondo la lingua abbia la sua bandiera, abbia la sua milizia…. Queste patrie, tutte libere, tutte armate, possono vivere l’una accanto all’altra, senza nuocersi, senza impedirsi
Carlo Cattaneo
Qui vediamo la vera problematica del federalismo oggi: non esiste più l’italianità di 200 anni fa, esiste una precisa italianità dall’anima centralista, parassitaria, antifederalista, improduttiva e nazionalista. Inoltre, per quanto non piaccia a nessuno dirlo nella costruzione di questa italianità ha avuto un ruolo fondamentale un certo Benito Mussolini: l’Italia prima del 1915 stava scoppiando, fu la magistrale azione di nation building del Duce a costituire la nazione italiana che conosciamo oggi, quella che chi va in piazza con la bandiera partigiana difende dalla temibile autonomia differenziata.
Sul tema del nation building mussoliniano ci potrei scrivere un intero articolo, ma torniamo al punto: dall’Italia oggi non è possibile in alcun modo ottenere il federalismo. Dirsi italiani che vogliono il federalismo è una strategia fallimentare, anche se genuinamente ci si crede, poiché la stragrande maggioranza dei connazionali non è interessata ad alcuna forma di decentramento, anzi… C’è chi, ora nella direzione PD, minacciava guerra civile al Nord se avesse chiesto l’autonomia dopo il Covid!
Miglio diceva che il federalismo si sarebbe imposto, poiché il centralismo aveva giocato tutte le sue carte perdendo, ma la realtà ha mostrato un quadro diverso: il federalismo avrà la forza delle idee, ma il centralismo ha quella di clientele, assistenze e corruttele. L’inerzia centralista è ben più forte di qualsiasi istanza federalista, specie portata avanti sotto il tricolore. Sembrerà assurdo, ma tanti popoli ripetono costantemente gli stessi errori, pensate al Sudamerica, nonostante l’errore sia evidente a chiunque.
L’unica reale possibilità è, per noi che possiamo, smetterla di identificarci in un’italianità tossica e naturalmente centralista e statalista, rinnegandola il più possibile, dalla lingua alla cultura ai miti fondativi, passando per il modello politico e sociale. Non dobbiamo aver paura di dire che Lombardia, Veneto, Piemonte, Sicilia, Friuli, Romagna, Sardegna ecc. contano di più dell’Italia e non dobbiamo nemmeno chiedere alla partitocrazia concessioni, dobbiamo pretendere ciò che è nostro diritto, ossia governarci da soli, dando ad un governo centrale competenze utili per provvedere al comune benessere.
È da quando c’è l’Italia che si parla di rifarla ma non è mai stato possibile. Allearsi con la partitocrazia è una partita persa e da italiani, che debbono essere necessariamente solidali con chi vuole rimanere attaccato a vita alla tetta romana non si ottiene nulla. Proviamoci da popoli liberi.
Disfare l’Italia il più possibile è l’unica via: culturalmente, socialmente e politicamente. Per poi ricostruirla, a misura federale, alle condizioni per vivere liberi, forti e prosperi. Un po’ come alle volte un osso malformato va rotto per ricostruirlo bene, la stessa cosa vale per certi paesi.
Ma mettere in discussione così tanto l’Italia può portare a rendersi conto che, oggi, non ci serve. Cattaneo medesimo nacque autonomista austriaco (ragione per cui le frange più estremiste del Risorgimento volevano privarlo di ogni onore) divenendo italianista dopo essersi reso conto che l’Austria mai avrebbe concesso le dovute libertà alla Lombardia. Ma il suo obiettivo finale era l’unità europea.
Qualunque sia la comunanza dei pensieri e dei sentimenti che una lingua propaga tra le famiglie e le comuni, un parlamento adunato in Londra non farà mai contenta l’America; un parlamento adunato in Parigi non farà mai contenta Ginevra; le leggi discusse in Napoli non risusciteranno mai la giacente Sicilia, nè una maggioranza piemontese si crederà in debito mai di pensare notte e giorno a trasformare la Sardegna, o potrà rendere tollerabili tutti i suoi provvedimenti in Venezia o in Milano
Carlo Cattaneo
Il federalismo non nasce quasi mai per ideologia, ma per necessità. Se nel 1848 una federazione di stati italiani sarebbe stata probabilmente l’unico modo per garantire libertà, indipendenza e sicurezza ai vari stati di Padanìa e Appenninia oggi la situazione è differente e tali garanzie possono venire da altri enti in modo più efficiente, come l’UE – o altre forme di associazionismo europeo come l’AELS o l’adesione allo SEE – e la NATO, ma anche Stati di dimensioni più contenute o confederazioni di detti Stati sono capaci di provvedere a sé stessi in modo migliore rispetto ad un grande Stato, anche se federale. Ormai, nel mondo delle unioni, essere piccoli è spesso un vantaggio!
Non è certamente esagerato dire che l’Italia non vuole mettersi in discussione proprio per questo, per la paura di scoprirsi inutile nel ventunesimo secolo, oltre che per le ragioni d’ordine pratico già viste. Proprio per questo non esiste alcuna possibilità di ottenere il federalismo all’interno della mentalità italiana!
Ma è bene concludere ricordando una cosa: l’Italia disunita, espressione geografica, ha dato al mondo incommensurabile cultura, filosofia e arte. L’Italia unita è più nota per criminalità organizzata, crisi del debito, corruzione e malapolitica e le poche cose buone per cui viene ricordata spesso sono avvenute a dispetto dell’Italia e non grazie ad essa. Siamo così sicuri che l’Italia unita sia un valore irrinunciabile?